Divisi sul Risorgimento  ma c’è da andarne fieri

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Caro Aldo,

a proposito della sua risposta sul disprezzo che noi italiani abbiamo del Risorgimento, nonostante sia stato il periodo più importante della nostra storia nazionale, non posso che essere d’accordo con lei. Tra l’altro sulle versioni secondo le quali il Regno delle Due Sicilie fosse una specie di Stato dove armonia e giustizia regnavano e tutti stavano molto meglio rispetto all’Unità d’Italia, non solo le nuove ricerche storiche (come quelle del professor Alessandro Barbero) ma anche opere della letteratura («I leoni di Sicilia» di Stefania Auci) hanno dimostrato come queste narrazioni non fossero attinenti con la realtà di allora. Il sentimento di poca considerazione verso il Risorgimento (lasciando stare gli ostili a priori) non potrebbe essere anche legato a come è stata l’epoca post risorgimentale, quando il nostro Paese ha dovuto affrontare grandi difficoltà per emergere come Nazione di grande spessore e non sempre è riuscita ad esserlo?

Francesco Foti

Caro Francesco,

Le passioni vanno condonate tutte. Ma un conto sono i neoborbonici e in genere i napoletani che amano la loro città, e rifiutano di considerare la stagione borbonica come una lunga ombra nera: se abbiamo «consegnato il fascismo alla storia», come dice Giorgia Meloni, possiamo consegnarle pure i Borbone. Un altro conto sono gli astuti polemisti che moltiplicano, anzi elevano al quadrato o al cubo il numero delle vittime, per aizzare un risentimento verso il Nord che è sterile e anzi controproducente: se i mali del Sud sono colpa di altri italiani, allora chi vive al Sud non ci può fare nulla… Resto convinto che il Risorgimento sia una pagina della nostra storia di cui possiamo andare fieri. Non è vero che il nuovo Stato fosse un’estensione del Regno di Sardegna: non a caso la capitale fu portata via da Torino (si pensò proprio a Napoli come capitale provvisoria, in attesa di Roma ancora papalina e protetta dai francesi; fu proprio Vittorio Emanuele II a far notare che da Napoli, a differenza che da Firenze, non si sarebbe potuti venir via). E non è vero che nel Risorgimento non ci sia il popolo. Nel 1848 insorgono quasi tutte le città italiane, comprese quelle del Sud (la prima in assoluto fu Messina); e non sarebbero bastati i «sciuri» per cacciare gli austriaci da Milano.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Beruschi ci fa ridere da mezzo secolo. Che mito»

È un vero piacere vedere Enrico Beruschi a Striscia la Notizia festeggiare i suoi 50 anni di carriera. Una carriera piena di trionfi anni ‘80 esplosi dopo il successo nel decennio ‘70! Un uomo che ha sempre avuto un solo scopo: farci ridere e pensare e magari lasciarci senza parole perché le sue facce e esclamazioni sono diventate comuni e ripetute per noi ragazzi anni ‘80. Un uomo normale circondato da donne bellissime senza mai una sua mano morta! Nel lontano 1998 alle mie prime esperienze radio sempre alla caccia di un’intervista, ho avuto la fortuna di conoscere il mitico Enrico! Ero molto emozionato di trovarmi di fronte un’icona anni ‘80 e non riuscivo a chiedergli l’intervista ! Fu lui a rompere il ghiaccio: «Ragazzo me la fa l’intervista o vuole stare lì col microfono in mano fino a domani?». Sono passati 25 anni da quel pomeriggio al teatro Coccia di Novara ma ogni volta che lo sento anche non per fare un pezzo mi sembra sempre di ritornare in quel mitico decennio colorato! Un uomo che ha fatto Sanremo con successo di vendite e pubblico con «Sarà un fior» e una ottima apparizione nello storico sceneggiato Rai «I Promessi Sposi » di Salvatore Nocita dove interpretava uno scrivano. Poi Emilio e le sue battute taglienti e da tutti i giorni perché lui è il nostro zio, nonno insomma un parente o vecchio amico che arriva al momento giusto per tirarci su il morale e per catapultarci in un periodo dove i pensieri erano molto distesi e positivi. La sua attività è continuata con successo in tv, cinema e soprattutto in teatro. Vorrei vedere più volte la sua classe e il suo garbo nella tv di oggi. Ce lo meritiamo tutti.

