La classe non si gestisce, si costruisce – Tuttoscuola,

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Di Claudio Girelli

Un anno scolastico che inizia è segnato da gesti e volti. Le riunioni collegiali, la programmazione, la preparazione di materiali, la scuola che inizia, i primi giorni… gesti che si ripetono, volti che si ritrovano, voci che s’intrecciano. L’incontro con nuove classi è sempre un’incognita. Anche quelle che già si conoscono ogni anno si ridisegnano; non solo per nuovi arrivi o partenze, ma per le esperienze di vita che ognuno attraversa. Alunni, genitori, insegnanti, ognuno porta con sé aspettative, preoccupazioni, pensieri, emozioni che mette in gioco nell’interazione con gli altri. Ogni nuovo anno è sempre un nuovo inizio, una possibilità; nel suo accadere c’è però anche il già fatto e detto, l’imbrigliare l’oggi e il domani con l’ieri. Quale anno sarà? Come andrà? Cosa ci aspettiamo possa accadere dipende anche dai nostri occhi, dallo sguardo di ognuno che s’intreccia con gli altri. Certamente molti fattori lo condizioneranno, e non sono irrilevanti, eppure lo spazio delle relazioni vive di una libertà, di una possibilità irriducibile, tranne che siano gli stessi protagonisti a non volerla, a rinunciarvi. 

Sguardi diversi generano contesti diversi

Ogni insegnante entrando a scuola si muove in essa, compie delle azioni, incontra altre persone; apparentemente i comportamenti propri del ruolo si richiamano, ma il loro significato e la loro efficacia possono essere profondamente diversi. Dipende dallo sguardo che ognuno ha su di sé, sul proprio essere insegnante, sugli alunni e colleghi che incontra. Alcuni pensano che gli alunni vadano a scuola per imparare e, mentre fanno questo, instaurino relazioni con gli adulti, con gli altri alunni, crescano. In primo piano vengono messe le ‘cose’ da imparare, il resto accade. Invece è vero il contrario: a scuola gli alunni vivono, instaurano relazioni e, mentre fanno questo, apprendono. Non è la stessa cosa; è un’altra prospettiva che richiede intenzionalità nel promuovere ambienti relazionali capaci di educare istruendo. Nella prima prospettiva, la classe è vista puramente come un contenitore nel quale avviene l’insegnamento, l’apprendimento e la crescita sono altro, mentre nella seconda, la classe è uno spazio relazionale essenziale, la cui qualità non è scontata, ma da promuovere.

La classe non è un rumore di sottofondo

Rispetto al modo di vedere la classe, gli insegnanti corrono un grave rischio professionale: vedere la classe come un dato di fatto che costituisce un ostacolo al proprio lavoro, un fastidioso rumore di sottofondo da gestire. Certamente molte sono le classi disgregate; tanti sono i ragazzi che trovano nei rapporti con i loro compagni un ostacolo, piuttosto che un aiuto alla loro crescita. Ma non ci sono classi ‘buone’ o ‘cattive’ in sè; ci sono condizioni favorevoli ed altre che creano difficoltà. La vera differenza la fa però la consapevolezza che tutte le modalità relazionali e le decisioni inerenti la regolazione della vita della classe incidono in modo determinante sulla qualità del clima relazionale della stessa. Composta da un certo numero di alunni e di insegnanti, la classe è un dato di fatto sempre in divenire. All’inizio gli alunni di una classe sono solo un ‘aggregato’, non un gruppo. Con il tempo le relazioni tra loro si strutturano: il problema è la qualità del risultato.

La classe è un già e non ancora

Pensare la classe come un contesto di relazioni dove ognuno possa non solo imparare, ma anche ‘apprendere ad essere e a convivere’ costituisce l’orizzonte verso cui tendere e il criterio di giudizio da utilizzare nel leggere e progettare l’esperienza scolastica. La coesione del gruppo-classe, la positività delle relazioni all’interno della classe non sono perciò un punto di partenza, ma un obiettivo al quale continuamente tendere. Come per ogni persona, anche per la classe si tratta di costruirsi un’identità, il cui profilo dipenderà dalla qualità delle parole e delle azioni che danno vita a quello spazio relazionale. Le relazioni sociali che si strutturano all’interno di questo contesto ne costituiscono al tempo stesso la condizione e la conseguenza. La condizione perché esse formano lo sfondo che influenza le singole parole e azioni; la conseguenza perché le relazioni tra l’insegnante e gli alunni, e anche tra gli alunni stessi, risultano costantemente trasformate in un gioco di reciproche influenze. La positiva relazionalità che s’instaura all’interno della classe non è però frutto del ‘caso’, certamente incidono alcune variabili costitutive (rapporto maschi/femmine, scolarizzazione pregressa, maturità dei singoli…), ma il contributo determinante lo danno gli insegnanti con il loro modo d’intendere e di vivere l’esperienza scolastica.

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