Iran, la violenza del regime contro i minorenni

Iran, la violenza del regime contro i minorenni

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di Greta Privitera

Cinquanta sarebbero morti dall’inizio delle proteste. Un migliaio sarebbero in prigione: la brutalità dell’autorità contro i giovani della Generazione Z, cuore pulsante della rivoluzione

L’età media delle proteste è 15 anni. Vuol dire che moltissime delle ragazze e dei ragazzi che dal 16 settembre, giorno in cui è stata uccisa Mahsa Amini , si danno appuntamento nelle strade e nelle piazze iraniane per opporsi al regime teocratico dell’Ayatollah Khamenei, sono nati intorno al 2007: sono minorenni.

Studiano a Teheran ma anche nel Kurdistan iraniano, delle regioni più tradizionali. Il regime lo sa. Sa che il cuore delle manifestazioni batte su Instagram, su TikTok, sotto i banchi, tra i corridoi dei licei, delle università, e in alcuni casi anche delle scuole medie. È per questo che ordina alle sue guardie armate – di manganelli, ma anche di pistole cariche – di fare irruzione nelle classi durante le lezioni. Di portare via chi pubblica sui social frasi o video contro la guida suprema o il presidente Raisi, chi frequenta le manifestazioni. Succede anche che i complici o le spie siano i loro professori.

Il New York Times ha documentato 23 irruzioni nelle scuole e racconta il blitz in una scuola elementare – elementare – di Teheran in cui il mese scorso le forze di sicurezza, durante l’intervallo, hanno lanciato gas lacrimogeni nel cortile perché i bambini cantavano slogan antigovernativi. Gli attivisti dei diritti umani fanno sapere che le autorità avrebbero ucciso almeno 50 minori dall’inizio delle proteste. Il numero totale delle vittime è di 326 persone, riporta l’Iran Human Rights.

Si stima che tra i 500 e i 1.000 minori siano detenuti nelle carceri per adulti, anche se la legge iraniana stabilisce che chi ha meno di 18 anni deve essere mandato in centri di detenzione per minori. Il ministro dell’Istruzione Yousef Nouri ha riconosciuto l’enorme partecipazione degli studenti alle proteste e ha fatto sapere che il governo, in alcuni casi, li manda in strutture per la salute mentale per liberarli dai loro comportamenti «antisociali». Hossein Raeesi, avvocato iraniano per i diritti umani, ha raccontato a Cnn che all’interno di queste strutture «gli psicologi seguono una rigida agenda del governo e non sono autorizzati a lavorare in modo indipendente con i bambini. Non forniscono supporto psicologico, piuttosto lavano il cervello e spesso li intimidiscono o minacciano».

Asra Panahi aveva 16 anni quando è stata picchiata a morte. Frequentava il liceo femminile Shahed ad Ardabil, la città capoluogo della Provincia di Ardabil, nell’Iran nord-occidentale. Una mattina, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sua scuola e hanno picchiato brutalmente le studentesse che si sono rifiutate di cantare un inno dedicato all’Ayatollah. Asra era tra queste. Come spesso accade, qualche giorno dopo, un familiare, in questo caso lo zio, è apparso in tv dicendo che la ragazza sarebbe morta per una condizione cardiaca congenita. Anche Mobin ha 16 anni ed è stato arrestato. In prigione le guardie lo hanno picchiato così forte da rompergli le spalle. Zakaria Khial, 16 anni, è stato ucciso durante una manifestazione a Piranshahr, nella provincia dell’Azerbaijan: gli hanno sparato a due metri di distanza. Mohammad Reza Sarvar aveva 14 anni, è stato ucciso anche lui durante una protesta fuori Teheran. Le forze di sicurezza hanno detto che si è suicidato. Sarina Esmailzadeh, 16 anni, è morta dalle bastonate. Nika Shakarami , 16 anni, prima è scomparsa e nove giorni dopo è stata dichiarata morta. Ali Barahouie, 14 anni, è stato ucciso con un proiettile al collo.

Se c’è una cosa che il regime deve avere imparato da questa ultima ondata di proteste, è che la Generazione Z, nonostante non abbia mai conosciuto nessun’altra forma di governo se non quella del regime, è immune alla sua propaganda e al suo indottrinamento. Grazie alla tecnologia, a internet e i social, le ragazze — generatrici di questa rivoluzione — e i ragazzi iraniani conoscono la vita dei loro coetanei fuori da Teheran. Vedono che cosa vuol dire crescere in Paesi liberi e non sono più disposti a fare compromessi con dittatori che non li ascoltano e che, soprattutto, non li capiscono.

15 novembre 2022 (modifica il 15 novembre 2022 | 11:41)

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, 2022-11-15 15:39:00, Cinquanta sarebbero morti dall’inizio delle proteste. Un migliaio sarebbero in prigione: la brutalità dell’autorità contro i giovani della Generazione Z, cuore pulsante della rivoluzione, Greta Privitera

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