Sullivan: «Con Mosca contatti regolari,  il nostro aiuto a Kiev non cambierà col voto Usa»

Sullivan: «Con Mosca contatti regolari, il nostro aiuto a Kiev non cambierà col voto Usa»

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di Federico Rampini

Il capo del National Security Council della Casa Bianca: «Contatti ai massimi livelli, per ridurre l’allargamento del conflitto». «Massima vigilanza» sui missili dalla Corea del Nord e su Taiwan

«Tutti gli elementi chiave del nostro aiuto all’Ucraina hanno un sostegno bipartisan, in questo la politica estera degli Stati Uniti non cambierà dopo le elezioni midterm, comunque vadano». Parla Jake Sullivan, capo del National Security Council, la cabina di regìa strategica della Casa Bianca per la politica estera e militare. Sullivan interviene al Council on Foreign Relations di New York, poche ore prima che si aprano le urne per lo scrutinio legislativo. «C’è una solida maggioranza al Congresso – prosegue – che ha retto per otto mesi. Qualche voce di dissenso l’abbiamo avuta, e continuerà dopo le elezioni, ma nell’insieme il sostegno è solido. Alcuni dei più convinti sostenitori della nostra politica in Ucraina sono repubblicani».

Sullivan è fresco reduce da un viaggio a Kiev dove ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky e il suo ministro della Difesa Oleksii Reznikov. Il capo del National Security Council è anche l’uomo di punta del dialogo “sotterraneo” con la Russia. Ha contatti regolari con due personaggi cruciali della squadra di Vladimir Putin, i consiglieri di politica estera Yuri Ushakov e Nikolai Patrushev. Con i russi i colloqui sono informali e segreti, nulla si vuol far trapelare sui contenuti precisi. Ma una cosa è chiara: Washington e Moscasi parlano regolarmente . Nel dialogo intervengono anche il segretario alla Difesa americano e il capo di stato maggiore con i loro equivalenti russi. «Questi contatti ai massimi livelli – conferma Sullivan – devono servire a ridurre i rischi di allargamento del conflitto». In particolare gli americani usano questi canali informali per veicolare un messaggio martellante: «Qualsiasi utilizzo di armi nucleari sarebbe seguito da conseguenze catastrofiche per la Russia».

In quanto alle recenti “pressioni” su Kiev, già trapelate sulla stampa americana, il consigliere della Casa Bianca ha spiegato di cosa si tratta. A Zelensky viene raccomandato di mostrare apertura al negoziato diplomatico, perché questo è indispensabile anche per tenere unito il fronte occidentale; ma la Casa Bianca non vuole costringere l’Ucraina a fare concessioni.

Dove si nota una distanza tra la posizione americana e quella di Zelensky, è sulla figura di Putin. Il presidente ucraino si è rifiutato di sedersi a un tavolo di negoziato con quel leader russo che ha voluto l’invasione e che ha ordinato bombardamenti, stragi di civili, attacchi a infrastrutture essenziali come la rete elettrica. Sullivan precisa che il “regime change” non fa parte dell’agenda dell’Amministrazione Biden: «Non sta a noi cambiare i sistemi politici di altri paesi». Tornando al rischio di un calo di consensi nell’opinione pubblica americana verso il prolungato sostegno all’Ucraina (i sondaggi dicono che questo calo è reale, soprattutto tra gli elettori repubblicani), il National Security Advisor respinge l’idea che le classi lavoratrici «guardino solo alla propria situazione economica, e non alla battaglia sui valori».

Secondo lui dietro il consenso bipartisan agli aiuti a Kiev c’è «anche il patriottismo del popolo americano, che vuole aiutare popoli fratelli impegnati nella difesa delle libertà». «Noi non abbiamo più una mentalità da guerra fredda – dice Sullivan – e non combattiamo guerre per procura. Ma è chiaro che la nostra strategia converge con gli interessi delle nostre classi lavoratrici. Ciò che stiamo facendo punta anzitutto a rafforzare la nostra economia, l’autosufficienza energetica, l’autonomia e la sicurezza nella produzione di auto elettriche o di semiconduttori. Quel che conta per i nostri ceti medi e operai è la forza strategica dell’economia americana e dei nostri alleati, le cose su cui stiamo investendo».

Una differenza tra l’America e le due superpotenze antagoniste, Russia e Cina, «è la qualità delle alleanze, vero moltiplicatore della nostra forza». Rileva che uno dei risultati dell’aggressione russa all’Ucraina è stato di aver portato la Nato «all’apice della sua robustezza, presto anche con l’ingresso di due nuovi Stati membri, e con una proiezione allargata verso il Pacifico grazie a nuove cooperazioni per la sicurezza che coinvolgono l’Australia. Anche l’alleanza con il Giappone ne esce irrobustita».

Sullivan ammette però che ci sono delle falle nella politica estera americana. Per esempio le sedi vacanti di molte ambasciate (una è quella in Italia). O la capacità di mobilitare l’emisfero Sud del pianeta, in questo momento protagonista della conferenza sul cambiamento climatico in Egitto. Accende un faro su un altro focolaio di tensione, meno visibile dell’Ucraina nell’attenzione occidentale, ma altrettanto pericoloso secondo la Casa Bianca. «I lanci missilistici dalla Corea del Nord, e Taiwan – osserva Sullivan – sono emergenze a cui dedichiamo la massima vigilanza. Dobbiamo aumentare la nostra capacità di deterrenza in quell’area. Dobbiamo rendere chiaro, sia per la Corea del Nord sia per la Cina, che il costo di aggressioni e di azioni unilaterali sarebbe altissimo. Quel teatro di tensioni nel Pacifico occupa il mio lavoro quotidiano, tanto quanto l’Ucraina».

8 novembre 2022 (modifica il 8 novembre 2022 | 11:38)

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