La musica come materia interdisciplinare entra in tutte le discipline, ma deve essere insegnata bene. INTERVISTA ad Angelo Mirante direttore della Eko Orchestra

La musica come materia interdisciplinare entra in tutte le discipline, ma deve essere insegnata bene. INTERVISTA ad Angelo Mirante direttore della Eko Orchestra

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Cresce sempre più la convinzione dell’importanza dell’insegnamento musicale a scuola soprattutto in questa fase post-pandemica dove i ragazzi iniziano a manifestare le difficoltà vissute spesso con comportamenti negativi. Può essere la musica uno strumento per veicolare queste energie trasformandole in azioni positive? Ne abbiamo parlato con il Professor Angelo Mirante, docente di chitarra presso la scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale e direttore della “Eko Orchestra”.

Professor Mirante, l’educazione musicale a scuola è sempre stata vista come una materia complementare, possiamo dire di poca rilevanza. Oggi la musica ha avuto una profonda rivalutazione per tutti gli effetti benefici che produce, dallo sviluppo della creatività agli effetti sulla salute. Lei che incontra quotidianamente i suoi allievi in classe, ci dice qual è il rapporto con la musica dei giovani soprattutto in un ambiente scolastico?

La materia della musica è un qualcosa che si insegna a scuola me è presente in tutti gli aspetti della nostra giornata, sviluppa la creatività ma sviluppa soprattutto un aspetto cardine della vita scolastica di oggi che è l’interdisciplinarietà, anche grazie all’autonomia scolastica. La musica riesce ad entrare in tutte le materie, non solo per il codice musicale delle note, ma anche per quelli che sono gli aspetti architettonici della musica che hanno a che fare e afferiscono, ad esempio, con gli aspetti del crescere e del decrescere, oppure dell’effetto sorpresa. Questi aspetti li possiamo troviamo in materie artistiche, ovviamente, come nell’arte figurativa, ma anche nelle materie più tecniche come la letteratura e la matematica. È una materia che certamente sviluppa la creatività, riesce ad essere un veicolo per i ragazzi dei loro messaggi più intimi, per quello che loro vogliono portare a conoscenza e quindi esternare. Quest’ultimo aspetto rappresenta un valore antico della musica, quello di medicina dell’anima, perché riesce a curare l’animo di ognuno di noi, sia di chi fa musica che di chi ascolta musica.

Lei dirige la “Eko Orchestra”, un’orchestra di sole chitarre, dove il lavoro di gruppo è fondamentale. Questo approccio, che in ambito educativo potremmo definire di Cooperative Learning, potrebbe essere una via per imparare agli alunni a lavorare insieme in modo piacevole?

Assolutamente sì. Nella mia esperienza ho avuto l’occasione di realizzare un’orchestra di chitarre, che è un po’ un ossimoro perché è qualcosa di atipico, però l’idea era quella di sviluppare il terzo stadio della musica, ovvero la parte performativa. In qualsiasi materia abbiamo le fasi di studio e di ripetizione, che sono doverose, però bisogna anche dare la possibilità di vivere l’esperienza della musica agli alunni, di metterli davanti ad un pubblico, fargli vivere l’esperienza del palco, per poi renderli protagonisti nell’esibizione. A differenza dello sport, dove nella maggior parte dei casi generalmente vince chi arriva primo, nella musica si vince se si arriva tutti insieme. L’aspetto della cooperazione è fondamentale, a mio vedere, perché mentre nella collaborazione può esistere una competizione, nella cooperazione si lavora tutti insieme affinché tutti insieme si arrivi allo stesso risultato. Quindi accade anche che si vadano a compensare delle piccole lacune dei propri compagni di reparto dell’orchestra per arrivare tutti insieme allo scopo finale che è la riuscita del brano e della musica ovviamente. Quindi è di fondamentale importanza sviluppare gli aspetti del Cooperative Learning non solo per quanto riguarda gli aspetti puramente tecnici, ma anche per sviluppare gli aspetti legati alla sfera emotiva, che porti a coinvolgere i ragazzi e stimolarli facendoli sentire parte di un gruppo.

