La ministra Fedeli a Tuttoscuola parla di dispersione scolastica

La ministra Fedeli a Tuttoscuola parla di dispersione scolastica

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La dispersione scolastica è la grande assente del dibattito sul futuro della società

 

Dopo otto anni, è stato firmato il nuovo contratto. Tuttoscuola ha scritto: “Lo sblocco dei contratti del pubblico impiego, ma in particolare di quello della scuola, segna il successo della strategia di raffreddamento della conflittualità e del rancore sociale, che costituisce l’asse strategico del governo Gentiloni”. È d’accordo?
«Condivido. Trovare i punti che uniscono, favorire il superamento delle tensioni e dei conflitti: questo è stato il mio mandato. Ovviamente ci vuole ancora del tempo per sanare il rancore che purtroppo si è diffuso nel corpo sociale e anche nella scuola, ma la strada scelta dal Governo è giusta: non adottare scelte politiche, linguaggi, comportamenti che incitino alla contrapposizione. Quando si hanno responsabilità istituzionali, vanno alimentate le convergenze, bisogna lavorare a ciò che unisce, non a ciò che divide».

A proposito di qualcosa che divide (peraltro quasi solamente in Italia…), sin dai tempi della Costituzione: la parità scolastica. Sembrano ormai mature le condizioni per riorganizzare il sistema di finanziamento della scuola pubblica, formata dalle scuole statali e da quelle paritarie, sulla base di un parametro unitario, costituito dal costo standard. Lei ha avviato un gruppo di lavoro per la definizione del costo standard di sostenibilità per gli studenti, presieduto da Luigi Berlinguer. Ritiene che questo modello potrebbe essere adottato nella prossima legislatura?
«Abbiamo bisogno di dare gambe dal punto di vista qualitativo, oltre che economico, al sistema pubblico di istruzione. Il costo standard è un punto necessario, ma va accompagnato da un dibattito. È una cosa molto seria che mi auguro venga affrontata approfonditamente nella prossima legislatura».

Parliamo della più dolorosa piaga della scuola italiana, gli abbandoni. Il dossier di Tuttoscuola “Dispersione scolastica, l’emorragia che indebolisce il Paese”, ha calcolato che in 10 anni hanno abbandonato la scuola secondaria superiore statale ben un milione e 800 mila studenti e che il costo sostenuto per formarli, senza raggiungere l’obiettivo di completare il loro ciclo di istruzione, è stato enorme: 27 miliardi di euro. Per non parlare dei costi sociali per le vite “segnate” di questi ragazzi senza istruzione e quindi in larga parte senza futuro.
È vero, c’è da anni un trend in miglioramento, che si è consolidato quest’anno. Ma restano numeri impressionanti, che purtroppo continuano a scorrere davanti ai nostri occhi: secondo le nostre stime, dei circa 500 mila studenti che si sono appena iscritti al primo anno delle superiori statali, se non si prenderanno ulteriori provvedimenti a livello di Sistema paese per cambiare le cose, oltre 100 mila non arriveranno all’ultimo anno delle superiori. Ci si aspetterebbe che tutto ciò fosse al centro delle preoccupazioni del paese. Eppure la dispersione scolastica è la grande assente di questa campagna elettorale…
«È vero. La dispersione scolastica è la grande assente del dibattito sul futuro di questa società, che deve essere costruita sulla conoscenza. Altra assente è l’educazione degli adulti. Dove vogliamo portare questa società? Servono investimenti che riflettano una visione di sistema».

Abbiamo visto che ha fatto tante cose in 14 mesi come ministra dell’Istruzione. Cosa si rammarica di non essere riuscita a fare ad oggi?
«Mi rammarico di non aver avuto il tempo di sedimentare alcune cose e in particolare di costruire un confronto e una comparazione vera con la situazione dei sistemi di istruzione degli altri paesi europei. Ritengo che la scuola italiana non sia messa affatto male nel confronto, tutt’altro. Inoltre mi sarebbe piaciuto introdurre l’Erasmus curricolare nelle scuole superiori: sarebbe stato – e sarebbe – un investimento sulla qualità formativa per tutti, non solo per chi ha più opportunità».

Per gli studenti?
«Sì, ma non solo. Anche per i docenti!».

Fonte dell’articolo: Tuttoscuola.com



Pietro Guerra

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