di Viviana Mazza
Sabato sera è stato interrotto il discorso della Guida Suprema. L’ayatollah è apparso avvolto dalle fiamme: «Ha le mani sporche del sangue dei nostri giovani»
Un gruppo di hacker che appoggia le proteste in Iran è riuscito a interrompere il discorso della Guida Suprema Ali Khamenei sulla tv di Stato, sabato sera, trasmettendo l’immagine dell’ayatollah avvolto dalle fiamme, al centro di un mirino, e le foto di Mahsa Amini e di altre tre ragazze uccise nei giorni scorsi — Hadis Najafi, Nika Shakarami e Sarina Esmaeilzadeh — accusandolo di avere le mani sporche del sangue «dei nostri giovani». Dopo il cyber-attacco, durato pochi secondi, rivendicato dal gruppo Edalat-e Ali (la giustizia di Ali), è tornato in onda il presentatore Ali Zohorian. Tesissimo, deglutisce, occhi fissi sulla telecamera. «Non era mai successo prima», ci scrive un professore da Teheran via Instagram quando in serata Internet torna a funzionare. «È un gesto che aiuta a sollevare il morale delle persone che rischiano la vita nelle strade — ci dice via Telegram dalla capitale una ragazza che chiameremo Reyahneh— Lo stesso gruppo, alcuni anni fa, ha hackerato le telecamere della prigione di Evin, rendendo pubblici i video delle guardie che picchiavano i detenuti».
L’attacco alla tv di Stato fa parte di uno scontro più ampio che riguarda l’informazione su ciò che accade nel Paese. I video sui social mostrano che le proteste continuano in diverse città e università, mentre le autorità sostengono che i media stranieri ne ingrandiscono la portata. Gli attivisti denunciano l’uso di l’armi da fuoco nella repressione, cosa che il regime nega, accusando invece «folle armate» di avere ucciso altri due agenti sabato (una ventina in totale) e di attaccare stazioni di polizia e moschee. Secondo la Ong «Iran Human Rights» i morti sono 185, tra cui almeno 19 minorenni. Il Guardian scrive che allievi delle scuole del Kurdistan sono stati prelevati in classe e portati via su furgoni senza targa, le lezioni sospese. I commercianti del Grand Bazar e del bazar di Tajrish a Teheran si sono uniti alle proteste e hanno chiuso i battenti come in altre città, ma il giornale Kayhan, vicino a Khamenei, dichiara che sono stati costretti a chiudere «con la forza e le minacce».
«Non so quanto potranno andare avanti gli scioperi in questa crisi economica», ci dice Reyhaneh. «Ma più volte si è detto che le proteste sarebbero scemate e non è successo e credo che, se anche si riducono nelle strade, continueranno nelle università. Ieri (sabato ndr) è stato terribile, gli agenti hanno iniziato a sparare a caso con fucili ad aria compressa in piazza Tajrish, prima che iniziasse qualsiasi protesta. Era verso mezzogiorno, c’erano passanti, gente che non aveva scelto di manifestare, non potevano difendersi né scappare. Correndo ho superato un vecchietto che camminava piano con un sacco con la spesa. Ho visto una signora colpita alla testa con un manganello».
Al cantante Homayon Shajarian e agli attori Sahar Solatshahi e Hamid Farrokhnejad è stato proibito ieri di lasciare il Paese. Shervin Hajapour, autore di «Baraye» (Per), l’inno delle proteste, appena rilasciato, ha detto che vorrebbe che il regime trattasse i giovani manifestanti «come figli». Almeno 92 giornalisti, attivisti e avvocati sono stati arrestati. Il presidente Raisi ha annunciato processi imminenti.
9 ottobre 2022 (modifica il 9 ottobre 2022 | 22:56)
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, 2022-10-09 21:02:00, Sabato sera è stato interrotto il discorso della Guida Suprema. L’ayatollah è apparso avvolto dalle fiamme: «Ha le mani sporche del sangue dei nostri giovani», Viviana Mazza