di Samuele Finetti
Dopo il Qatar e il silenzio al posto dell’inno, si sono divisi tra la repubblica islamica e l’Europa. Due in campo per un amico condannato a morte: Resisti, non devi morire
Amir Nasr Azadani non ha mai indossato la maglia della nazionale di calcio iraniana, ma pi di una volta sceso in campo al fianco dei giocatori che hanno rappresentato la Repubblica islamica ai mondiali qatarioti.
Amir non ha seguito le partite dei suoi vecchi compagni di squadra. Non ha potuto. Come migliaia di iraniani, sceso in piazza per protestare ed stato prima arrestato, poi condannato a morte. Colpevole non solo di avere partecipato alle manifestazioni, ma anche di aver criticato il regime su Instagram, che per legge vietato come gli altri social occidentali. Vietato, ma utilizzato da molti personaggi noti per raggiungere i pi giovani che aggirano i divieti. Tra loro ci sono anche i calciatori della nazionale Majid Hosseini e Ali Karimi jr., che ieri hanno condiviso sui loro profili la foto di Amir accompagnata da poche parole: Vecchio amico e No alla pena di morte.
l’ultima, netta presa di posizione dei due che, assieme ai compagni, avevano deciso di non cantare l’inno prima dell’esordio al mondiale contro l’Inghilterra. Una scelta che finora non ha avuto conseguenze: troppo celebri in patria (e qualcuno anche all’estero) per essere arrestati. Ma certo i vertici del regime non hanno gradito, tanto che c’ chi ha parlato di minacce dirette ai loro familiari.
Eppure, al contrario di quanto si possa pensare, quel silenzio trasmesso in diretta dalle tv di tutto il mondo non piaciuto troppo neppure a chi protesta ormai da tre mesi. Troppo poco, credono molti iraniani, convinti che scendere in campo con la casacca del proprio Paese significhi in qualche modo sostenere il regime che lo governa. E che scrivere qualche riga a favore di un allargamento dei diritti delle donne sui social (dove pi di un calciatore ha sostituito la foto profilo con una mappa dell’Iran su sfondo nero) sia solo un gesto di facciata. Tanto che di minacce ai calciatori ne sono arrivate anche dai dissidenti.
In Iran, per, la maggior parte di quei calciatori hanno casa e famiglia. Dunque dopo l’eliminazione sono tornati nel proprio Paese. Abolfazl Jalali, Rouzbeh Cheshmi e Hossein Hosseini hanno ripreso ad allenarsi a Teheran con l’Esteghlal, una delle squadre pi titolate del Paese.
Una manciata, i pi forti, giocano (e vivono) invece in Europa. Non si sa se abbiano fatto tappa in Iran dopo l’ultima sconfitta. Di sicuro c’ solo che quasi tutti sono ormai tornati nel Vecchio continente. L’attaccante del Porto Mehdi Taremi si riunito con i suoi compagni: i video degli allenamenti sono stati pubblicati sui social del club portoghese. Saman Ghoddos, che milita nel Brentford (squadra della Premier League), tornato in Svezia, dove nato e cresciuto e dove vive la sua famiglia. Sardar Azmoun atterrato in Germania (gioca nel Bayern Leverkusen), mentre Amir Abedzadeh gi sceso in campo con il Ponferradina in Segunda Liga spagnola.
Ali Karimi jr. tornato a Kayseri, in Turchia: anche lui stato fotografato durante gli allenamenti. La sua squadra, il Kayserispor, ha fatto sapere tramite un comunicato che Majid Hosseini ha invece chiesto un’altra settimana di permesso post-mondiale. Ovunque si trovi, facile credere che il difensore della nazionale iraniana stia pensando al suo vecchio compagno di squadra Amir.
10 dicembre 2022 (modifica il 10 dicembre 2022 | 22:12)
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, 2022-12-10 21:18:00, Dopo il Qatar e il silenzio al posto dell’inno, si sono divisi tra la repubblica islamica e l’Europa. Due in campo per un amico condannato a morte: «Resisti, non devi morire», Samuele Finetti