Il Maestro Uto Ughi ha più volte sottolineato il problema di una maggiore importanza della musica a scuola, ma ha anche affermato che è un’arma a doppio taglio, se insegnata bene risulta un valore importante per la crescita di ogni singolo alunno, ma se insegnata male può risultare distruttiva. Qual è il giusto approccio da adottare?

Quello che dice il Maestro Uto Ughi è vero, la materia della musica è qualcosa di fondamentale, oserei dire qualcosa di vitale, però non bisogna soffermarsi solamente all’insegnamento del codice, ovvero note e durata e quindi all’esecuzione, perché la musica ha tanti parametri da sviluppare come l’ascolto, l’analisi musicale, ma soprattutto l’interdisciplinarietà, come abbiamo accennato in precedenza. Sviluppare queste conoscenze, queste abilità, fa sì che poi ogni alunno, ogni ragazzo, ma direi ognuno di noi, anche al di fuori dell’ambiente della scuola, ha delle competenze da poter sviluppare in musica, come ad esempio riconoscere se in un brano c’è una crescita oppure una decrescita, sia a livello di volume del pezzo che a livello di inserimenti di strumenti in un momento particolare della musica, se c’è un effetto sorpresa e via dicendo. L’insegnamento della musica deve essere qualcosa di larghe vedute, dove l’alunno è al centro della materia e deve essere il più possibile pronto ad apprendere quelle caratteristiche che la musica ci invita a conoscere. Boezio diceva che la musica è intorno a noi, anche se usciamo di casa e sentiamo il vento passare tra i rami degli alberi, oppure sentiamo in lontananza un campanile, anche quella è musica. Sta a noi aprirci il più possibile al messaggio musicale che non deve essere fatto soltanto di codici e conoscenze. Tornando alla domanda, non ho una ricetta in tasca per l’insegnamento della musica, ogni volta bisogna mettersi in gioco ed essere in grado di coinvolgere, e anche coinvolgersi con gli alunni, in quelle che sono le loro esigenze musicali per poi portarle, il più possibile, anche ad una dimensione filosofica che possa diventare utile nella vita di tutti i giorni.

Chiudiamo con un’ultima domanda. Il dominio musicale è fortemente interconnesso con altri domini come ad esempio quello linguistico e quello cinestetico. Nel ballo il corpo si muove a ritmo di musica, ma anche quando facciamo attività fisica ascoltando una canzone si tende ad adottare il ritmo della musica che si sta ascoltando. Ci aiuta a capire quanto sono importanti questi aspetti per lo sviluppo della persona?

Sono fondamentali. Personalmente ho fatto della musica e degli aspetti della musica una filosofia di vita ma anche una filosofia politica. Quando frequentavo il conservatorio, negli studi ho avuto modo di conoscere un pedagogista, Boris Porena, che parlava dell’utopia possibile perché tramite la musica noi possiamo sviluppare quelli che sono temi cardini della scuola, ma anche della vita di tutti i giorni, e mi viene di pensare al tema dell’accoglienza. Porena parla di modulazioni musicali e modulazioni culturali, ovvero che dobbiamo essere in grado di aprirci e di conoscere le diversità culturali, di accogliere e allo stesso tempo essere in grado di parlare delle nostre conoscenze culturali. Questo aspetto fa sì che si sviluppi l’accoglienza scolastica e permette lo sviluppo di una cultura e di una scuola democratiche e innovative. Pensare ad una vita per la musica è qualcosa di antico, però pensare ad una musica per la vita può essere qualcosa che ci aiuti a capire come la musica debba essere presente tutti i giorni, nei vari momenti di ognuno di noi, come ha accennato lei nella domanda ad esempio facendo dello sport, oppure ascoltandola mentre facciamo altre attività, ma anche semplicemente facendo un puro ascolto della musica stessa. La musica la possiamo trovare ovunque, anche nell’ascoltare un bambino che inizia ad imparare a parlare, quella che è la lallazione, in quel momento lui sta facendo musica, oppure nell’arte oratoria, lì si fa musica. Quindi possiamo dire che la musica nasce già nel parlare quando si fa teso ed emotivo, questo vuol dire che sta a noi aprirci il più possibile al messaggio musicale e a quegli aspetti che la musica educa in ognuno di noi. Se riusciamo a fare questo credo che sia possibile vivere in modo migliore e stare meglio tutti insieme.

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