La lettera di Primo Levi a  Philip Roth: «Esageratamente orgoglioso che tu voglia leggere “La chiave a stella”»

La lettera di Primo Levi a Philip Roth: «Esageratamente orgoglioso che tu voglia leggere “La chiave a stella”»

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di Christian Benna

Nel nuovo saggio di Francesco Samarini emergono documenti e lettere inedite che approfondiscono la natura del rapporto tra i due grandi scrittori

«Caro Philip Roth, perfetto, ti prendiamo in parola, aspettiamo la tua visita qui quando vuoi: non ci spostiamo se non eccezionalmente (l’unica eccezione di quest’anno è stato il nostro viaggio a Londra). Mi sento esageratamente orgoglioso che tu mi abbia chiesto di leggere “La chiave a stella”. Ho telegrafato immediatamente la tua richiesta all’editore, così spero che le bozze siano ora nelle tue mani». È il primo giugno 1986 quando Primo Levi spedisce questa lettera a Philip Roth, da cui nasceranno tre giorni di conversazioni nella sua casa di corso Re Umberto 76, pubblicate nell’ottobre dello stesso anno dallo scrittore americano su «The New York Times Book Review». Questo incontro, umano prima ancora che letterario, è il cuore del nuovo saggio di Francesco Samarini: «Philip Roth e l’Italia. Storia di un amore incostante»; nel quale il docente del Dickinson College riporta alla luce diversi documenti e lettere inedite.

«I due autori si erano conosciuti e apprezzati a Londra grazie alla giornalista Giovanna Servadio — spiega Samarini — Roth aveva vissuto in Italia negli anni sessanta, adorava Cesare Pavese e Carlo Levi, ma Primo era il punto di riferimento che cercava e forse di cui aveva bisogno». L’autore del Lamento di Portnoy, con cui aveva provocato scandalo e altrettanti incassi in libreria, all’epoca viveva sei mesi in America e sei a Londra, con la moglie Claire Bloom. «Roth insisteva. Avrebbe voluto ospitare Levi a New York, ma lui era irremovibile, non voleva spostarsi». Un venerdì di settembre, scrive Roth, «sono arrivato a Torino. Ho chiesto a Primo Levi di mostrarmi la fabbrica chimica dove ha lavorato». Si cementa così, in modo inusuale tra gli odori e i rumori della fabbrica, l’amicizia tra i due scrittori, all’interno dello stabilimento della Siva di Settimo Torinese.

«Levi, in pensione da qualche anno, si fa accompagnare dalla figlia del titolare perché teme che il suo inglese non sia all’altezza — spiega Samarini — in realtà parla solo lui. La fabbrica è il suo ambiente perché risponde all’idea del lavoro che ha senso e che permette la realizzazione dell’uomo il contrario del lavoro di Auschwitz». Secondo Samarini l’etica del lavoro e l’etica della letteratura è il riferimento che Philip Roth cerca e trova nell’incontro con Levi. «La città di Torino scompare come in una nebbia. Roth ricorda poco o nulla di quelle giornate se non il volto di Primo Levi». Levi conosce poco l’opera di Roth, ha letto solo il Lamento di Portnoy, e si rammarica di non aver tempo di leggere gli altri libri. «Sono stato obbligato ad abbandonare temporaneamente Zuckerman poiché sono (per l’ultima volta nella mia vita: lo giuro) nella giuria del Premio Viareggio, devo compendiare un romanzo più una raccolta di poesie al giorno per tutto il mese in corso. È un compito deprimente, che intasa tutti i filtri e avvelena tutti gli stimoli. Mai più!».

I tre giorni delle conversazioni torinesi diventano capitoli di letteratura, Primo Levi verrà citato più volte nei libri di Roth, e i personaggi del Lamento compariranno nei racconti Il vizio di forma. Il suicidio di Levi devasta l’autore di Pastorale americana. «Roth non solo perde un punto di riferimento ma teme di non aver capito l’uomo. Comincia a ritenere che sia impossibile capire gli altri». Il saggio si chiude con la lettera (datata 21/5/87) di Lucia, moglie di Levi, a Roth. «Caro Philip: ho ricevuto la tua lettera a Primo con l’intervista e, poi, la tua amorevole memoria della tua visita a Torino in settembre. Conosco l’emozione e la grande felicità che Primo provò nell’incontrare te e Claire, e ricordo anche il tuo incontro con Primo a Londra: fu un momento di pace. Sono grata per la stima e l’amicizia che senti per Primo. La sua tragica morte ci ha lasciati profondamente angosciati: soffriva di una depressione molto profonda ed era fisicamente indebolito a causa dei postumi di un’operazione chirurgica. Ma non riesco a capire la sua terribile scelta».

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4 settembre 2022 (modifica il 4 settembre 2022 | 20:39)

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, 2022-09-05 13:31:00, Nel nuovo saggio di Francesco Samarini emergono documenti e lettere inedite che approfondiscono la natura del rapporto tra i due grandi scrittori , Christian Benna

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