di Giovanni Caprara
L’Agenzia spaziale europea ha dovuto sospendere il lancio della sonda Exomars con a bordo il rover Rosalind Franklin. Una missione sostenuta al 40% dall’Italia
L’invasione russa dell’Ucraina sta paralizzando e mettendo in crisi, come inevitabile conseguenza, anche le attività spaziali europee e americane condotte in collaborazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos. L’ultima decisione in ordine di tempo è stata espressa venerdì 17 dal consiglio dei ministri che sovrintendono l’agenzia spaziale europea Esa, il cui direttore generale Josef Aschbacher alla fine dei colloqui ha confermato quanto era già stato anticipato. Il lancio della sonda Exomars con a bordo il rover Rosalind Franklin che doveva essere effettuato in settembre è sospeso in attesa di adottare misure alternative adeguate. Il rover doveva essere depositato sulla superficie del Pianeta Rosso da un veicolo di sbarco russo e la sonda partiva dal poligono di Baykonur in Kazhakstan con un razzo russo Proton. L’Europa lavora da circa vent’anni alla missione sostenuta al 40% dall’Italia e ora deve affrontare un nuovo rinvio dopo quello deciso nel 2020 per i problemi non ancora risolti dei paracadute di sbarco.
Le ritorsioni
Nei giorni scorsi il direttore di Roscosmos Dmitri Rogozin aveva fatto sapere che il razzo era pronto ad accogliere la sonda nonostante le minacce di tagliare i ponti spaziali con l’Occidente manifestate nelle scorse settimane. Queste si erano manifestate concretamente su varie attività in corso e Rogozin aveva bloccato il lancio dalla Guyana francese con un razzo russo Soyuz dei satelliti della società inglese OneWeb ma anche altri lanci, come i satelliti di navigazione europei, il Gps Galileo, che dovevano avvenire nei prossimi mesi. Intanto la Germania aveva spento il suo strumento imbarcato sul satellite astronomico russo “eRosita” dedicato all’osservazione delle sorgenti X dell’Universo. In programma, sempre l’Esa europea, aveva la partecipazione alla sonda russa Lunik con una trivella italiana per esplorare il sottosuolo e pure questa subiva un inevitabile blocco. Con la Nasa, inoltre, Roscosmos stava lavorando da alcuni anni alla sonda Venera-D che prevedeva un modulo di sbarco sulla superficie venusiana ma Rogozin definiva “ìnappropriata” la continuazione della collaborazione. Sul fronte americano, poi, l’agenzia Roscosmos bloccava la fornitura dei motori prodotti dall’industria russa necessari ai vettori americani Atlas e Antares e frutto di un’economia aperta tra le due nazioni maturata dopo il crollo dell’Urss. «Che volino sui loro manici di scopa» diceva sprezzantemente Rogozin annunciando il provvedimento. Ma da parte statunitense la risposta era priva di preoccupazione e precisava che i motori per le missioni previste erano già stati acquisiti e presenti sul territorio americano.
I propulsori di Jeff Bezos
Intanto entro l’anno entreranno in servizio i nuovi propulsori BE-4 prodotti da Blue Origin di Jeff Bezos, il patron di Amazon, e concepiti proprio per sostituire quelli russi dell’Atlas nel nuovo vettore americano Vulcan quasi sulla rampa per il primo lancio. Più articolata e complessa è la situazione per la stazione spaziale internazionale. Ieri partiva per la ISS, per la prima volta, un equipaggio tutto russo con tre cosmonauti per dare il cambio all’equipaggio misto che rientrerà il 30 marzo con una Soyuz russa sulla quale ci sarà anche l’astronauta americano Mark Vande Hei diventato un recordman perché conquisterà una permanenza sulla ISS di 355 giorni, la più lunga di un americano. Nei giorni scorsi correvano voci discordi tra cui l’ipotesi che venisse lasciato sulla Stazione. Ma poi è arrivata la conferma di un rientro normale. Intanto la Nasa stava già trattando con Roscosmos per i prossimi lanci con le proprie navicelle Dragon Crew l’ospitalità di un cosmonauta russo in cambio di un astronauta che tornava a volare su una prossima capsula russa Soyuz. Era un segno di consolidamento dei rapporti legati alla ISS e ai suoi sviluppi futuri, vista la data stabilita del 2030 come fine dell’attività della base, per raggiunti limiti di età. Ma dopo l’invasione proprio la ISS era il primo bersaglio delle iniziali schermaglie spaziali tra Mosca e Washington, con Mosca che minacciava l’abbandono.
Il futuro
Lassù, intanto, si continua a lavorare normalmente e il 15 aprile arriverà anche Samantha Cristoforetti che non avrà problemi perché parte con il veicolo statunitense. L’anno scorso i russi agganciavano anche due nuovi moduli ma i segni di cedimento su un altro modulo sempre russo concretizza la necessità di pensare al futuro. E il futuro della collaborazione cosmica tra Occidente e Russia sarà certamente diverso dopo l’invasione dell’Ucraina se al Cremlino continuerà a regnare lo zar Putin. Prima di tutto perché nuovi segni lo dimostrano. Tra questi il nuovo orientamento sempre più concreto nella collaborazione Mosca-Pechino siglata nel marzo scorso e proiettate alle prossime attività abitate intorno e sulla Luna; in parallelo agli analoghi piani occidentali sviluppati nell’ambito del programma Artemis. Per la stazione spaziale, Rogozin, proprio come conseguenza dell’impossibile rapporto verso la Luna nel programma Artemis al quale era stato invitato a partecipare, aveva pronunciato sentenze minatorie sostenendo che presto i moduli russi della ISS sarebbero stati staccati per formare una stazione autonoma tutta russa intorno alla Terra. Ma oltre le minacce c’è una realtà da considerare. Lo spazio moscovita in questi anni non è riuscito dopo il crollo dell’Urss a riconquistare gli antichi splendori del remoto passato restando indietro su molte tecnologie soprattutto elettroniche. Inoltre, il mondo spaziale russo è stato danneggiato da una cattiva gestione e da appropriamenti indebiti denunciati dallo stesso Putin il quale ha preferito sostenere più intensamente l’industria degli armamenti. Nel rapporto con la Cina, comunque, ad essere in evidente vantaggio nelle capacità sono i cinesi e Mosca gioca un ruolo di secondo piano. Lo scenario spaziale dunque è in profondo e accelerato cambiamento a causa dell’invasione dell’Ucraina. Difficile immaginare per il momento i grandi passi dell’”intesa cordiale” tra Nixon e Breznev che portava nel 1975 gli astronauti americani e i cosmonauti sovietici ad unire le loro navicelle Apollo-Soyuz stringendosi la mano in assenza di gravità. Oppure gli stretti legami tessuti dopo la fine del comunismo sovietico per costruire assieme la Stazione Spaziale Internazionale. La situazione, tuttavia, è in evoluzione e tutto dipenderà da come il mondo uscirà dalla crisi ucraina anche se si delinea ormai una nuova corsa allo spazio con Oriente e Occidente contrapposti, allontanando la prospettiva ipotizzata di una conquista di Marte sotto l’unica bandiera del Pianeta Terra.
19 marzo 2022 (modifica il 19 marzo 2022 | 13:26)
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, 2022-03-19 12:27:00, L’Agenzia spaziale europea ha dovuto sospendere il lancio della sonda Exomars con a bordo il rover Rosalind Franklin. Una missione sostenuta al 40% dall’Italia, Giovanni Caprara
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