Ormai l’intelligenza artificiale (IA) è al primo posto tra gli argomenti di cui si parla nel mondo della scuola, e d’altra parte lo è anche nel dibattito scientifico e politico: di quello nazionale, come mostrano le iniziali forti resistenze del Garante della Privacy italiano all’uso incontrollato di ChatGPT e le polemiche seguite alla nomina di Giuliano Amato alla presidenza del Comitato ministeriale che si occuperà dell’impatto dell’IA sull’editoria; e di quello internazionale, come mostra la partecipazione del premier italiano Giorgia Meloni al Vertice globale sulla Sicurezza dell’Intelligenza Artificiale (qui la notizia che ne abbiamo dato, segnalandone l’importanza) che si è tenuto nel Regno Unito a Bletchley Park nei giorni 1 e 2 novembre, per iniziativa del Primo Ministro inglese, Rishi Sunak.
E di IA si tratterà naturalmente in modo approfondito anche nell’ottava edizione degli “Stati generali della scuola digitale”, l’evento annuale promosso da Dianora Bardi a partire dal 2016, in programma a Bergamo il 24 e il 25 novembre 2023. Uno dei temi che saranno approfonditi in tale occasione è quello dei rischi connessi a un uso incontrollato dell’IA a scuola. Di questo argomento parlerà l’avvocato Guido Scorza, membro del Garante della Privacy, che ha anticipato le linee del suo intervento in una intervista rilasciata alla giornalista del “Corriere della Sera” Chiara Barison.
Secondo Scorza, avvocato e docente di diritto delle nuove tecnologie, “le cose da tenere ben presenti quando si parla di intelligenza artificiale nelle scuole sono la trasparenza e la garanzia dell’effettiva autodeterminazione di studenti e genitori; anche se la corsa al digitale è ormai avviata non significa che dobbiamo accettare qualsiasi cosa senza senso critico”. Soprattutto quando si parla di minorenni serve particolare cautela: “se abituiamo l’alunno a relazionarsi con le tecnologie sottovalutando rischi e opportunità rischiamo di crescere adulti che sottovalutano gli effetti perché non conoscono il funzionamento di ciò che utilizzano”. A suo giudizio perciò “occorre fare formazione sia a docenti che a studenti prima di integrare gli strumenti digitali alla didattica affinché i ragazzi comprendano come vengono utilizzati i dati che cedono alle piattaforme”.
Scorza ammette però che la diffusione nelle scuole delle applicazioni di IA come ChatGPT sia difficilmente contenibile. Perciò lancia una proposta: se “imporre di fare un tema può essere superato, allora perché non far analizzare un testo composto da un chatbot per trovare errori e inesattezze?” Sembra una provocazione, ma è probabile che qualche insegnante che guarda al futuro lo faccia già, anziché perdere tempo a scoprire se e come il tema sia stato copiato usando GPT.
Per approfondimenti:
– Intelligenza Artificiale. ‘Una minaccia esistenziale’
– Intelligenza Artificiale. Cresce l’attenzione del mondo sulle incognite dell’IA
– Ripensare la scuola oltre l’intelligenza artificiale
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