Gli inglesi mangiaspaghetti  e quelle porte girevoli  a Downing Street

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Caro Aldo,

sorvoliamo (ma anche no) sulla copertina dell’Economist che con il suo «Welcome to Britaly» trasuda di quello che potremmo definire «pregiudizio di genere», mi permetta però una provocazione: ma davvero la Gran Bretagna è una democrazia? Prendo spunto anche dal più breve mandato a premier nella storia della patria, appunto, della democrazia per chiederle che tipo di democrazia sia quella che relega a non essere rappresentato in parlamento un quarto dei suoi votanti. Mi riferisco ovviamente al partito Liberaldemocratico. Non dovremmo considerare una democrazia elitaria quella inglese?

Mario Taliani, Noceto

Caro Mario,

L’ambasciatore italiano a Londra Inigo Lambert ini ha risposto all’Economist come meglio non avrebbe potuto. Anziché fare l’indignato, il nostro rappresentante nel Regno Unito ha assorbito il sarcasmo del settimanale con understatement britannico — pizza e spaghetti sono pur sempre «i cibi più desiderati al mondo» —, ma ha ricordato che Italia è anche sinonimo di biotecnologie, automotive, aerospaziale, ricerca farmaceutica. Quel che l’ambasciatore non poteva dire è che in nessun Paese d’Europa la carica di capo del governo è così fungibile, l’instabilità così forte. L’Italia resta la democrazia dei partiti, in cui come ai tempi della Dc il segretario conta più del presidente del Consiglio. Vedremo cosa accadrà ora che la leader del primo partito italiano entra a Palazzo Chigi, proprio mentre un’altra donna, Liz Truss, esce da Downing Street. I conservatori un leader lo avevano: David Cameron, che ha vinto due elezioni, ma ha poi commesso il drammatico errore di indire il referendum sulla Brexit. Da allora il Regno Unito non ha trovato pace. Theresa May, Boris Johnson e ora Liz Truss sono usciti di scena per mano non dell’opposizione laburista ma del loro stesso partito, mai così diviso. Il problema è che il rialzo dei prezzi e dei tassi rende difficili sia le politiche espansive, sia il taglio delle imposte che è costato il posto alla Truss. E forse, in questa fase storica, lo scudo europeo agli inglesi sarebbe servito.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Mio padre internato con Guareschi, l’anima forte»

Mio padre, Pietro Caravà, Tenente di Fanteria Complemento (nella foto del giorno), era compagno di Gianrico Tedeschi e di Giovanni Guareschi nel campo di Wietzendorf, in Germania. «Giovannino — mi raccontava — era l’anima forte che ci sosteneva quando la disperazione si faceva insopportabile. Per noi scriveva favole e racconti. Un Natale scrisse anche un testo teatrale, che recitammo nel campo». Mio padre non lavorò mai per i tedeschi e non giurò per la Repubblica di Salò. Rimase lì fino all’ultimo. Tornò a casa, ma la sua anima e il suo corpo non superarono mai le conseguenze della prigionia. Morì a 49 anni per un tumore alla laringe. Io avevo solo dieci anni. Di lui conservo due ricordi molto forti, e vorrei condividerli con i lettori del Corriere. Una sera la mia mamma mise in tavola una minestra di riso e prezzemolo. Io, bambina, dissi: «Che schifo». Lui mi diede un ceffone, poi scoppiò a piangere e mi disse: «Un piatto di minestra non fa schifo. Non dirlo mai più». In baracca, nel campo, tagliavano le rape crude con un filo a piombo, perché tutti avessero una fetta delle stesse dimensioni. Quando mi salutò prima di essere ricoverato in ospedale, mi consegnò una piccola scatola che gli aveva regalato un compagno di baracca russo. L’aveva fabbricata con il pagliericcio dei letti e colorata con dei pigmenti di foglie. «Conserva con amore questa scatola — mi disse —. È l’oggetto più prezioso che ti lascio».

