Ci fu una guerra civile e i piemontesi l’hanno persa

Ci fu una guerra civile e i piemontesi l’hanno persa

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MERCOLEDÌ 28 SETTEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

in una risposta a un lettore lei parla di «odio al Piemonte e spappolamento culturale della città». Può spiegarsi meglio? Sono d’accordo con lei che per diversi decenni Torino è stata una fucina di fervore intellettuale, politico, artistico, industriale senza eguali. Ma perché parla di odio e spappolamento culturale? Vorrebbe dire che l’attuale impoverimento culturale della città è frutto dell’odio verso i suoi abitanti?

Giancarlo Sallier de La Tour

Caro Giancarlo,

Ricorderò sempre quando Pasquale Squitieri, il regista di «Li chiamarono… briganti!», mi disse sul divano di casa Craxi ad Hammamet dove facevo il mio lavoro di cronista: «Io odio il Piemonte». Il Piemonte ha fatto l’Italia, e a lungo ha esercitato sull’Italia una certa egemonia economica, politica, militare, culturale; non sempre con buoni esiti. Ma insomma i Savoia parlavano dialetto piemontese, compreso Vittorio Emanuele III che era nato a Napoli e regnava a Roma. In dialetto piemontese si tenne il consiglio di guerra alla vigilia di Caporetto: Cadorna, Capello, Caviglia, Badoglio, Cavallero presagivano la sconfitta ma, per dirla con Badoglio, «se la davano a intendere gli uni con gli altri», illudendosi di poter fermare i tedeschi; la fine è nota. Però non è sempre finita malissimo. Erano piemontesi i capi della destra storica, i Cavour e i Quintino Sella, e pure quelli della sinistra liberale, Michele Coppino e Giovanni Giolitti, che diedero all’Italia la scuola pubblica e il suffragio universale. A Torino sono nati il cinema e la televisione italiana, l’automobile e la moda. Erano piemontesi di nascita o di formazione i capi del partito comunista: Gramsci, Togliatti, Tasca, Secchia, Terracini. Erano piemontesi i capi militari della Resistenza: il generale Raffaele Cadorna, il generale Giuseppe Perotti fucilato al poligono del Martinetto con i suoi uomini, il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo trucidato alle Ardeatine, Ferruccio Parri «Maurizio», Luigi Longo «Gallo», Giovanni Pesce «Visone», Enrico Martini «Mauri», Edgardo Sogno «Franchi». Avevamo santi veri e santi laici, don Bosco e Piero Gobetti, don Cottolengo e Norberto Bobbio, Piergiorgio Frassati e Alessandro Galante Garrone, e poi Luigi Firpo e Augusto Del Noce, Adriano Olivetti e Vittorio Valletta, Giovanni Agnelli e Rodolfo Debenedetti, Michele Ferrero e Sergio Pininfarina, Carlo e Primo Levi, Vittorio Foa e Umberto Eco, Cesare Pavese e Giovanni Arpino, Giampaolo Pansa e Giorgio Bocca, Carol Rama e Fernanda Pivano, Rita Levi Montalcini e Natalia Ginzburg. Oggi il centro di Torino è bellissimo, il barolo è sempre più buono, e signore gozzaniane mangiano le paste nelle confetterie restaurate del centro. Ma la guerra civile che seguì al Risorgimento non fu vinta dai bersaglieri; fu vinta dai briganti amati da Squitieri. E l’Italia di oggi somiglia più a quella dei Borbone che a quella di Camillo Benso conte di Cavour.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Tassista a Malpensa senza Pos: mi ha mandato via»

Atterro venerdì 16 settembre verso le 12 con un volo dal Lussemburgo dove risiedo da tempo. Essendoci lo sciopero dei mezzi decido di prendere il taxi. Trattandosi di una tariffa di 116 euro, chiedo per sicurezza, anche se dovrebbe avere il Pos per legge, di poter pagare con carta. Il tassista sgarbatamente mi risponde che non l’ha e di cercarmi un altro taxi. Alla mia replica che avrebbe dovuto averlo, si avvicina minaccioso dicendomi di andarmene altrimenti mi prende a schiaffi. Si interpone una persona che è addetta alla «salita» sui vari taxi che cerca di calmare il tassista e mi consiglia di allontanarmi. A quel punto esco dalla vettura, ma prima di allontanarmi, faccio una foto alla targa. Il tassista se ne accorge e afferra il mio telefono cercando di togliermelo. Interviene anche un altro tassista che si scusa del comportamento del «collega» e mi fa salire sul suo taxi per portarmi a Milano. Più di una volta il Corriere ha scritto dei problemi con il servizio taxi a Malpensa. Non oso pensare cosa possa accadere con i turisti stranieri, sicuramente un ottimo biglietto da visita per la città. Concludo sottolineando che la mia avventura milanese è finita bene. L’autista che mi ha condotto a Milano mi ha detto che lui non si ferma quasi mai a Malpensa, a suo dire come diversi colleghi, per evitare problemi con taluni colleghi che operano da ras del quartiere.

