Se ne parla da tempo, il personale scolastico, che nella P.A è quello più corposo, non ha più autorevolezza. A dimostrazione di ciò i tanti ed incresciosi casi di aggressione, violenze, il trattare il personale come se fosse un amico e non un dipendente pubblico, il relazionarsi con gli uffici della scuola come se si stesse scrivendo ad un conoscente piuttosto che ad una Pubblica Amministrazione. Non è solo la questione stipendi che ha minato l’autorevolezza dell’intero personale scolastico, ATA e docenti, Dirigenti e DSGA, ma l’insieme di cose che sono implose in un sistema che ha voluto trasformare la scuola in un ristorante, con tanto di bollino, dove il cliente, ergo l’utenza, le famiglie, devono avere sempre ragione e devono essere “serviti”. Detto ciò non bisogna mai generalizzare e va evitata una guerra tra famiglie e scuola come quella che rischia di consumarsi nei casi di bocciatura di uno studente.
Sarebbe opportuno avere delle linee guida, i docenti devono essere formati sugli orientamenti della giurisprudenza
Come esisterà del personale scolastico non idoneo a svolgere l’attività di docente o ATA, o dirigente o DSGA, si tratta di percentuali irrisorie, esisteranno famiglie che in caso di bocciatura del proprio figlio non produrranno ricorso in tribunale rimettendosi alla decisione dell’Istituzione scolastica, rispettandola. Come esisterà del personale scolastico capace, e professionale, la quasi totalità, esisteranno famiglie che produrranno ricorsi per ogni evenienza, dal punto integrativo, alla lode, dalla bocciatura, e addirittura anche alla promozione, come abbiamo in passato commentato su O.S. Ciò perchè è il sistema che lo consente. E non è colpa della giurisprudenza. Esiste uno stato di diritto che consente di poter ricorrere nelle aule giudiziarie per sanare quella che viene reputata e vissuta da parte della famiglia spesso come una ingiustizia. Sarà poi la giustizia a decidere se ciò sarà vero o meno, se ci saranno profili di illegittimità o meno. La giurisprudenza non deve essere vista come un nemico,anzi,soccorre, nel tempo ha aiutato a perfezionare gli atti nell’ambito scolastico che a volte deve fare i conti con situazioni estremamente burocratiche, tecniche, giuridiche, in un contesto ove a volte emerge una preparazione non adeguata ed allineata alle esigenze del tempo. La giurisprudenza ha negli anni indirizzato in modo abbastanza consolidato su quali debbano essere le vie da intraprendere per arrivare ad una bocciatura non contestabile. E sarebbe opportuno che si adottassero delle linee guida, anche da parte dei dirigenti, affinché i docenti siano pienamente consapevoli e formati sugli indirizzi costanti della giurisprudenza in materia.
Cosa si sta consolidando?
Pacifico è pressoché oramai il fatto che il giudizio di non ammissione alla classe successiva non può ritenersi viziato a causa della mancata attivazione delle attività di recupero, o degli oneri di informazione circa l’andamento scolastico; deve infatti considerarsi che tale giudizio si basa esclusivamente sull’accertamento dell’insufficiente preparazione dello studente, senza che ad esso possa riconnettersi alcun intento punitivo (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 23/09/2019, n. 11232; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 08/10/2018, n. 9815; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, 14/09/2018, n. 184; T.A.R. Calabria sez. II – Catanzaro, 13/09/2018, n. 1568 ). Oppure l’incompleta, carente od omessa attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola, non incidono sulla legittimità e sull’autonomia del giudizio finale di non ammissione di un alunno, che si basa sull’insufficiente rendimento scolastico e quindi sulla non adeguata preparazione e maturazione per accedere alla successiva fase degli studi (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 13/09/2018, n. 1568; T.A.R. Firenze, sez. I, 30/11/2017, n. 1492 ; T.A.R. Lazio Roma sez. III , 13/12/2017, n. 12299)” (così T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 5 agosto 2021, n. 5456). Certo, è vero che ci possono essere anche orientamenti non sempre allineati, ad esempio proprio sulla mancata attivazione dei corsi di recupero il Consiglio di Stato (Sez. VI, 26 giugno 2020, n. 4107) aveva sostanzialmente affermato il vizio di una mancata promozione nel caso della mancata attivazione dei corsi di recupero.
Cosa è consigliabile?
Dunque, per poter blindare la bocciatura, è consigliabile, seppur gli orientamenti consolidati sostengono la non essenzialità, ma puntualmente vengono contestati legittimamente da chi propone ricorso, di ricorrere a quanto segue: attivare sempre e preventivamente i corsi di recupero, relazionarsi con costanza con le famiglie, arrivare ad un percorso di accompagnamento e condiviso ad un eventuale esito negativo del percorso scolastico dello studente, affinché le famiglie non siano impreparate e sorprese, ed avvisate all’ultimo secondo, cercando sempre di avere un riscontro e lasciando traccia formale delle informazioni che vengono rilasciate ai tutori; motivare compiutamente i mancati profitti dello studente e non lasciar emergere alcun intento punitivo per la mancata promozione.
La bocciatura non ha carattere punitivo e può essere un vantaggio per lo studente
Senza dimenticarsi che la mancata promozione non deve essere vissuta come una tragedia, non ha intento punitivo e paradossalmente può essere un vantaggio per lo studente come ribadito da alcune sentenze in passato poiché la promozione interessa anche il grado di maturazione personale dello studente, a fronte dei quali l’ammissione dello studente al successivo ciclo di istruzione potrebbe costituire, anziché un vantaggio, uno svantaggio per l’allievo (cfr. TAR Lazio sentenza 9779/2018; 11787/2019). Si tratta di un capovolgimento culturale importante. L’unica certezza è che la guerra tra scuole e famiglie è deleteria e va assolutamente evitata, cercando di affrontare le questioni di conflittualità esclusivamente all’interno dei recinti della comunità scolastica.
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