di Greta Privitera
I medici iraniani: In tre ospedali della capitale, 500 manifestanti rischiano di perdere la vista. Tra violenze sessuali e brutalit, la resistenza iraniana non fa passi in dietro
La benda, il volto insanguinato, ma soprattutto le sue parole: L’ultima cosa che ha visto il mio occhio destro una guardia che mi spara in faccia e ride. Perch ridi?. Quasi un mese dopo il colpo che le ha portato via met vista, Ghazal Ranjkesh, la studentessa di giurisprudenza di 19 anni della citt portuale di Bandar Abbas, diventata suo malgrado uno dei simboli delle violenze della Guardia rivoluzionaria iraniana che oltre a uccidere ferisce brutalmente.
Un chirurgo di Teheran che preferisce rimanere anonimo usa un termine ben preciso, marchiare: Il regime sta marchiando un’intera generazione. Sparano a mezzo metro di distanza proiettili che si frantumano in centinaia di pallini di metallo e di gomma. Sono quelli che si usano per la caccia agli uccelli, alcuni di provenienza italo-francese. Sparano sul busto, sui genitali, ma soprattutto colpiscono gli occhi, lasciando danni permanenti alla retina, al nervo oculare: rendono ciechi. Solo in tre ospedali di Teheran — Farabi Hospital, Labafinejad Clinic e Rasul Akram Hopital — i medici hanno confermato oltre 500 casi di manifestanti, spesso minorenni, arrivati in ospedale con danni gravissimi alla vista. Un oculista ci racconta che trecento di questi non vedranno mai pi. Oggi, in Iran raccogliere dati molto difficile, ma se tre ospedali parlano di numeri cos alti di persone accecate, chiss quali sono quelli totali, commenta un medico iraniano in Italia. La situazione cos grave, che il 25 novembre, 140 oftalmologi hanno scritto una lettera al loro presidente chiedendo di intervenire.
Se quello che succede nelle carceri terribilmente immaginabile, colpisce il racconto che esce dai corridoi degli ospedali. Da settimane, i paramilitari in borghese sono presenti in tutti i reparti. Prelevano i manifestanti dalle sale operatorie, li consegnano alle forze di sicurezza che li portano in prigione. Molti dei ventimila manifestanti in carcere sono stati presi dalle nostre cliniche, racconta il medico. Motivo per cui, chi viene ferito nelle proteste, se pu, evita di andare in ospedale. Ma curarsi a casa molto pericoloso perch questi proiettili finiscono ovunque e non tutti sono facilmente estraibili. Abbiamo visto radiografie di pallini di metallo bloccati vicino alla corteccia cerebrale.
Sempre da Teheran, ci raccontano che in tutte le citt sta nascendo una rete segreta di ambulatori dove i dottori curano di nascosto. Lo fanno per aiutare i giovani che protestano, ma anche per proteggersi visto che la loro categoria nel mirino del regime. Non un caso che dopo l’impiccagione del ventitreenne Mohsen Shekari, sia arrivata la notizia della condanna a morte di Hamid Garehassanlu, un radiologo: Sembra sia stato accusato di aver ferito un membro delle forze paramilitari dei Basiji. Ormai il presidente Raisi e i suoi pescano a caso tra la popolazione con punizioni esemplari che hanno lo scopo di rassicurare le guardie demoralizzate dalla rivolta. Si racconta che nell’ultima settimana abbiano alzato lo stipendio dei militari del 20%, spiega il chirurgo di Teheran.
Anche le storie delle ragazze e dei ragazzi violentati nelle carceri sono sempre pi frequenti, ma i dati sono quasi impossibili da trovare. Un collega ha raccontato che in un giorno sono state portate in una clinica della capitale sei ragazze dallo stesso carcere che riportavano lacerazioni vaginali e anali molto gravi. Dicono che i poliziotti scelgono le minorenni pi belle da violentare in gruppo, riporta il medico.
Ma le violenze del regime non sembrano avere la forza di fermare la rivoluzione. In un post sui social, Ghazal Ranjkesh ha scritto: Quella guardia non sapeva che ero a prova di proiettile. Non sapeva che il mio corpo e la mia anima sono pi grandi e non tremano davanti al suo fucile.
9 dicembre 2022 (modifica il 9 dicembre 2022 | 19:46)
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, 2022-12-09 18:30:00, I medici iraniani: «In tre ospedali della capitale, 500 manifestanti rischiano di perdere la vista». Tra violenze sessuali e brutalità, la resistenza iraniana non fa passi in dietro, Greta Privitera