Caro direttore,
mi dà lo spunto un articolo dell’inserto di Milano — «Cremona, lavori socialmente utili per chi non può pagare le bollette» — per avanzare una proposta che da tempo ho in mente. Richiedere, in cambio della erogazione del reddito di cittadinanza, del tempo (proporzionale alla somma erogata) da investire in lavori socialmente utili. Tale scambio renderebbe maggiore dignità al cittadino che riceve aiuto economico da parte dello Stato; il rapporto sarebbe così alla pari. L’idea mi era venuta già da tempo, appena ho sentito parlare del reddito di cittadinanza, ed è nata da una esperienza risalente a più di 20 anni fa. In quel periodo svolgevo attività alberghiera in montagna e, terminata la stagione estiva e chiuso l’albergo, decisi di regalarmi qualche bagno di mare. Essendo ormai fine ottobre optai per un soggiorno a Linosa ove l’estate si prolungava. In quella bellissima isola venni svegliato alle cinque del mattino da un altoparlante posto sul tetto della chiesa che invitava a presentarsi alle sei nella piazza del paese per recarsi a lavorare alla sistemazione dei bordi della strada che cinge la piccola isola. Quando in mattinata l’ho percorsa, ho visto numerose persone che stavano piantando essenze mediterranee (rosmarino, cisto, salvia ecc.) sui bordi del percorso stradale. Un modo di aiutare, di sovvenzionare persone disoccupate senza che queste di sentissero mortificate, che pensassero di ricevere una carità. A salvaguardia della loro dignità. Ecco, a mio parere, questo potrebbe essere un modo per impostare la provvidenza del «reddito di cittadinanza».
Piero Orso
Caro signor Orso,
Dobbiamo trascinare il reddito di cittadinanza fuori dal dibattito tra opposte fazioni. Ricondurre la discussione al cuore vero del problema: cosa serve al Paese per combattere la povertà e cosa può facilitare l’ingresso o il ritorno al lavoro di tantissimi disoccupati. Tutti gli Stati europei hanno forme di sussidio per chi non può svolgere un’occupazione o per chi il lavoro lo ha perso. È fondamentale non far passare però il seguente messaggio profondamente sbagliato: meglio non cercarsi un’occupazione o meglio svolgere qualche attività in nero, tanto a me ci pensa lo Stato. Circoscriviamo bene le aree di povertà, di disagio e di fragilità e interveniamo. Per tutto il resto facciamo finalmente le scelte giuste: crescita sana, spinta alle aziende a investire, percorsi di riqualificazione per chi ha perso il lavoro. E soprattutto regole rigide: non si possono rifiutare offerte accettabili perché si preferisce percepire il reddito. Questo credo debba essere lo schema generale. Ma si può fare anche altro: quella che lei propone è un’ottima idea, dare in cambio del reddito almeno un impegno civile e sociale nelle proprie comunità. Qualcosa del genere era previsto anche nell’attuale legge ma come spesso accade in Italia è svanito nel nulla. Non è per niente serio: pensi a quanto sarebbe utile alle nostre città, alle nostre spiagge, ai nostri monti un impegno per migliorare la cura e il decoro.
, 2022-10-30 22:29:00,
Caro direttore,
mi dà lo spunto un articolo dell’inserto di Milano — «Cremona, lavori socialmente utili per chi non può pagare le bollette» — per avanzare una proposta che da tempo ho in mente. Richiedere, in cambio della erogazione del reddito di cittadinanza, del tempo (proporzionale alla somma erogata) da investire in lavori socialmente utili. Tale scambio renderebbe maggiore dignità al cittadino che riceve aiuto economico da parte dello Stato; il rapporto sarebbe così alla pari. L’idea mi era venuta già da tempo, appena ho sentito parlare del reddito di cittadinanza, ed è nata da una esperienza risalente a più di 20 anni fa. In quel periodo svolgevo attività alberghiera in montagna e, terminata la stagione estiva e chiuso l’albergo, decisi di regalarmi qualche bagno di mare. Essendo ormai fine ottobre optai per un soggiorno a Linosa ove l’estate si prolungava. In quella bellissima isola venni svegliato alle cinque del mattino da un altoparlante posto sul tetto della chiesa che invitava a presentarsi alle sei nella piazza del paese per recarsi a lavorare alla sistemazione dei bordi della strada che cinge la piccola isola. Quando in mattinata l’ho percorsa, ho visto numerose persone che stavano piantando essenze mediterranee (rosmarino, cisto, salvia ecc.) sui bordi del percorso stradale. Un modo di aiutare, di sovvenzionare persone disoccupate senza che queste di sentissero mortificate, che pensassero di ricevere una carità. A salvaguardia della loro dignità. Ecco, a mio parere, questo potrebbe essere un modo per impostare la provvidenza del «reddito di cittadinanza».
Piero Orso
Caro signor Orso,
Dobbiamo trascinare il reddito di cittadinanza fuori dal dibattito tra opposte fazioni. Ricondurre la discussione al cuore vero del problema: cosa serve al Paese per combattere la povertà e cosa può facilitare l’ingresso o il ritorno al lavoro di tantissimi disoccupati. Tutti gli Stati europei hanno forme di sussidio per chi non può svolgere un’occupazione o per chi il lavoro lo ha perso. È fondamentale non far passare però il seguente messaggio profondamente sbagliato: meglio non cercarsi un’occupazione o meglio svolgere qualche attività in nero, tanto a me ci pensa lo Stato. Circoscriviamo bene le aree di povertà, di disagio e di fragilità e interveniamo. Per tutto il resto facciamo finalmente le scelte giuste: crescita sana, spinta alle aziende a investire, percorsi di riqualificazione per chi ha perso il lavoro. E soprattutto regole rigide: non si possono rifiutare offerte accettabili perché si preferisce percepire il reddito. Questo credo debba essere lo schema generale. Ma si può fare anche altro: quella che lei propone è un’ottima idea, dare in cambio del reddito almeno un impegno civile e sociale nelle proprie comunità. Qualcosa del genere era previsto anche nell’attuale legge ma come spesso accade in Italia è svanito nel nulla. Non è per niente serio: pensi a quanto sarebbe utile alle nostre città, alle nostre spiagge, ai nostri monti un impegno per migliorare la cura e il decoro.
, Luciano Fontana