Lula satanista o cresimato? La politica al tempo della rete

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Caro Aldo,

sono un italiano che vive tra gli Stati Uniti e il Brasile. Lei ha scritto dello scontro tra Bolsonaro e Lula come se fosse una normale contesa elettorale. Ma per noi è una tragedia. Uno è un estremista, l’altro è finito in galera per corruzione. Davvero difficile scegliere.

Heitor Bruno, San Paolo

Caro Heitor,

Proprio ieri ho letto sull’Ansa una storia che pare inventata, tanto è angosciante eppure giornalisticamente significativa. I figli di Jair Bolsonaro, attivissimi sul web, hanno postato il video di un sedicente satanista da un milione di follower, un certo Vicky Vanilla, il quale dice in sostanza: Lula è decisamente uno dei nostri; le forze del male si uniranno per farlo vincere. Un palese fake; il quale però ha avuto un clamoroso successo, al punto che Lula ha dovuto smentire. Il suo staff ha diramato una nota fin troppo zelante: «La verità è che Lula è cristiano, cattolico, cresimato, sposato e fedele. Non c’è alcuna relazione tra Lula e il satanismo». La cosa non è nuova. C’è un precedente illustre. Secondo un aneddoto spesso citato quando si racconta la storia delle campagne elettorali americane, Lyndon Johnson avrebbe proposto ai suoi collaboratori, parlando di un avversario politico: «Mettiamo in giro la voce che compie atti sessuali con le galline» (Johnson, texano notoriamente sboccato, usò il più diretto «fuck»). I collaboratori inorridirono: «Non è vero che fa queste cose alle galline!». E Johnson, sorridendo: «Certo che non è vero. Ma pensate a quando dovrà smentire che fa queste cose alle galline!». I colpi bassi e volgari, insomma, in democrazia si sono sempre dati e presi. Ma ai tempi di Johnson non esisteva la Rete. Non c’erano i video «virali», parola orribile che evoca il virus e la pandemia. Esistevano già meccanismi e leggi che valgono ancora oggi: ad esempio, nel 1960 John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon — due giganti, al confronti dei leader di oggi — di fatto pareggiarono nel voto popolare, ma Kennedy vinse in quasi tutte le aree metropolitane, comprese quelle del Sud; la dicotomia città-provincia esisteva già allora. Ma la comunicazione politica era più complessa, più ricca, financo più colta. Adlai Stevenson, il fascinoso candidato democratico che perse per due volte contro Ike Einsenhower — il vincitore della Seconda guerra mondiale sul fronte occidentale, insomma non un passante —, arrivò a infilare nei suoi discorsi errori di sintassi per sembrare meno distante dall’americano medio. Non servì. Oggi siamo al satanismo. Domani chissà.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La Giornata degli internati? Ricordiamo anche i civili»

Leggo che si vorrebbe costituire la Giornata dell’«internato militare e politico»; ottima idea. È bene però ricordare che ci sono stati anche migliaia di internati civili, che mai imbracciarono un’arma ma che furono privati della libertà solamente in quanto italiani. Mio padre, marittimo, si trovava con la sua nave a Glasgow quando ci fu la dichiarazione di guerra: la nave fu sequestrata e l’equipaggio internato, dapprima in Scozia e poi nell’isola di Man; mio padre vi rimase prigioniero per oltre sei anni e fu rimpatriato solo a giugno del 1946. I molti italiani nelle stesse condizioni divennero manodopera a costo zero impiegati prevalentemente in agricoltura; questo, probabilmente, salvò loro la vita ma le sofferenze e le privazioni non furono minori di altre e meritano pari dignità e ricordo. Paradossalmente, gli inglesi non volevano cederli perché «dovevano finire il raccolto», ma anche l’Italia era restia ad accogliere una massa di persone incattivite ed insofferenti, di cui si temevano le reazioni. Anche la storiografia li ha dimenticati: mentre per gli internati militari vi sono vaste bibliografie , su quelli civili non vi è praticamente nulla; una profonda rimozione da parte di storici, politici, giornalisti ed associazionisti. Credo che, per rispetto di tutti quelli che hanno subito una qualsiasi forma di prigionia, la costituenda Giornata della memoria debba semplicemente chiamarsi , senza troppe etichette, «Giornata dell’internato».