Paola Caravà

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-10-22 09:35:00,

Caro Aldo,

sorvoliamo (ma anche no) sulla copertina dell’Economist che con il suo «Welcome to Britaly» trasuda di quello che potremmo definire «pregiudizio di genere», mi permetta però una provocazione: ma davvero la Gran Bretagna è una democrazia? Prendo spunto anche dal più breve mandato a premier nella storia della patria, appunto, della democrazia per chiederle che tipo di democrazia sia quella che relega a non essere rappresentato in parlamento un quarto dei suoi votanti. Mi riferisco ovviamente al partito Liberaldemocratico. Non dovremmo considerare una democrazia elitaria quella inglese?

Mario Taliani, Noceto

Caro Mario,

L’ambasciatore italiano a Londra Inigo Lambert ini ha risposto all’Economist come meglio non avrebbe potuto. Anziché fare l’indignato, il nostro rappresentante nel Regno Unito ha assorbito il sarcasmo del settimanale con understatement britannico — pizza e spaghetti sono pur sempre «i cibi più desiderati al mondo» —, ma ha ricordato che Italia è anche sinonimo di biotecnologie, automotive, aerospaziale, ricerca farmaceutica. Quel che l’ambasciatore non poteva dire è che in nessun Paese d’Europa la carica di capo del governo è così fungibile, l’instabilità così forte. L’Italia resta la democrazia dei partiti, in cui come ai tempi della Dc il segretario conta più del presidente del Consiglio. Vedremo cosa accadrà ora che la leader del primo partito italiano entra a Palazzo Chigi, proprio mentre un’altra donna, Liz Truss, esce da Downing Street. I conservatori un leader lo avevano: David Cameron, che ha vinto due elezioni, ma ha poi commesso il drammatico errore di indire il referendum sulla Brexit. Da allora il Regno Unito non ha trovato pace. Theresa May, Boris Johnson e ora Liz Truss sono usciti di scena per mano non dell’opposizione laburista ma del loro stesso partito, mai così diviso. Il problema è che il rialzo dei prezzi e dei tassi rende difficili sia le politiche espansive, sia il taglio delle imposte che è costato il posto alla Truss. E forse, in questa fase storica, lo scudo europeo agli inglesi sarebbe servito.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Mio padre internato con Guareschi, l’anima forte»

Mio padre, Pietro Caravà, Tenente di Fanteria Complemento (nella foto del giorno), era compagno di Gianrico Tedeschi e di Giovanni Guareschi nel campo di Wietzendorf, in Germania. «Giovannino — mi raccontava — era l’anima forte che ci sosteneva quando la disperazione si faceva insopportabile. Per noi scriveva favole e racconti. Un Natale scrisse anche un testo teatrale, che recitammo nel campo». Mio padre non lavorò mai per i tedeschi e non giurò per la Repubblica di Salò. Rimase lì fino all’ultimo. Tornò a casa, ma la sua anima e il suo corpo non superarono mai le conseguenze della prigionia. Morì a 49 anni per un tumore alla laringe. Io avevo solo dieci anni. Di lui conservo due ricordi molto forti, e vorrei condividerli con i lettori del Corriere. Una sera la mia mamma mise in tavola una minestra di riso e prezzemolo. Io, bambina, dissi: «Che schifo». Lui mi diede un ceffone, poi scoppiò a piangere e mi disse: «Un piatto di minestra non fa schifo. Non dirlo mai più». In baracca, nel campo, tagliavano le rape crude con un filo a piombo, perché tutti avessero una fetta delle stesse dimensioni. Quando mi salutò prima di essere ricoverato in ospedale, mi consegnò una piccola scatola che gli aveva regalato un compagno di baracca russo. L’aveva fabbricata con il pagliericcio dei letti e colorata con dei pigmenti di foglie. «Conserva con amore questa scatola — mi disse —. È l’oggetto più prezioso che ti lascio».

Paola Caravà

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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