Israele, continuano gli attentati terroristici: altri cinque morti

Israele, continuano gli attentati terroristici: altri cinque morti

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di Davide Frattini

Continuano gli attentati per le strade di Bnei Brak, sono 5 le persone uccise negli attacchi degli ultimi giorni, fra queste anche due ucraini residenti nel Paese.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

GERUSALEMME – Amir non ha rallentato neppure quando ha visto il fucile mitragliatore puntato contro. È morto perché guidava la moto, era davanti. Il suo compagno di pattuglia è caduto trascinato da lui ormai colpito, si è rialzato e ha ammazzato il terrorista che per le strade di Bnei Brak aveva già ucciso due israeliani e due ucraini residenti nel Paese.

Ad Amir Khouri i genitori avevano da poco comprato la casa perché potesse sposarsi a 32 anni, quasi tardi per un arabo. Viveva a Nof Hagalil poco lontano da Nazareth, comunità di cristiani, il padre in polizia prima di lui. A una trentina di chilometri, su e giù per le colline della Galilea, gli arabi sono in maggioranza musulmani: da Umm el Fahem sono arrivati i due attentatori che hanno sparato contro due soldati alla fermata dell’autobus ad Hadera, tre giorni prima dell’attacco nel sobborgo ultraortodosso vicino a Tel Aviv.

Dall’altra parte della barriera e del muro c’è Jenin che durante la seconda Intifada era considerata dall’intelligence la capitale del terrore in Cisgiordania, da qui partivano i kamikaze imbottiti di tritolo, qui l’esercito ha combattuto una delle battaglie più sanguinose, da qui era entrato per lavorare senza permesso l’assalitore di Bnei Brak.

Vent’anni fa. Adesso questi villaggi nel nord del Paese – di qua e al di là della Linea Verde – preoccupano ancora i servizi segreti, che faticano a individuare i cosiddetti «lupi solitari»: spesso organizzano le azioni nel chiuso delle loro stanze ma – fanno notare gli analisti – trovano «un’infrastruttura del terrore» pronta a fornire ideologia e armi. E preoccupano i politici che vedono negli attacchi perpetrati da arabi israeliani (sono cittadini, rappresentano il 20 per cento della popolazione) anche una minaccia alla stabilità.

Della convivenza e del governo. Di Umm el Fahem è Mansour Abbas, professione dentista, che ha portato il suo partito arabo nella coalizione guidata da Naftali Bennett. Ha condannato gli attacchi («un crimine vile e terrorista») e quanto Esawi Frej – ministro per gli Affari regionali, anche lui arabo, sinistra radicale – considera gli undici morti (l’ondata è iniziata martedì della settimana scorsa, quattro accoltellati a Beer Sheva da un beduino) siano «un assalto alla democrazia». La paura è che nelle città tornino gli scontri tra arabi ed ebrei, cittadini israeliani contro cittadini israeliani, come nel maggio dell’anno scorso durante gli undici giorni di guerra con Hamas. Che da Gaza ha esaltato «le missioni eroiche» senza rivendicarle.

I primi tre attentatori si sono radicalizzati con i sermoni via Internet dello Stato Islamico. In passato hanno cercato di andare a combattere in Siria, due di loro erano stati per questa accusa incarcerati. «Stiamo assistendo alla realizzazione del peggior incubo per le forze di sicurezza – scrive Amos Harel sul quotidiano Haaretz – e sembra difficile trovare una soluzione immediata». Perché gli attentati sono stati una reazione a catena, uno a imitazione dell’altro. Una corsa dell’orrore a chi semina più morti che potrebbe essere la rappresaglia per la normalizzazione tra Israele e le nazioni arabe culminata nel vertice a Sde Boker, apertosi nel giorno dell’assalto ad Hadera. «Stiamo combattendo su più fronti – commenta Kobi Michael dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale – e bisogna individuare una strategia per ognuno. Il primo intervento è sulla circolazione delle armi tra gli arabi israeliani, ce ne sono troppe e sono troppo facili da comprare. Un altro componente è Hamas a Gaza e il terzo è la Cisgiordania».

Il 29 marzo di vent’anni fa Ariel Sharon ordinò lo Scudo difensivo: l’invio massiccio di soldati per colpire i gruppi estremisti dentro ai territori palestinesi. Si trasformò nella più grande operazione militare nelle aree della Cisgiordania dai tempi del conflitto dei Sei Giorni. Adesso ministri come Yoaz Hendel da destra pungolano il primo ministro (di destra) e invocano un intervento simile che coinvolga anche le città arabo israeliane. «Siamo in guerra».

30 marzo 2022 (modifica il 30 marzo 2022 | 20:18)

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, 2022-03-30 19:45:00, Continuano gli attentati per le strade di Bnei Brak, sono 5 le persone uccise negli attacchi degli ultimi giorni, fra queste anche due ucraini residenti nel Paese. , Davide Frattini

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