di Andrea Marinelli e Guido Olimpio
La propaganda interna e internazionale e una serie di attacchi mettono la città dell’Ucraina meridionale al centro dell’attenzione
I piani devono superare la prova del campo. È quello che si augura lo Stato Maggiore ucraino per l’offensiva su Kherson, per ora alle prime mosse d’assaggio. La narrazione, la propaganda interna e internazionale, una serie di attacchi degli ucraini pongono la città meridionale al centro dell’attenzione. Londra, con l’ormai abituale enfasi, sostiene che la spinta ha «preso slancio». Alti funzionari di Kiev mostrano cautela sulla tabella di marcia, ma c’è chi parla di un’operazione di liberazione di Kherson ormai «iniziata». Le dichiarazioni vanno pesate due volte, giudicate con grande prudenza visto che ognuno prova a trasmettere fiducia ai rispettivi schieramenti e non mancano neppure contraddizioni nei report.
Il primo obiettivo dell’Ucraina, evidenziato dai media locali, è quello di isolare gli invasori distruggendo ponti stradali e ferroviari, strutture danneggiate in queste ultime ore. I russi hanno manovrato creando un pontone mobile sul Dnipro, ma questo — sostengono gli esperti — potrebbe aggravare la logistica creando degli imbottigliamenti. Non solo. L’arrivo dei rinforzi segnalato ripetutamente potrebbe avere un doppio risultato: da un lato puntella unità stanche dopo settimane di scontri, dall’altro comporta un maggiore impegno per rifornirle. La mossa ucraina è sempre la stessa: allungare i percorsi per i camion, eliminare i depositi, ostacolare l’uso della ferrovia.
Il Kiev Independent, giorni fa, ha descritto minuziosamente i punti a favore della resistenza. Il fronte di 200 chilometri è poroso, gli ucraini muovendosi a livello di compagnia possono infiltrarsi mentre i lanciarazzi a lungo raggio tengono a bada l’artiglieria e i sistemi anti-aerei. Le postazioni create dall’Armata — è ancora la tesi — non sarebbero sufficienti. L’esercito di Zelensky cercherebbe di assicurarsi il controllo dell’asse stradale M14/R74 e bloccare il nemico sulla riva occidentale del fiume isolando anche un paio di basi importanti. A quel punto — sempre secondo lo scenario — le truppe di Putin sarebbero chiuse alle spalle dallo sbarramento naturale del corso d’acqua e bersagliate dalla distanza. Ecco che girano notizie sul contingente russo in difficoltà, bilanciate però dalle note lamentele degli ufficiali della resistenza verso l’Occidente per il ritardo nei rifornimenti di bombe e sistemi, ma anche sul fatto che l’avversario ha avuto mesi per trincerarsi.
Ora poiché tutto ciò è stato sbandierato da Kiev, dagli analisti e la zona non è gigantesca è altrettanto evidente che Mosca ha adottato le misure di risposta. Primo. Invio di mezzi (non importa la qualità) e soldati. Secondo. Fuoco di sbarramento intenso, dunque serviranno scorte abbondanti di munizione. Terzo. Potenziamento delle linee difensive. Quarto. Prosecuzione dei raid missilistici sul resto del Paese: giovedì all’alba ne sono stati lanciati diversi da Hochanrivska, in Bielorussia, su Cherniviv, altri hanno fatto danni nei sobborghi di Kiev e a Kharkiv. Quinto. Contro-narrazione per riaffermare i successi piccoli o grandi a oriente, a loro volta i filorussi usano il termine «liberazione».
Proprio gli sviluppi lenti nel Donbass costituiscono la prova di come i cambiamenti siano minimi, con gli schieramenti avvinghiati nella logorante guerra d’attrito. I Battaglioni russi non demordono, Bakhmut e Sieversk sono le cittadine verso le quali muovono gli occupanti seguendo la solita tattica. Nel frattempo i miliziani della compagnia di sicurezza Wagner hanno preso il controllo della centrale a carbone di Vuhlehirska: l’impianto è intatto, una preda preziosa.
28 luglio 2022 (modifica il 28 luglio 2022 | 21:54)
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, 2022-07-29 04:10:00, La propaganda interna e internazionale e una serie di attacchi mettono la città dell’Ucraina meridionale al centro dell’attenzione, Andrea Marinelli e Guido Olimpio