Sarebbe certamente contento il professore Domenico De Masi delle nuove frontiere digitali che tappa dopo tappa la Scuola italiana sta attraversando con successo. Il noto sociologo, recentemente scomparso, era infatti un grande sostenitore dell’importanza delle nuove tecnologie, sia come supporto e fondamento della didattica che nella vita di tutti i giorni. In un’intervista rilasciata a Rai Scuola oltre quindici anni fa, De Masi non credeva costituisse un problema il fatto che i docenti non avessero conoscenze adeguate in ambito tecnologico e che gli alunni, molto spesso, ne sapessero di più. Con una metafora cinematografica, il sociologo immaginava un docente regista e coordinatore di attività in cui i tecnici (luci, suoni, costumi) avevano molte più competenze rispetto a lui. Una sorta di democratizzazione del rapporto docente-alunno, in cui nessuno dei due si senta frustrato ma trasmetta all’altro le sue conoscenze.
Proprio in questi giorni La Repubblica ci informa che a Milano e più in generale in tutta la Lombardia c’è da un lato l’impegno delle istituzioni a connettere con banda ultra larga tutti gli istituti e dall’altro quello dei docenti a sperimentare nuove didattiche multimediali ad alta tecnologia. In alcuni istituti milanesi, ad esempio, i professori sono stati formati dal Museo della scienza, e potranno, così, potenziare le loro metodologie sia in ambito scientifico che umanistico.
Moltissime le esperienze riportate dall’edizione milanese di Repubblica: dai videogiochi per studiare matematica e fisica ai supporti digitali per superare divari culturali e distanze, la tecnologia è ormai una risorsa determinante per le scuole, chiamate però a insegnare ai giovani come utilizzare gli strumenti digitali. Perché, checché se ne dica, i giovani saranno sì in grado di usare come si deve un video gioco o un canale social, ma per un utilizzo cosciente, critico e ragionato, affinché lo strumento digitale abbia ricadute importanti a livello didattico in termini di competenze stabili, la guida del docente è determinante.
Il potenziamento delle nuove tecnologie, della banda larga e del digitale – continua il quotidiano – si rivela fondamentale per le piccole scuole difficili da raggiungere (in Lombardia sono quasi mille, specie in montagna) perché riduce le distanze.
Non solo, il valore aggiunto di queste nuove forme di didattica lo si vede nel momento in cui occorre trovare percorsi efficaci per tanti ragazzi provenienti da altri Paesi: per loro, una didattica tradizionale sarebbe quasi certamente fonte di esclusione, la tecnologia consente invece di superare le barriere della lingua, soprattutto quella scritta, e di apprendere più facilmente.
Le nuove tecnologie non funzionano soltanto in ambito scientifico, matematico, tecnologico. Videogame e podcast sono utilizzati con profitto anche dai docenti di Italiano e Latino. Tornando al professore De Masi, il suo ideale sarebbe che il sapere di ogni docente non fosse perimetrato all’interno della propria disciplina di insegnamento, ma si allargasse in altri campi.
Intervistato, infatti, da Automation Technology, rivista internazionale di tecnologie industriali e gestione di impresa, De Masi sosteneva che è “importantissimo che gli umanisti conoscano molta cultura scientifica e che gli scienziati conoscano molta cultura umanistica.” Aggiungeva che avrebbe trovato scandaloso che un sociologo o un filosofo non conoscessero il secondo principio della termodinamica o che un ingegnere non sapesse chi è Shakespeare. “Siamo in una società – aggiungeva De Masi – in cui occorre assolutamente una forte padronanza in entrambi i domini del sapere.
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