Vincenzo Arco Scotto di Suoccio Rho (Milano)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-10-06 03:42:00,

Caro Aldo,

sono un italiano che vive tra gli Stati Uniti e il Brasile. Lei ha scritto dello scontro tra Bolsonaro e Lula come se fosse una normale contesa elettorale. Ma per noi è una tragedia. Uno è un estremista, l’altro è finito in galera per corruzione. Davvero difficile scegliere.

Heitor Bruno, San Paolo

Caro Heitor,

Proprio ieri ho letto sull’Ansa una storia che pare inventata, tanto è angosciante eppure giornalisticamente significativa. I figli di Jair Bolsonaro, attivissimi sul web, hanno postato il video di un sedicente satanista da un milione di follower, un certo Vicky Vanilla, il quale dice in sostanza: Lula è decisamente uno dei nostri; le forze del male si uniranno per farlo vincere. Un palese fake; il quale però ha avuto un clamoroso successo, al punto che Lula ha dovuto smentire. Il suo staff ha diramato una nota fin troppo zelante: «La verità è che Lula è cristiano, cattolico, cresimato, sposato e fedele. Non c’è alcuna relazione tra Lula e il satanismo». La cosa non è nuova. C’è un precedente illustre. Secondo un aneddoto spesso citato quando si racconta la storia delle campagne elettorali americane, Lyndon Johnson avrebbe proposto ai suoi collaboratori, parlando di un avversario politico: «Mettiamo in giro la voce che compie atti sessuali con le galline» (Johnson, texano notoriamente sboccato, usò il più diretto «fuck»). I collaboratori inorridirono: «Non è vero che fa queste cose alle galline!». E Johnson, sorridendo: «Certo che non è vero. Ma pensate a quando dovrà smentire che fa queste cose alle galline!». I colpi bassi e volgari, insomma, in democrazia si sono sempre dati e presi. Ma ai tempi di Johnson non esisteva la Rete. Non c’erano i video «virali», parola orribile che evoca il virus e la pandemia. Esistevano già meccanismi e leggi che valgono ancora oggi: ad esempio, nel 1960 John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon — due giganti, al confronti dei leader di oggi — di fatto pareggiarono nel voto popolare, ma Kennedy vinse in quasi tutte le aree metropolitane, comprese quelle del Sud; la dicotomia città-provincia esisteva già allora. Ma la comunicazione politica era più complessa, più ricca, financo più colta. Adlai Stevenson, il fascinoso candidato democratico che perse per due volte contro Ike Einsenhower — il vincitore della Seconda guerra mondiale sul fronte occidentale, insomma non un passante —, arrivò a infilare nei suoi discorsi errori di sintassi per sembrare meno distante dall’americano medio. Non servì. Oggi siamo al satanismo. Domani chissà.

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Leggo che si vorrebbe costituire la Giornata dell’«internato militare e politico»; ottima idea. È bene però ricordare che ci sono stati anche migliaia di internati civili, che mai imbracciarono un’arma ma che furono privati della libertà solamente in quanto italiani. Mio padre, marittimo, si trovava con la sua nave a Glasgow quando ci fu la dichiarazione di guerra: la nave fu sequestrata e l’equipaggio internato, dapprima in Scozia e poi nell’isola di Man; mio padre vi rimase prigioniero per oltre sei anni e fu rimpatriato solo a giugno del 1946. I molti italiani nelle stesse condizioni divennero manodopera a costo zero impiegati prevalentemente in agricoltura; questo, probabilmente, salvò loro la vita ma le sofferenze e le privazioni non furono minori di altre e meritano pari dignità e ricordo. Paradossalmente, gli inglesi non volevano cederli perché «dovevano finire il raccolto», ma anche l’Italia era restia ad accogliere una massa di persone incattivite ed insofferenti, di cui si temevano le reazioni. Anche la storiografia li ha dimenticati: mentre per gli internati militari vi sono vaste bibliografie , su quelli civili non vi è praticamente nulla; una profonda rimozione da parte di storici, politici, giornalisti ed associazionisti. Credo che, per rispetto di tutti quelli che hanno subito una qualsiasi forma di prigionia, la costituenda Giornata della memoria debba semplicemente chiamarsi , senza troppe etichette, «Giornata dell’internato».

Vincenzo Arco Scotto di Suoccio Rho (Milano)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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