Andrea Ferrante Lussemburgo

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-09-28 05:11:00,

MERCOLEDÌ 28 SETTEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

in una risposta a un lettore lei parla di «odio al Piemonte e spappolamento culturale della città». Può spiegarsi meglio? Sono d’accordo con lei che per diversi decenni Torino è stata una fucina di fervore intellettuale, politico, artistico, industriale senza eguali. Ma perché parla di odio e spappolamento culturale? Vorrebbe dire che l’attuale impoverimento culturale della città è frutto dell’odio verso i suoi abitanti?

Giancarlo Sallier de La Tour

Caro Giancarlo,

Ricorderò sempre quando Pasquale Squitieri, il regista di «Li chiamarono… briganti!», mi disse sul divano di casa Craxi ad Hammamet dove facevo il mio lavoro di cronista: «Io odio il Piemonte». Il Piemonte ha fatto l’Italia, e a lungo ha esercitato sull’Italia una certa egemonia economica, politica, militare, culturale; non sempre con buoni esiti. Ma insomma i Savoia parlavano dialetto piemontese, compreso Vittorio Emanuele III che era nato a Napoli e regnava a Roma. In dialetto piemontese si tenne il consiglio di guerra alla vigilia di Caporetto: Cadorna, Capello, Caviglia, Badoglio, Cavallero presagivano la sconfitta ma, per dirla con Badoglio, «se la davano a intendere gli uni con gli altri», illudendosi di poter fermare i tedeschi; la fine è nota. Però non è sempre finita malissimo. Erano piemontesi i capi della destra storica, i Cavour e i Quintino Sella, e pure quelli della sinistra liberale, Michele Coppino e Giovanni Giolitti, che diedero all’Italia la scuola pubblica e il suffragio universale. A Torino sono nati il cinema e la televisione italiana, l’automobile e la moda. Erano piemontesi di nascita o di formazione i capi del partito comunista: Gramsci, Togliatti, Tasca, Secchia, Terracini. Erano piemontesi i capi militari della Resistenza: il generale Raffaele Cadorna, il generale Giuseppe Perotti fucilato al poligono del Martinetto con i suoi uomini, il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo trucidato alle Ardeatine, Ferruccio Parri «Maurizio», Luigi Longo «Gallo», Giovanni Pesce «Visone», Enrico Martini «Mauri», Edgardo Sogno «Franchi». Avevamo santi veri e santi laici, don Bosco e Piero Gobetti, don Cottolengo e Norberto Bobbio, Piergiorgio Frassati e Alessandro Galante Garrone, e poi Luigi Firpo e Augusto Del Noce, Adriano Olivetti e Vittorio Valletta, Giovanni Agnelli e Rodolfo Debenedetti, Michele Ferrero e Sergio Pininfarina, Carlo e Primo Levi, Vittorio Foa e Umberto Eco, Cesare Pavese e Giovanni Arpino, Giampaolo Pansa e Giorgio Bocca, Carol Rama e Fernanda Pivano, Rita Levi Montalcini e Natalia Ginzburg. Oggi il centro di Torino è bellissimo, il barolo è sempre più buono, e signore gozzaniane mangiano le paste nelle confetterie restaurate del centro. Ma la guerra civile che seguì al Risorgimento non fu vinta dai bersaglieri; fu vinta dai briganti amati da Squitieri. E l’Italia di oggi somiglia più a quella dei Borbone che a quella di Camillo Benso conte di Cavour.

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Atterro venerdì 16 settembre verso le 12 con un volo dal Lussemburgo dove risiedo da tempo. Essendoci lo sciopero dei mezzi decido di prendere il taxi. Trattandosi di una tariffa di 116 euro, chiedo per sicurezza, anche se dovrebbe avere il Pos per legge, di poter pagare con carta. Il tassista sgarbatamente mi risponde che non l’ha e di cercarmi un altro taxi. Alla mia replica che avrebbe dovuto averlo, si avvicina minaccioso dicendomi di andarmene altrimenti mi prende a schiaffi. Si interpone una persona che è addetta alla «salita» sui vari taxi che cerca di calmare il tassista e mi consiglia di allontanarmi. A quel punto esco dalla vettura, ma prima di allontanarmi, faccio una foto alla targa. Il tassista se ne accorge e afferra il mio telefono cercando di togliermelo. Interviene anche un altro tassista che si scusa del comportamento del «collega» e mi fa salire sul suo taxi per portarmi a Milano. Più di una volta il Corriere ha scritto dei problemi con il servizio taxi a Malpensa. Non oso pensare cosa possa accadere con i turisti stranieri, sicuramente un ottimo biglietto da visita per la città. Concludo sottolineando che la mia avventura milanese è finita bene. L’autista che mi ha condotto a Milano mi ha detto che lui non si ferma quasi mai a Malpensa, a suo dire come diversi colleghi, per evitare problemi con taluni colleghi che operano da ras del quartiere.

Andrea Ferrante Lussemburgo

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

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LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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