Accertato che Xi Jinping non è disposto a sconfessare l’amicizia politica «senza limiti» con Vladimir Putin, l’Occidente preme perché almeno Pechino non aiuti Mosca ad aggirare le sanzioni economiche e militari. La Cina considera l’embargo «illegale, inutile e dannoso». Ma a quanto pare sta evitando di sfidare Stati Uniti e Unione europea su questo fronte: le sue aziende statali non stanno comprando più gas e petrolio dai russi.
I grandi gruppi cinesi non hanno aumentato la richiesta
Si parla molto in Occidente della possibilità che la Russia dirotti sul mercato cinese (e poi su quello indiano), a prezzo scontato, le forniture di gas e petrolio sottoposte a sanzioni dagli europei. Prima della guerra, la Cina che è il primo compratore di petrolio al mondo importava 1,6 milioni di barili al giorno dalla Russia (il 15% del suo fabbisogno) e 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, perlopiù oleodotti e gasdotti che operano in base ad accordi intergovernativi.
Siccome neanche gli europei possono permettersi di rinunciare completamente e immediatamente alle forniture russe, la richiesta pressante a Pechino è di non colmare il buco alzando la domanda. All’agenzia Reuters risulta che i grandi gruppi petroliferi cinesi stanno onorando i contratti già in atto con Mosca, ma evitano di sottoscriverne di nuovi, nonostante l’offerta di sconti notevoli. Guardando ai contratti per il mese di maggio, si osserva che i raffinatori statali di Pechino (Sinopec, Cnooc, PetroChina e Sinochem) non hanno aumentato la richiesta.
Anche la «neutralità economica» di Pechino avrebbe un prezzo
Il dossier però è complesso. Gli analisti fanno notare che al momento la seconda economia del mondo non ha alcun bisogno di accrescere le forniture di idrocarburi, perché l’attività industriale ha rallentato a causa dell’ondata di Covid-19 che ha aggredito la Cina. E quando la produzione riprenderà a tirare, se i raffinatori cinesi si rivolgessero ad altri fornitori, in ossequio alla richiesta occidentale di non aiutare la Russia, i prezzi sul mercato internazionale salirebbero ancora.
Insomma, anche la «neutralità economica» di Pechino avrebbe un prezzo che alla fine pagherebbero gli europei. C’è un’altra mossa di Pechino, che va in direzione opposta anche se non viola le sanzioni occidentali. I cinesi hanno cominciato a pagare in yuan carbone e greggio in arrivo dalla Russia. Da tempo a Pechino cercano di inserire la loro moneta come alternativa al dollaro nei commerci internazionali. Ma senza successo: il dollaro è utilizzato nell’88% delle transazioni in valuta estera, mentre lo yuan (o renminbi) resta a quota 4,3%.
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, 2022-04-07 13:10:00, Sinopec, Cnooc, PetroChina e Sinochem, ovvero le maggiori aziende cinesi raffinatrici e importatrici di petrolio, non hanno effettuato nuovi acquisti da Mosca , Guido Santevecchi