Il primo comizio con pugno  di Umberto Bossi e Bobo Maroni

Il primo comizio con pugno  di Umberto Bossi e Bobo Maroni

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MERCOLEDÌ 23 NOVEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

i leghisti di prima maniera erano abbastanza vulcanici. Roberto Maroni si è distinto per pacatezza e affabilità. Non l’ho mai visto adirato, sembrava anzi timido e riservato. Come politico, ha ricoperto ruoli di primo piano, sempre con professionalità e brillante intuizione.

Fabio Sìcari

L’ho conosciuto quando venne nelle Marche per portare qui la Lega. Era qui alle prime riunioni, si può dire che eravamo quattro gatti ma tutti molto determinati. Poi arrivò anche Bossi e così cominciarono i primi passi della Lega Nord nelle Marche.

Leonora Severi Paolini

Lontanissimo dalle mie idee, ma lo apprezzavo e mi dispiace veramente. Lei lo ha mai conosciuto?

Giovanna Campi

Cari lettori,

La scomparsa di Roberto Maroni ha colpito un po’ tutti voi. Era un uomo buono. Appassionato, non estremista. Questo non significa dimenticare che era un militante politico, talora anche duro. Non si tirò mai indietro. Seguì Bossi nella svolta secessionista. Lo detronizzò dopo lo scandalo Belsito, il tesoriere che finanziava la «family». Andai a intervistarlo quando ruppe con il fondatore. Raccontò la storia dei diamanti in Tanzania, delle spese pazze. Aveva messo i bilanci della Lega in mano a una società internazionale di revisione dei conti (dietro l’aspetto naïf, Maroni era uomo di frequentazioni importanti, fin da quando aveva sposato la figlia del padrone dell’Aermacchi). Il suo ufficio era pieno di foto con Bossi in tutte le posizioni e in tutte le divise, dalla canottiera alla camicia verde, dalla t-shirt alla cravatta del giuramento. Mi raccontò il loro primo comizio, in un albergo di Como. «Era il marzo 1980. Sul palco eravamo in tre: Umberto, io e Bruno Salvadori dell’Union Valdotaine, che finanziava il nostro movimento, la Lega autonomista lombarda. In platea erano in quattro: due della Digos, un impiegato dell’albergo incuriosito, e un tipo che faceva sì con la testa. Il Bossi lo puntò: ecco il primo seguace, pensava. Invece era un picchiatore fascista. A fine comizio, appena Umberto lo avvicinò, quello gli tirò un pugno…». Eppure con Bossi in quell’intervista fu molto duro. Lo fu pure con il suo amico Giancarlo Giorgetti: «È molto intelligente. Ma un uomo deve avere tre C; cervello, cuore, coglioni. Non tutti possono avere tutto». Del suo conterraneo varesotto Mario Monti, che era presidente del Consiglio, disse: «Si fa dettare l’agenda da Merkel e Sarkozy». Non salvò neppure Berlusconi, di cui era stato più volte ministro: «Noi stessi siamo stati costretti dai francesi e dagli americani a fare una guerra in Libia che non volevamo». Non credeva nello sbarco leghista al Sud, vagheggiava semmai un’alleanza federalista con «un Bossi napoletano, quando spunterà». Per il futuro della Lega pensava a un tandem tra Flavio Tosi, front-runner elettorale, e Matteo Salvini, chiamato a riorganizzare il partito; non prevedeva che il secondo si sarebbe mangiato il primo. Vide però arrivare i 5 Stelle. Mi mostrò sul telefonino una sua foto abbracciato a Beppe Grillo: «L’avevo accompagnato da un cronista della Padania che voleva intervistarlo. Ha fiuto politico. In lui rivedo la Lega delle origini». Quando nel 1994 litigò con Bossi che aveva fatto cadere il primo governo Berlusconi, si disse che sarebbe finito in Forza Italia. Ma Bobo Maroni gridò nel microfono: «Sono nato con la Lega, morirò con la Lega». È stato di parola.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La magia del juke-box: oggi emoziona i collezionisti»