Massimo Moletti, Cerano

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-11-09 23:18:00,

Caro Aldo,

a proposito della sua risposta sul disprezzo che noi italiani abbiamo del Risorgimento, nonostante sia stato il periodo più importante della nostra storia nazionale, non posso che essere d’accordo con lei. Tra l’altro sulle versioni secondo le quali il Regno delle Due Sicilie fosse una specie di Stato dove armonia e giustizia regnavano e tutti stavano molto meglio rispetto all’Unità d’Italia, non solo le nuove ricerche storiche (come quelle del professor Alessandro Barbero) ma anche opere della letteratura («I leoni di Sicilia» di Stefania Auci) hanno dimostrato come queste narrazioni non fossero attinenti con la realtà di allora. Il sentimento di poca considerazione verso il Risorgimento (lasciando stare gli ostili a priori) non potrebbe essere anche legato a come è stata l’epoca post risorgimentale, quando il nostro Paese ha dovuto affrontare grandi difficoltà per emergere come Nazione di grande spessore e non sempre è riuscita ad esserlo?

Francesco Foti

Caro Francesco,

Le passioni vanno condonate tutte. Ma un conto sono i neoborbonici e in genere i napoletani che amano la loro città, e rifiutano di considerare la stagione borbonica come una lunga ombra nera: se abbiamo «consegnato il fascismo alla storia», come dice Giorgia Meloni, possiamo consegnarle pure i Borbone. Un altro conto sono gli astuti polemisti che moltiplicano, anzi elevano al quadrato o al cubo il numero delle vittime, per aizzare un risentimento verso il Nord che è sterile e anzi controproducente: se i mali del Sud sono colpa di altri italiani, allora chi vive al Sud non ci può fare nulla… Resto convinto che il Risorgimento sia una pagina della nostra storia di cui possiamo andare fieri. Non è vero che il nuovo Stato fosse un’estensione del Regno di Sardegna: non a caso la capitale fu portata via da Torino (si pensò proprio a Napoli come capitale provvisoria, in attesa di Roma ancora papalina e protetta dai francesi; fu proprio Vittorio Emanuele II a far notare che da Napoli, a differenza che da Firenze, non si sarebbe potuti venir via). E non è vero che nel Risorgimento non ci sia il popolo. Nel 1848 insorgono quasi tutte le città italiane, comprese quelle del Sud (la prima in assoluto fu Messina); e non sarebbero bastati i «sciuri» per cacciare gli austriaci da Milano.

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È un vero piacere vedere Enrico Beruschi a Striscia la Notizia festeggiare i suoi 50 anni di carriera. Una carriera piena di trionfi anni ‘80 esplosi dopo il successo nel decennio ‘70! Un uomo che ha sempre avuto un solo scopo: farci ridere e pensare e magari lasciarci senza parole perché le sue facce e esclamazioni sono diventate comuni e ripetute per noi ragazzi anni ‘80. Un uomo normale circondato da donne bellissime senza mai una sua mano morta! Nel lontano 1998 alle mie prime esperienze radio sempre alla caccia di un’intervista, ho avuto la fortuna di conoscere il mitico Enrico! Ero molto emozionato di trovarmi di fronte un’icona anni ‘80 e non riuscivo a chiedergli l’intervista ! Fu lui a rompere il ghiaccio: «Ragazzo me la fa l’intervista o vuole stare lì col microfono in mano fino a domani?». Sono passati 25 anni da quel pomeriggio al teatro Coccia di Novara ma ogni volta che lo sento anche non per fare un pezzo mi sembra sempre di ritornare in quel mitico decennio colorato! Un uomo che ha fatto Sanremo con successo di vendite e pubblico con «Sarà un fior» e una ottima apparizione nello storico sceneggiato Rai «I Promessi Sposi » di Salvatore Nocita dove interpretava uno scrivano. Poi Emilio e le sue battute taglienti e da tutti i giorni perché lui è il nostro zio, nonno insomma un parente o vecchio amico che arriva al momento giusto per tirarci su il morale e per catapultarci in un periodo dove i pensieri erano molto distesi e positivi. La sua attività è continuata con successo in tv, cinema e soprattutto in teatro. Vorrei vedere più volte la sua classe e il suo garbo nella tv di oggi. Ce lo meritiamo tutti.

Massimo Moletti, Cerano

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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