Caro Aldo,
gioved a Castelvetrano erano in ventiquattro persone alla manifestazione. Giorgio Bocca negli anni Ottanta, a seguito di un viaggio in Sicilia, scriveva un articolo dal titolo Trattasi di predisposizione naturale che spiegava l’attitudine all’omert del popolo siciliano. Oggi scrivere un articolo cos sarebbe inaccettabile in quanto politicamente scorretto e tendenzialmente razzista. Ma passata una generazione ed erano solo in ventiquattro.
Riccardo Bernini, Como
Caro Riccardo,
Non ho mai creduto alle generalizzazioni. Ci sono siciliani dagli occhi scuri come carbone e altri dagli occhi cerulei, come gli antenati arabi e normanni da cui discendono. Allo stesso modo, ci sono piemontesi estroversi e spiritosi e altri chiusi che prendono tutto sul serio, e pure piemontesi in cui convivono entrambe le nature a seconda dell’umore e delle circostanze. Ci premesso, qualsiasi discorso pubblico sul Sud diventato ormai impossibile. Anche solo citare le statistiche che purtroppo vedono il nostro Sud agli ultimi posti in Europa, dall’indice di lettura a quello di occupazione, impossibile perch subito ti additano come nordista, razzista, antimeridionale. Ed perfettamente inutile rispondere che si critica quel che si ama, che la premessa di qualsiasi cambiamento riconoscere che occorre un cambiamento. Oltretutto pure in Sicilia ha attecchito il discorso neoborbonico, che non folklore ma un potentissimo diversivo: la colpa dei mali del Sud del Nord; quindi il Sud non ci pu fare nulla. Lei mi dir: un siciliano neoborbonico un ossimoro, come ghiaccio bollente o deserto innevato; i siciliani furono sempre ribelli ai Borbone, la prima citt italiana a insorgere nel fatidico 1848 fu Messina, domata a cannonate, non a caso Garibaldi sbarc a Marsala e con mille volontari fece crollare un Regno plurisecolare; ma la razionalit non pu nulla contro il sentimento. Mettiamola cos: la Sicilia forse il posto pi bello d’Italia, quindi del mondo; ha templi greci che neanche in Grecia, mosaici bizantini che neanche a Bisanzio, mari caldi da Pasqua a Natale; puntando su lavoro e legalit, ha un potenziale di sviluppo immenso. I 24 di Castelvetrano sono semi che fioriranno. Dipende solo da loro, quindi da noi; perch in Sicilia nessuno, arabo o normanno che sia, un forestiero
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
Cos mio padre carabiniere divenne un partigiano
Vorrei raccontare la storia di mio padre Alfonso, carabiniere partigiano, affinch la memoria di quello che ha fatto non vada perduta e si possa trasmettere anche alle nuove generazioni. Mio pap nasce in val Chisone (Torino) nel 1907. All’et di 20 anni circa fa domanda per entrare nei carabinieri, la domanda viene accolta e lo inviano nella caserma di Diano d’Alba (provincia di Cuneo). A Diano conosce mia mamma che era la tabacchina del paese, concessionaria di quella che allora si chiamava censa. Dopo poco tempo lo trasferiscono a Cesena ed li che succede il fatto. Gli danno il compito di scortare un vagone di persone con destinazione Germania. A quel punto si rende conto che eseguendo quell’ordine sarebbe diventato complice di un folle. Le scelte da fare erano due: obbedire agli ordini senza pensarci oppure liberare quelle persone, salvare loro la vita. Liberarle voleva dire disertare e prendersi una condanna a morte senza processo. Alla fine fece la sua scelta, pur sapendo che avrebbe affrontato un rischio altissimo, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Nella notte il vagone si ferm poche ore a Bologna e lui liber quelle persone. Poi viaggiando a piedi solo di notte per non farsi prendere dopo qualche giorno rientr a Diano D’Alba. Si un ai partigiani in Alta Langa fino alla fine della guerra. Chiss quante storie come questa sono successe in Italia. Ringraziamo i tanti partigiani che hanno contribuito a salvare la democrazia!
Bruno Fieno
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SAN SIRO
Le parole di Bruce Springsteen sullo stadio pi bello d’Italia
Flavio Maria Coticoni
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TELEFONIA
Noi ottantenni senza linea fissa
Riccardo Brocca
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DEGRADO
Il nostro cimitero rovinato dall’incuria
Donato Torreggiani , Meletole (Reggio Emilia);
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BUROCRAZIA
L’Italia che non conoscevo del secolo scorso
Leo Berenovic
INVIATECI LE VOSTRE LETTERE
Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
VENERDI -L’AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
SABATO -L’ADDIO
Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno.
DOMENICA – LA STORIA
Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia.
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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.
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