Una gran bella abitudine per noi ragazzi anni 80 e 90 era l’inserimento della moneta per sentire la musica! In una scatola magica chiamata juke-box c’era la nostra play list o il nostro iPhone o cellulare pieno di canzoni. Una scatola dove potevi scegliere il 45 giri preferito per ballare o solo ascoltare musica… Le canzoni più «gettonate» prendevano il nome dal fatto che prima delle 500 lire c’erano i gettoni per fare festa. Un attrezzo molto diffuso in bar, oratori e paninoteche prima che la musica dal vivo e le tv musicali mettessero all’angolo questa magia. Quante canzoni ho messo per le ragazze che mi facevano occhi dolci, per attaccare bottone o per fare amicizia o per farmi vedere. Ricordo la gioia per i dischi nuovi inseriti e la delusione per quelli amati tolti, e il trucco per fare suonare con 50 lire le canzoni ascoltandole con un’acustica migliore del mio povero mangianastri. Non dimenticherò mai le estati a cantare il primo Jovanotti «Gimme Five» al circolone di Sozzago con un jukebox super potente. La lambada che al matrimonio di un mio parente ho messo un’infinità di volte per ballare con le mie cugine. Poi il rumore della scarica del 45 giri era una sinfonia nella sinfonia dove il momento di attesa era un paradiso. Quante volte ho messo Paradise City dei Guns. Una catena di spiccioli e emozioni che una play list non può dare. Ormai è solo un ricordo per collezionisti e amanti. Cari ragazzi chiedete cos’ era il juke-box: io posso dire che era un vaso o armadio di sogni e piccoli momenti dove al tavolo di un circolo ti sentivi una rock star alla Bon Jovi…

Massimo Moletti

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-11-22 23:25:00,

MERCOLEDÌ 23 NOVEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

i leghisti di prima maniera erano abbastanza vulcanici. Roberto Maroni si è distinto per pacatezza e affabilità. Non l’ho mai visto adirato, sembrava anzi timido e riservato. Come politico, ha ricoperto ruoli di primo piano, sempre con professionalità e brillante intuizione.

Fabio Sìcari

L’ho conosciuto quando venne nelle Marche per portare qui la Lega. Era qui alle prime riunioni, si può dire che eravamo quattro gatti ma tutti molto determinati. Poi arrivò anche Bossi e così cominciarono i primi passi della Lega Nord nelle Marche.

Leonora Severi Paolini

Lontanissimo dalle mie idee, ma lo apprezzavo e mi dispiace veramente. Lei lo ha mai conosciuto?

Giovanna Campi

Cari lettori,

La scomparsa di Roberto Maroni ha colpito un po’ tutti voi. Era un uomo buono. Appassionato, non estremista. Questo non significa dimenticare che era un militante politico, talora anche duro. Non si tirò mai indietro. Seguì Bossi nella svolta secessionista. Lo detronizzò dopo lo scandalo Belsito, il tesoriere che finanziava la «family». Andai a intervistarlo quando ruppe con il fondatore. Raccontò la storia dei diamanti in Tanzania, delle spese pazze. Aveva messo i bilanci della Lega in mano a una società internazionale di revisione dei conti (dietro l’aspetto naïf, Maroni era uomo di frequentazioni importanti, fin da quando aveva sposato la figlia del padrone dell’Aermacchi). Il suo ufficio era pieno di foto con Bossi in tutte le posizioni e in tutte le divise, dalla canottiera alla camicia verde, dalla t-shirt alla cravatta del giuramento. Mi raccontò il loro primo comizio, in un albergo di Como. «Era il marzo 1980. Sul palco eravamo in tre: Umberto, io e Bruno Salvadori dell’Union Valdotaine, che finanziava il nostro movimento, la Lega autonomista lombarda. In platea erano in quattro: due della Digos, un impiegato dell’albergo incuriosito, e un tipo che faceva sì con la testa. Il Bossi lo puntò: ecco il primo seguace, pensava. Invece era un picchiatore fascista. A fine comizio, appena Umberto lo avvicinò, quello gli tirò un pugno…». Eppure con Bossi in quell’intervista fu molto duro. Lo fu pure con il suo amico Giancarlo Giorgetti: «È molto intelligente. Ma un uomo deve avere tre C; cervello, cuore, coglioni. Non tutti possono avere tutto». Del suo conterraneo varesotto Mario Monti, che era presidente del Consiglio, disse: «Si fa dettare l’agenda da Merkel e Sarkozy». Non salvò neppure Berlusconi, di cui era stato più volte ministro: «Noi stessi siamo stati costretti dai francesi e dagli americani a fare una guerra in Libia che non volevamo». Non credeva nello sbarco leghista al Sud, vagheggiava semmai un’alleanza federalista con «un Bossi napoletano, quando spunterà». Per il futuro della Lega pensava a un tandem tra Flavio Tosi, front-runner elettorale, e Matteo Salvini, chiamato a riorganizzare il partito; non prevedeva che il secondo si sarebbe mangiato il primo. Vide però arrivare i 5 Stelle. Mi mostrò sul telefonino una sua foto abbracciato a Beppe Grillo: «L’avevo accompagnato da un cronista della Padania che voleva intervistarlo. Ha fiuto politico. In lui rivedo la Lega delle origini». Quando nel 1994 litigò con Bossi che aveva fatto cadere il primo governo Berlusconi, si disse che sarebbe finito in Forza Italia. Ma Bobo Maroni gridò nel microfono: «Sono nato con la Lega, morirò con la Lega». È stato di parola.

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«La magia del juke-box: oggi emoziona i collezionisti»

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DOMENICA – LA STORIA

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, Aldo Cazzullo

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