di Michelangelo Borrillo
Ne parliamo meno di gas e petrolio. Ma oltre un mese di stop alle importazioni da Ucraina (granaio d’Europa) e Russia, con le navi bloccate nel Mar Nero, ha mandato in tilt mercati e prezzi. Ora qualche carico arriva in treno. La pasta non scarseggerà, i costi tuttavia saliranno ancora. Alla guerra si sommano la siccità e il caso fertilizzanti
Con le navi ferme nei porti, sono iniziati a partire i primi treni. Dopo un mese di stop, qualcosa comincia ad arrivare dall’Ucraina, il granaio d’Europa. Poco, certamente, rispetto alle «centinaia di navi con carichi di grano bloccate nel Mar Nero», come ha avuto modo di sottolineare, in maniera allarmistica, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma comunque un segnale dopo un mese in cui, l’Europa intera, ha dovuto fare i conti con lo stop delle esportazioni da Russia e Ucraina per colpa del conflitto. Una grave carenza, dal punto di vista delle materie prime alimentari, soprattutto per grano tenero, mais e fertilizzanti. Da gennaio a novembre del 2021 – come evidenziato dall’ufficio studi di Confagricoltura – l’Italia ha importato dall’Ucraina 122 mila tonnellate di grano tenero e 72 mila dalla Russia: ciò significa che i due Paesi rappresentano circa il 5% del totale delle importazioni italiane di grano tenero. Quanto al mais, l’Ucraina è per l’Italia il secondo fornitore (dopo l’Ungheria): complessivamente, Ucraina e Russia pesano per il 15 per cento delle importazioni di mais in Italia. E il loro peso è del 13% sul fronte dei fertilizzanti.
1. LE PRODUZIONI
Che fare con grano tenero, mais e fertilizzanti ?
Il grano tenero viene utilizzato per pane e prodotti di pasticceria (da non confondere col grano duro, che serve per la pasta). Il mercato russo è, con quello canadese (la farina Manitoba, altamente proteica, viene da là), il più importante del mondo. Il mais è fondamentale per produrre mangimi per animali. Dalla Russia viene anche gran parte del nitrato di ammonio, fertilizzante usato in questa stagione per i cereali: le vendite all’estero sono bloccate dai russi almeno fino a tutto aprile. Cerealicoltura e allevamento sono quindi i settori più penalizzati dalla guerra.
2. I PREZZI
Dall’alt alle esportazioni quale effetto sui prezzi?
Nel primo mese successivo all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le quotazioni del grano tenero in Italia (marzo alla Borsa merci di Bologna) sono cresciute del 33% in un mese (da 313 a 417 euro a tonnellata), sfondando per la prima volta nella storia qui da noi (dato Consorzi agrari d’Italia) la soglia dei 40 euro a quintale. Per il mais, invece, l’incremento dei prezzi è stato del 41% (da 287 a 405 euro a tonnellata). E tra i fertilizzanti l’urea è passata in un anno da 350 a 1.000 euro a tonnellata e il nitrato di ammonio da 200 a 1.000 euro. Cosa significa per la spesa dei consumatori? Prima di tutto che il prezzo del pane è aumentato: in media, fino a oltre 5 euro al chilogrammo, con picchi fin quasi al doppio, 9,8 euro al chilo a Ferrara secondo Assoutenti. L’aumento del prezzo del mais, invece, incide sul costo della carne: presto, secondo la Cia-Agricoltori Italiani, una bistecca potrebbe arrivare a costare il 20% in più. Il trend, però, potrebbe invertirsi: non appena sono cresciute le attese di un esito positivo dei colloqui a Istanbul fra gli esponenti di Russia e Ucraina, al mercato dei futures di Chicago il prezzo di grano e mais è crollato. Chissà che presto non si adegui anche quello del pane.
3. LA PASTA
Si possono ipotizzare ulteriori aumenti?
E la pasta? C’è il rischio che in Italia venga a mancare l’elemento simbolo dell’alimentazione? Per ora no. Mentre sul grano tenero l’Italia produce il 36% per cento del fabbisogno, sul grano duro la percentuale sale al 60%. L’Italia, poi, è un Paese esportatore di pasta, per cui anche in caso di necessità basterà venderne di meno all’estero. Il rischio che la pasta costi di più è, invece, reale, nonostante dai rincari derivanti dalla guerra in Ucraina sembri restar fuori il grano duro. Nel 2021 il prezzo del grano duro è quasi raddoppiato e la pasta è rincarata del 15 per cento. Nel 2022 pesa l’aumento del costo dell’energia: per questo gli operatori si attendono un ulteriore rincaro del 10% di questo popolare alimento.
4. LE SOLUZIONI
Quali rischi e costi da nuovi mercati e più semina?
Per far fronte al mancato import di grano e mais da Russia e Ucraina si possono seguire più strade. La prima è quella di rivolgersi ad altri mercati, dagli Stati Uniti (dove però gran parte del mais è Ogm) al Canada (dove il grano è trattato con glifosato). Oppure si può produrre più grano e mais in Italia, o a scapito di altre colture (un allarme, per Alleanza cooperative agroalimentari, per produzioni più costose come i pomodori) o su terreni non coltivati. In questa direzione una mano è arrivata dall’Europa, che ha dato il via libera all’utilizzo dei terreni a riposo, circa 200 mila ettari coltivabili da subito in Italia per Coldiretti. Ma sulla semina pesano due incognite: la siccità e i prezzi ai massimi. Seminare con i costi di oggi per vendere a settembre a chissà quale prezzo è, per gli agricoltori, un grande rischio: per questo chiedono al governo garanzie assicurative da parte di Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare con sede a Roma.
8 aprile 2022 (modifica il 8 aprile 2022 | 23:21)
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, 2022-04-08 21:23:00, Ne parliamo meno di gas e petrolio. Ma oltre un mese di stop alle importazioni da Ucraina (granaio d’Europa) e Russia, con le navi bloccate nel Mar Nero, ha mandato in tilt mercati e prezzi. Ora qualche carico arriva in treno. La pasta non scarseggerà, i costi tuttavia saliranno ancora. Alla guerra si sommano la siccità e il caso fertilizzanti, Michelangelo Borrillo