ServizioLa sentenza
Tribunale di Roma: ministero condannato a inserire nella seconda fascia delle Graduatorie di circolo e di istituto e nella prima fascia delle Gps alcuni aspiranti docenti non abilitati ma solo laureati
di Pietro Alessio Palumbo
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Con sentenza del 22 marzo scorso il Tribunale di Roma ha condannato il ministero a inserire nella seconda fascia delle Graduatorie di circolo e di istituto e nella prima fascia delle Gps alcuni aspiranti docenti non abilitati ma solo laureati e in possesso dei 24 cfu nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologiche. Secondo il Giudice romano la disciplina europea non preveda alcun titolo abilitativo per insegnare e le «procedure abilitative» sono, in realtà, mere procedure amministrative di reclutamento che consentono di «programmare gli accessi» nella scuola. Secondo le Direttive comunitarie ciò che vale ai fini dell’inserimento nelle fasce di istituto è invece il (solo) titolo di studio.
Il dispositivo
A ben vedere – evidenzia il Tribunale di Roma – la «irrilevanza» della cosiddetta «abilitazione all’insegnamento» la si deduce dalla stessa lettera della legge 107 (Buona scuola) laddove stabilisce che il dirigente scolastico può conferire incarichi anche a docenti che siano sprovvisti dei titoli di abilitazione. E ciò sembra significare che il legislatore interno ha inteso proprio attuare le direttive comunitarie, non richiedendo più l’abilitazione all’insegnamento quale requisito di svolgimento della professione.
Le deduzioni
Secondo il Tribunale di Roma è quindi possibile dedurre che: a) le disposizioni comunitarie impongono il possesso di idonea «qualifica professionale» al fine dell’esercizio di una «professione regolamentata», quale quella di docente nel sistema scolastico pubblico italiano, e tale requisito è condizione necessaria ed al tempo stesso sufficiente all’esercizio della stessa; b) I titoli accademici conseguiti in Italia, in quanto Stato membro dell’Unione europea, rientrano nella definizione di «titolo di formazione» e quindi di «qualifica professionale» utile all’esercizio della «professione regolamentata»; c) I termini di «abilitazione» e «idoneità» non rientrano tra le definizioni adottate dalle direttive comunitarie o dai relativi decreti di attuazione e devono ritenersi sostituiti dalla più generale definizione di «qualifica professionale» adottata dalla normativa dell’Unione europea; d) Le procedure definite «abilitanti» dallo Stato italiano non rientrano nelle definizioni di «qualifica professionale», adottate dalle disposizioni europee poiché non rappresentano, ai sensi delle stesse, una «formazione regolamentata», ma un semplice procedimento gestionale appartenente all’ambito di una modalità di arruolamento, attuato in forma non esclusiva dallo Stato italiano, posto che il diritto all’esercizio della professione avviene non in virtù di tali procedure, ma in virtù di idoneo titolo di accesso conseguito secondo le vigenti disposizioni di legge. In altri termini, il titolo non è altro che la «qualifica professionale» conseguita secondo la normativa dell’Unione europea. Vi è pertanto assoluta equivalenza tra possesso dell’abilitazione specifica e possesso congiunto della laurea con i 24 Cfu psicoantropo-pedagogici e nelle metodologie didattiche.
, 2022-05-04 08:32:00, Tribunale di Roma: ministero condannato a inserire nella seconda fascia delle Graduatorie di circolo e di istituto e nella prima fascia delle Gps alcuni aspiranti docenti non abilitati ma solo laureati, di Pietro Alessio Palumbo