La donna accusata della morte di Dugina: la figlia dodicenne, la fuga in Estonia. Cosa dicono i russi

La donna accusata della morte di Dugina: la figlia dodicenne, la fuga in Estonia. Cosa dicono i russi

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di Guido Olimpio

Mosca annuncia la soluzione del caso a tempo di record. Una Mata Hari con figlia al seguito arrivata da Kiev è la «versione perfetta». Ma mette in cattiva luce l’efficienza degli apparati di sicurezza russi

Mosca annuncia a tempo di record la soluzione dell’omicidio di Darya Dugina ed accusa – di nuovo – l’intelligence di Kiev. Una tesi — scontata — che può portare a conseguenze serie. Per gli inquirenti ad agire sarebbe stata Natalia Pavlovna Vovk, di nazionalità ucraina. L’FSB afferma che la donna, legata al Battaglione Azov, sarebbe arrivata nel paese in luglio insieme alla figlia dodicenne e avrebbe monitorato le abitudini della Dugina. La sua base d’appoggio era un appartamento in affitto. Compiuto l’attacco è fuggita in Estonia. Un lungo percorso parte di un’operazione complessa e ben pianificata. Almeno questo è ciò che ripetono dalla Russia. I servizi hanno diffuso al momento un video dove mostrano la principale sospetta quando entra in auto nel paese e alla sua partenza con relativi controlli, uno scambio di targhe della sua Mini (kazake al posto di quella ucraina), uno spezzone davanti ad un edificio.

Vedremo nelle prossime ore se il dossier si arricchirà di informazioni, da valutare e verificare. L’ordigno era composto da circa 400 grammi d’esplosivo collocati sotto il sedile del guidatore. Il Suv apparteneva alla figlia dell’ideologo nazionalista, quindi non vi sarebbe stato scambio di auto come detto in un primo momento. La bomba è stata attivata in remoto, ipotizzano fosse collegata ad un cellulare usa e getta. L’attentatore seguiva il bersaglio, ha chiamato il numero innescando la carica. Dettaglio che porterebbe ad escludere l’errore di persona.

Da dove viene l’esplosivo? Acquistato sul mercato nero del crimine? Portato da fuori? L’esplosione è avvenuta quando l’auto era sulla strada e non nel parcheggio dell’evento, altro dato che conferma come la Dugina fosse tenuta d’occhio. Un omicidio mirato senza conseguenze per eventuali passanti. La tattica di ordigni magnetici è molto diffusa, impiegata da tanti servizi segreti e gruppi estremisti. Perché puoi applicarli nel momento più favorevole, tuttavia non sono mancati episodi dove gli assassini l’hanno «inserita» da moto in corsa.

Il killer ha studiato il target. Darya aveva partecipato ad un evento insieme al padre. Si deve presumere che il veicolo sia rimasto incustodito e non fosse sorvegliato. Dall’altra parte non siamo al fronte ma nel cuore della Russia e la Dugina evidentemente non si sentiva minacciata. I media hanno sostenuto che le telecamere di sicurezza non funzionavano da due settimane. Casualità o manomissione? E la trappola è stata piazzata in questo punto o in precedenza?

La versione russa è perfetta. Mette insieme il nemico ucraino, il Battaglione Azov, la mano straniera, l’eventuale copertura all’estero, la scusa per una reazione. Tutto questo per superare con un balzo l’imbarazzo per un colpo duro all’immagine della sicurezza, con un personaggio di grande visibilità messo nel mirino. Una Mata Hari con figlia al seguito – era una copertura ideale, potranno dire – ha messo in scacco un apparato gigantesco addestrato a reprimere ogni forma di dissenso. Anche minimo. La narrazione portata avanti dagli ufficiali mette in cattiva luce dispositivi agguerriti – in patria come in Crimea -, un prezzo da pagare per dare un pretesto al neo-zar. E l’accusa alla Pavlovna è un modo anche per allontanare le piste alternative. Insieme a quella che coinvolgeva l’Ucraina sono state considerate una faida interna nel mondo dell’estremismo, la provocazione, l’azione di presunti resistenti russi, l’Esercito repubblicano nazionale. Già domenica, però, molti esperti si erano detti certi che Mosca avrebbe addossato tutte le responsabilità su Kiev.

Siamo sempre in una nebulosa, facile mescolare le carte, confondere, alimentare voci. La donna ricercata magari potrebbe sapere qualcosa o essere periferica all’attentato. Non è comunque una buona aria per gli eredi del Kgb. Se l’FSB – annotano i commentatori – dice il vero significa che è stato beffato, a maggior ragione con tutta i dati che ha rilanciato in poco tempo. Se, invece, la sua è una bugia vuol dire che non è neppure riuscito a imbastire un canovaccio credibile. E non sarebbe la prima volta come ricordano le tracce lasciate in molte operazioni in Europa durante gli ultimi anni.

22 agosto 2022 (modifica il 23 agosto 2022 | 07:25)

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