Ivan Krastev: «Putin è un politico messianico. Si sente come Gheddafie vuole tutto finché è vivo»

Ivan Krastev: «Putin è un politico messianico. Si sente come Gheddafie vuole tutto finché è vivo»

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di Federico FubiniIl politologo bulgaro: «Il presidente russo passa ore a guardare il video della fine del leader libico. Nel 2011 Obama convinse Mosca dicendo che contro Tripoli c’era solo una No-fly zone, ora pensa che l’Occidente voglia solo cambi di regime»

Angela Merkel disse nel 2014 che Vladimir Putin viveva in un mondo a sé. Eppure la dipendenza tedesca (e italiana) dal gas russo da allora è salita. Non è incoerente?

«C’è un’incoerenza fra quel che pensiamo e quel che facciamo noi europei — risponde Ivan Krastev, uno dei politologi più influenti in Europa —. Cerchiamo sempre di normalizzare ciò di cui ci occupiamo. Ora abbiamo questo oltraggio morale, crediamo che Putin abbia perso il senso della realtà, ma siamo convinti che la nostra realtà sia quella vera e quella di Putin sia marginale, deformata. E così lasciamo sempre alla storia il compito di sconfiggere i nostri nemici, non ce lo assumiamo mai noi».
In Italia c’è un 55% di contrari a mandare armi all’Ucraina…

«Mi aspettavo qualcosa del genere, ma non così rapidamente. Siamo scandalizzati, non ci piace Putin, ma poi non vogliamo cambiare un granché. Questo è il modello della reazione europea a ogni crisi. C’è l’oltraggio, ma poi si cerca di preservare il mondo come lo conosciamo il più possibile».

Non trova però che l’alleanza transatlantica si sia rafforzata?
«Questa crisi dimostra che gli americani e gli europei possono lavorare bene insieme, ma cosa accadrà nel 2024? Come sarebbe questa crisi con Donald Trump alla Casa Bianca? A scuola in Bulgaria quando ero giovane avevamo le tipiche discussioni marxiste sul ruolo delle personalità nella storia. Noi ora in Europa parliamo sempre di ragioni strutturali, ma improvvisamente vediamo in molti luoghi il fattore personale. Per capire un regime devi capire come funziona una persona: le sue motivazioni, le sue paure. E qui c’è una cosa che davvero mi rende nervoso».

Cosa?
«È noto che Putin ha passato ore a guardare e riguardare gli ultimi minuti di vita di Gheddafi. Quel video in cui veniva preso e messo a morte. Ci dice qualcosa del suo umore apocalittico. È chiaro che si identifica con Gheddafi».

Ha così paura di finire come il dittatore libico da essere pronto a tutto?
«C’è un dettaglio che sottovalutiamo. Nel 2011 Obama riuscì a convincere Mosca a sostenere l’operazione in Libia, dicendo che era solo una No-fly zone e che non si puntava al cambio di regime. Poi è andata com’è andata. E Putin ha finito per convincersi che, qualsiasi cosa facesse, l’Occidente vuole sempre il cambio di regime».

Davvero la Nato ha piantato i semi di questa guerra?
«Certo che l’Occidente avrebbe potuto fare cose diverse, ma non è affatto detto che non avrebbe finito per ottenere lo stesso risultato in Putin. Legga il suo saggio del 2021 su Russia e Ucraina che sono “un solo popolo”. Non parla della Nato, né delle legittime preoccupazioni di sicurezza della Russia. Quel saggio è il progetto di restaurare la Russia storica. Non ha niente a che fare con l’espansione della Nato, ha moltissimo a che fare con la disintegrazione dell’Unione Sovietica e il desiderio di Putin di riscrivere il passato».

Che intende dire?
«Putin ha creato un sistema così basato su se stesso che non riesce a immaginare una Russia dopo di lui. Sente che deve fare tutto finché è ancora al potere, finché è ancora vivo e lucido. Di qui la scelta del momento e l’intensità della guerra».

Hitler era così…
«Per questo l’appeasement non è possibile, perché Putin è un politico messianico. Non era così, ma ora sì. Non riesce a fermarsi, perché lui non ragiona in termini di materie prime o di regimi politici. Pensa in termini di missione storica».

20 marzo 2022 (modifica il 20 marzo 2022 | 22:51)
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, 2022-03-20 21:53:00, Il politologo bulgaro: «Il presidente russo passa ore a guardare il video della fine del leader libico. Nel 2011 Obama convinse Mosca dicendo che contro Tripoli c’era solo una No-fly zone, ora pensa che l’Occidente voglia solo cambi di regime», Federico Fubini

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