Il caso in sicilia
di Giuliana Ferraino02 nov 2022
«La Isab non è soggetta al regime sanzionatorio e non ha violato le sanzioni predisposte dall’Ue e condivise dall’Italia, che per l’import di petrolio russo scattano il 5 dicembre», afferma il ministro delle Imprese Adolfo Urso in risposta alla video inchiesta del Wall Street Journal che identifica nella raffineria Priolo, in Sicilia, controllata dal gruppo russo Lukoil, una delle scappatoie per aggirare l’embargo Usa sul petrolio russo dopo l’invasione dell’Ucraina. Secondo il quotidiano americano, che ha ricostruito e tracciato le rotte delle petroliere provenienti dai porti russi, le due raffinerie della Isab a Priolo ricevono la maggioranza del greggio dalla Russia per produrre benzina e altri derivati che poi la società vende negli Stati Uniti a gruppi come Exxon, senza violare le sanzioni.
Come? Questo è possibile perché in Sicilia il petrolio russo viene raffinato, un processo che lo fa diventare «italiano», secondo una prassi consolidata che permette al greggio di cambiare origine in base al luogo di raffinazione. E le sanzioni Usa prevedono, tra le eccezioni, il petrolio che ha avuto «una trasformazione sostanziale» all’estero. Prima della guerra in Ucraina, la Isab di Priolo importava petrolio da almeno una quindicina di Paesi, e il petrolio russo pesava in media il 30%. Ora il petrolio dalla Russia arriva fino al 93%, perché le banche europee hanno smesso di finanziare la Isab, dopo l’invasione dell’Ucraina. Da marzo di quest’anno la raffineria di Priolo ha esportato quasi 5 milioni di barili di prodotti petroliferi negli Usa, di cui 2,5 milioni di barili di benzina. Il Wsj ha tracciato petroliere che hanno consegnato i prodotti raffinati proveniente dalla Sicilia a 7 diversi compratori in 13 diverse location, incluso i terminali di Exxon vicino a Huston e in New Jersey. Se non sempre è possibile conoscere chi compra, tra i clienti figurano il gigante petrolifero Exxon Mobile e Litasko, la società di trading petrolifero controllata da Lukoil.
L’embargo Ue sul petrolio dalla Russia,in vigore dal 5 dicembre, chiuderà il «buco» di Priolo. Con ricadute pesanti sui lavoratori siciliani. Un eventuale stop, per mancanza di materia prima, costringerebbe a mandare a casa i circa mille dipendenti diretti della Isab, oltre ai duemila lavoratori dell’indotto. Ma a rischio è l’intera area industriale compresa tra Priolo, Augusta e Mellili, con i suoi diecimila posti di lavoro. Ecco perché ieri in difesa della Isab, escludendo qualsiasi elusione delle sanzioni, non è intervenuto solo il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, ma anche il sindacato. «Da noi arriva il prodotto grezzo russo, una volta raffinato è un prodotto che nasce qui e quindi è italiano», ha detto il segretario ge nerale della Fiom-Cgil di Siracusa, Antonio Recano. Ma in vista dell’embargo Ue, «il governo deve dare delle risposte ai tremila lavoratori», che rischierebbero il posto di lavoro, ha ribadito il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri.
Il ministro Urso lo sa bene. Anche oggi abbiamo lavorato a 360 gradi», ammette, «per garantire la continuità delle attività produttive così importanti sul piano nazionale e per l’economia siciliana». Tra le soluzioni, non si esclude un intervento della Sace, che potrebbe dare le garanzie (negate dalle banche) a Isab per continuare l’attività.
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, 2022-11-02 23:08:00, L’accusa del Wall Street Journal: embargo Usa aggirato. La Isab raffina in Sicilia il greggio russo che così diventa italiano. Il ministro delle Imprese Urso: divieti in Europa dal 5 dicembre, Giuliana Ferraino