Javier Zanetti, una vita in gol: Manager con il cuore rivolto ai bambini poveri

di Daniele Dallera e Federico Pistone

Il vicepresidente dell’Inter e l’impegno sociale della fondazione Pupi: Quando ho smesso di giocare ho capito che iniziava una nuova vita come uomo e dirigente

importante quello che succede sul campo, ma pi importante quello che succede fuori. Parola di Javier Zanetti, uno che ha vinto tutto, dentro e fuori: da giocatore — il pi presente della storia dell’Inter con 16 trofei — da dirigente, vicepresidente nerazzurro dal 2014, da benefattore con la fondazione Pupi che da vent’anni aiuta migliaia di bambini in difficolt, ora sostenuta dalla Fifa. E da sognatore.

Non si accontentato di essere una leggenda del calcio secondo lo stesso Pel che l’ha inserita nella lista dei pi forti calciatori di tutti i tempi o della singolare proposta dei tifosi interisti all’Unesco di farla entrare nel Patrimonio dell’Umanit.

Per me il calcio va vissuto a 360 gradi. La carriera sportiva l’ho percorsa, con mille soddisfazioni. Quando ho smesso a pi di 40 anni ho deciso che per me era finita s un’epoca ma ne stava cominciando una nuova, diversa, altrettanto entusiasmante.

Per il mitico Zanetti tutte le porte erano spalancate.

Un momento. Non bastavano il nome e una buona carriera di calciatore. Ci volevano la forza, l’umilt e la conoscenza per ricominciare da zero: cos ho cominciato a studiare, ho frequentato la Bocconi, ho approfondito gli studi manageriali, le relazioni internazionali... Otto anni di sacrificio e quando l’Inter ha creduto nelle mie doti di manager e mi ha nominato vicepresidente ero commosso dalla felicit: sapevo di essermelo meritato.

Un impegno che non l’ha distolta dalla sua missione di solidariet, avviata quando ancora al braccio, ormai tatuata, aveva la fascia di capitano dell’Inter.

Il calcio uno strumento di straordinaria inclusione, in tutto il mondo. Soprattutto nei Paesi pi poveri, come la mia Argentina.

L’Inter stata una buona spalla per le sue iniziative umanitarie?

Sempre, da Moratti in poi, fino a Zhang. Mi hanno sostenuto e incoraggiato. Questa una societ che gi dal battesimo, Internazionale, parla di inclusione e tolleranza. Con il succedersi dei presidenti, ho sempre cercato di dare continuit agli eventi benefici e solidali. Mi hanno sempre ascoltato e seguito. Un club deve sempre crescere, progredire nella parte Corporate, un settore delicato ma vitale per un grande club come l’Inter.

E ora anche la Fifa le ha teso la mano.

Una splendida notizia. Significa che potremo programmare, tra le fondazioni Pupi e Fifa, naturalmente anche con l’Inter, una serie di iniziative gi nel 2023 di importanza ancora pi globale e coinvolgente. Ne abbiamo parlato a lungo a Riad prima della finale di Supercoppa con i soggetti interessati, dirigenti, sponsor, partner. Ho sfruttato a fin di bene anche la mia appartenenza al Comitato organizzativo Fifa e i miei buoni rapporti con il presidente Infantino. C’ entusiasmo e voglia di concretezza: la mia filosofia.

A Remedios de Escalada, periferia di Buenos Aires, nata la Fundacion Pupi, acronimo di Por Un Piberio Integrado (per un’infanzia integrata), anche il suo soprannome da quando era bambino, El Pupi.

Volevo condividere con i miei connazionali la fortuna che avevo incontrato in Italia, doveroso restituirne un po’ a chi ne aveva bisogno. Con mia moglie Paula abbiamo cos cominciato ad aiutare 34 bambini, oggi sosteniamo pi di mille famiglie nei quartieri disagiati del mondo.

Anche la sua era una famiglia povera.

Eravamo povera gente ma piena d’orgoglio. Pap muratore, mamma casalinga: io studiavo, aiutavo pap al lavoro e alla sera mi allenavo a calcio. Cos ho imparato lo spirito di sacrificio.

riuscito a trasmetterlo anche ai suoi tre figli?

Spero di s, anche se loro sono cresciuti in una situazione ben differente. Ho cercato di fargli capire che non tutto semplice e dovuto, che bisogna studiare, lavorare duro, avere dei sogni da realizzare. Io per esempio sognavo di diventare un bravo calciatore, di giocare in una grande squadra e nella Nazionale argentina: tutto avverato, ma dopo tanto lavoro, delusioni e sacrifici.

Quanto conta la fede?

Tutto. Ti insegna a credere sempre, a pensare al prossimo. Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare tre papi.

Come quel 25 aprile 2013: a riceverla in Vaticano c’era un connazionale appassionato di calcio.

Incontrare Papa Francesco stata un’emozione incredibile. All’inizio ero stordito al suo cospetto, ma presto ho avuto la sensazione di stare in compagnia di un vecchio amico. Abbiamo parlato a lungo della nostra Argentina e della fede, non solo quella spirituale, anche quella calcistica. Lui tifoso del San Lorenzo, io del River Plate. La sua forza mistica mi ha spronato ulteriormente a fare del bene. Quel giorno uscita l’idea di una gara interreligiosa che abbiamo organizzato all’Olimpico di Roma con grande successo e il ricavato devoluto in beneficenza.

Dove opera la sua fondazione Pupi?

Sono in contatto con il centro operativo in Argentina, mentre in Italia la sede proprio vicino a San Siro ed gestita straordinariamente dalla responsabile Maria Sapia.

Ci racconta una storia a lieto fine della Fundacin?

Mi viene in mente Jonathan: era cresciuto in una situazione davvero delicata nella periferia di Buenos Aires. Lo abbiamo aiutato, aveva tre anni, cresciuto, ha avuto una vita dignitosa e ora, 18enne, volontario per la nostra associazione: uno dei mille esempi, il simbolo di una gratitudine che d un senso al nostro lavoro. E a tutti i nostri sogni.

22 gennaio 2023 (modifica il 22 gennaio 2023 | 22:50)

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