federal reserve
di Giuliana Ferraino02 nov 2022
L’inflazione americana resta alta (all’8,2% in settembre), ai massimi da 40 anni, più delle aspettative della Federal Reserve, che per la quarta volta consecutiva è costretta ad aumentare il costo del denaro, portando i tassi di interesse di riferimento al 3,75-4%. Il ritmo della stretta monetaria, però, potrebbe rallentare già dalla prossima riunione della Fed di dicembre o in quello successivo, per «tener conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria» attuato finora, segnala il presidente Jerome Powell. «Non è stata presa alcuna decisione. Probabilmente ne discuteremo alla prossima riunione», dice nella consueta conferenza stampa alla fine del meeting di politica monetaria.
Ma quando Powell anticipa che la banca centrale americana dovrà «alzare i tassi più di quanto atteso in precedenza», Wall Street, fino ad allora in rialzo, va rosso: l’indice S&P chiude in ribasso del 2,5%, il Dow Jones a -1,5% e l’indice Nasdaq a -3,4%.
A spaventare i mercati è l’idea, sottolineata più volte da Powell, che l’inflazione americana è scesa «meno di quanto la Fed si aspettasse», prima a causa della pandemia, ora per la guerra russa in Ucraina, che pesa soprattutto sui prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. E questo allontana le probabilità di un atterraggio morbido dell’economia, avvicinando il rischio di recessione.
L’inflazione elevata, ben al di sopra del target del 2%, impone notevoli disagi, in quanto erode il potere d’acquisto, soprattutto per coloro che sono meno in grado di far fronte all’aumento del costo dei beni di prima necessità. Powell lo sa bene, perciò insiste che la Fed è «fortemente impegnata a riportare l’indice dei prezzi al 2% nel lungo periodo». Aggiungendo che «la stabilità dei prezzi in America è un bene anche per l’economia globale». Dopo essere stata accusato di aver fatto perdere credibilità alla Fed per aver giudicato l’inflazione solo un fenomeno transitorio per oltre un anno, l’avvocato-banchiere ha imparato che «la fiducia del pubblico è l’asset più importante per una banca centrale». E ora misura bene le parole: la politica monetaria sarà «sufficientemente restrittiva per riportare l’inflazione al 2% nel tempo» e «i prossimi aumenti dei tassi saranno appropriati». Però «ci vorrà del tempo» per vedere gli effetti della stretta monetaria, che finora ha avuto un impatto soprattutto sui prezzi della case, in discesa dopo lo straordinario rialzo del mercato immobiliare durante la pandemia, favorito proprio dai tassi di interesse quasi a zero fino allo scorso marzo. Per questo motivo, per determinare il ritmo dei futuri aumenti dei tassi, la Fed «terrà conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influenza l’attività economica e l’inflazione, e gli sviluppi economici e finanziari».
Di inflazione ieri ha parlato anche Moody’s, che in un report dedicato alle prospettive delle banche in Italia ha citato l’alto aumento dei prezzi, insieme all’impatto della guerra in Ucraina e della crisi energetica, tra i fattori che porteranno la crescita italiana a zero nel 2023, dopo il +2,7% stimato per quest’anno. Una prima conseguenza: Moody’s ha abbassato da stabile a negativo l’outlook sul settore bancario italiano, per le condizioni operative che si deterioreranno ulteriormente nei prossimi 12-18 mesi, indebolendo la qualità dei prestiti, la redditività e l’accessibilità ai finanziamenti.
Iscriviti alla newsletter “Whatever it Takes” di Federico Fubini. Dati, fatti e opinioni forti: le sfide della settimana per l’economia e i mercati in un mondo instabile. Ogni lunedì nella tua casella di posta.
E non dimenticare le newsletter L’Economia Opinioni”
e “L’Economia Ore 18”
.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-11-02 22:35:00, La banca centrale americana alza i tassi dello 0,75% per la quarta volta consecutiva, perché l’inflazione scende meno del previsto. Powell: verso un rallentamento degli aumenti, ma tassi più alti delle attese. Giù Wall Street , Giuliana Ferraino