Il fascismo non torna ma perché non condannarlo?

SABATO 25 FEBBRAIO 2023

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
non ho compreso la reazione del ministro Valditara riguardo alla lettera della preside che, anche se ricordava come nacque in Italia il fascismo, di fatto indirizzava i giovani verso il ripudio della violenza soprattutto nella scuola, dove si apprende il dominio degli impulsi con l’acquisizione della cultura.
Alberto Composta, Verona

Che gravit ha detto il ministro Valditara nel commentare la lettera della preside, tale da fare infastidire, agitare partiti di sinistra e l’Anpi? Sono proprio sbalordito, esterrefatto.
Guido Di Giovanni

Cari lettori,
La lettera della professoressa di Firenze e l’intervento del ministro Valditara hanno fatto discutere molti di voi. Forse possiamo cercare qualche considerazione, se non oggettiva, largamente condivisibile. ovvio che in Italia il fascismo, inteso come regime, non torna e non torner. La difesa delle frontiere non ha nulla a che vedere con il fascismo. Il fascismo stato un fenomeno storico iniziato in Italia nel 1919, che andato al potere nel 1922, stato esportato in forme tra loro diverse in Germania, in Spagna, in Portogallo, in Romania, ha scatenato una guerra mondiale da sessanta milioni di morti — anche stringendo nel 1939 un patto con l’Unione sovietica, con cui Hitler si spart la Polonia prima di attaccare l’Urss —, ha avuto dopo la guerra terribili colpi di coda sotto forme ancora una volta diverse, dalle dittature criminali in Sud America alle bombe sui treni, nelle banche, nelle piazze italiane. Il problema che milioni di italiani, compresi molti giovani, non conoscono queste vicende o non ne hanno affatto un giudizio negativo. E frasi come il fascismo appartiene alla storia o consegniamo il fascismo alla storia a volte diventano la scusa per dribblare la condanna di quella tragedia che stato il fascismo. Il cui bilancio negativo sotto ogni punto di vista: politico, militare, morale, economico — dopo la guerra i risparmi degli italiani non valevano pi nulla —, financo edilizio (due milioni di case distrutte). E se oggi non c’ pi il pericolo che il fascismo torni a farsi regime e Stato, tuttavia in Italia ci sono molti che si considerano fascisti e da fascisti si comportano, ad esempio insultando, minacciando, talora picchiando chi non la pensa come loro; e moltissimi che non trovano in questo nulla di disdicevole.

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Storia

Eccidio di Kos, una medaglia d’oro per il 10 Regina

Per motivi insondabili alcuni fatti, anche relativamente recenti, vengono dimenticati dalla Storia. Ricorrenze, intitolazioni e onori mancati: il ricordo di questi avvenimenti sembra svanire. il caso dell’eccidio di Kos, isola dell’Egeo, la Piccola Cefalonia, per aver con questa condiviso la tragica fine di ufficiali italiani nell’autunno del 1943. 390 ufficiali dei 525 della Divisione Acqui di stanza a Cefalonia furono trucidati dai nazisti; due settimane dopo, 103 dei 148 del 10 Regina subirono la stessa sorte a Kos. Anche in quest’isola i militari, catturati (3500), considerati internati cio traditori, furono sottoposti a violenti maltrattamenti. Alla Acqui, nel dopoguerra, furono assegnate 111 medaglie, di cui 23 d’oro; al 10 Regina solo tre: una d’argento e due di bronzo. Dal 2011 il Comitato Caduti di Kos, impegnato a rendere nota al grande pubblico questa vicenda. Nel 2014, in occasione del 25 aprile, stato ricevuto insieme ai parenti dei Caduti dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con le scuse del Paese per il lungo oblio. Alla luce degli eventi, il Comitato chiede, ora per allora, la concessione di una Medaglia d’Oro al V.M. alla bandiera del 10 Regina cos come avvenuto per le unit impegnate nello Jonio: un riconoscimento che riguarderebbe gli ufficiali trucidati e i militari internati. La proposta poggia su dati inoppugnabili e di rapido accertamento. La medaglia riconcilierebbe i parenti dei Caduti alle Istituzioni e renderebbe onore ai militari del 10 Regina.
colonnello Pietro Liuzzi

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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