editoriale Mezzogiorno, 12 aprile 2022 – 07:51 di Giancristiano Desiderio La lettera di Antonio Bottiglieri, ex amministratore della Scabec, e l’inchiesta di Claudio Mazzone, con le fotografie di Francesco Paolo Busco, pubblicate nei giorni scorsi su queste colonne erano particolarmente istruttive. L’attento lettore le avrà notate: erano entrambe delle liste o degli elenchi. Ma con una differenza fondamentale: la “lista Bottiglieri”, chiamiamola così, era un elenco di festival organizzati dalla società regionale per rivendicare gli ottimi risultati ottenuti con la politica culturale voluta dal presidente Vincenzo De Luca, mentre la “lista Mazzone” intitolata “Napoli incompleta” mostrava un elenco, a sua volta incompleto, di cantieri fermi, restauri non ultimati, progetti provvisori, omissioni, abbandoni che testimoniano i fallimenti di tutta una serie di amministrazioni come Comune, Provincia, Regione e anche Ministero. La prima lista è positiva, tutta rose e fiori e appartiene alla categoria di chi se la canta e se la suona. La seconda è negativa, tutta cenere e carbone e rientra nella categoria della cronaca che scopre gli altarini. La lettera e l’inchiesta forniscono l’occasione per porre la seguente domanda: il compito di un’amministrazione pubblica è amministrare e curare il patrimonio o organizzare festival? La domanda è tutt’altro che retorica e riguarda non solo amministratori e politici ma anche intellettuali e giornalisti, scrittori e artisti, e tutti coloro che “fanno” cultura. Infatti, i primi sono molto disponibili – come dimostra la stessa esistenza della Scabec – a concepire il lavoro della moderna organizzazione culturale come una grande Pro Loco che inventa, crea, gestisce a ciclo continuo festival, mostre, concerti, spettacoli. I secondi, a loro volta, sono alla ricerca di fondi per finanziare idee, progetti, opere che altrimenti resterebbero sulla carta o in mente Dei. Però, il rapporto tra amministrazioni e addetti ai lavori, che riguarda quello più classico tra politica e cultura, se è concepito in questo modo non può fare altro che generare le perversioni del clientelismo politico e della sudditanza intellettuale. Non è un caso che proprio in Campania la politica culturale si è trasformata nel tempo nella gallina dalle uova d’oro alla quale un po’ tutti si rivolgono per avere il proprio ovetto. Sembra quasi di assistere a una sorta di via culturale al socialismo regionale o municipale. Allora, è bene dirlo con chiarezza: in Campania si fa un uso e un abuso della politica culturale che inevitabilmente procurano danni sia politici sia culturali ossia civili. La “lista Bottiglieri” e la “lista Mazzone” sono, da questo punto di vista, esemplari: se l’amministrazione pubblica ritiene che il suo compito sia festivaliero, allora, la cura del patrimonio culturale s’incamminerà da un lato verso il degrado e dall’altro verso il fallimento della sua gestione. Allo stesso modo, se gli intellettuali credono di dover essere finanziati dalle amministrazioni pubbliche, allora, da un lato si perderà l’indipendenza culturale e dall’altro il valore della cultura diventerà retorico. La cosiddetta “questione culturale”, che vale per la Regione e per il Comune di Napoli e per la stragrande maggioranza delle amministrazioni locali, è un nervo scopertissimo della Campania che in Italia rappresenta un caso di scuola del celebre detto di Giovenale: panem et circenses.. La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 12 aprile 2022 | 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-13 07:26:00, editoriale Mezzogiorno, 12 aprile 2022 – 07:51 di Giancristiano Desiderio La lettera di Antonio Bottiglieri, ex amministratore della Scabec, e l’inchiesta di Claudio Mazzone, con le fotografie di Francesco Paolo Busco, pubblicate nei giorni scorsi su queste colonne erano particolarmente istruttive. L’attento lettore le avrà notate: erano entrambe delle liste o degli elenchi. Ma con una differenza fondamentale: la “lista Bottiglieri”, chiamiamola così, era un elenco di festival organizzati dalla società regionale per rivendicare gli ottimi risultati ottenuti con la politica culturale voluta dal presidente Vincenzo De Luca, mentre la “lista Mazzone” intitolata “Napoli incompleta” mostrava un elenco, a sua volta incompleto, di cantieri fermi, restauri non ultimati, progetti provvisori, omissioni, abbandoni che testimoniano i fallimenti di tutta una serie di amministrazioni come Comune, Provincia, Regione e anche Ministero. La prima lista è positiva, tutta rose e fiori e appartiene alla categoria di chi se la canta e se la suona. La seconda è negativa, tutta cenere e carbone e rientra nella categoria della cronaca che scopre gli altarini. La lettera e l’inchiesta forniscono l’occasione per porre la seguente domanda: il compito di un’amministrazione pubblica è amministrare e curare il patrimonio o organizzare festival? La domanda è tutt’altro che retorica e riguarda non solo amministratori e politici ma anche intellettuali e giornalisti, scrittori e artisti, e tutti coloro che “fanno” cultura. Infatti, i primi sono molto disponibili – come dimostra la stessa esistenza della Scabec – a concepire il lavoro della moderna organizzazione culturale come una grande Pro Loco che inventa, crea, gestisce a ciclo continuo festival, mostre, concerti, spettacoli. I secondi, a loro volta, sono alla ricerca di fondi per finanziare idee, progetti, opere che altrimenti resterebbero sulla carta o in mente Dei. Però, il rapporto tra amministrazioni e addetti ai lavori, che riguarda quello più classico tra politica e cultura, se è concepito in questo modo non può fare altro che generare le perversioni del clientelismo politico e della sudditanza intellettuale. Non è un caso che proprio in Campania la politica culturale si è trasformata nel tempo nella gallina dalle uova d’oro alla quale un po’ tutti si rivolgono per avere il proprio ovetto. Sembra quasi di assistere a una sorta di via culturale al socialismo regionale o municipale. Allora, è bene dirlo con chiarezza: in Campania si fa un uso e un abuso della politica culturale che inevitabilmente procurano danni sia politici sia culturali ossia civili. La “lista Bottiglieri” e la “lista Mazzone” sono, da questo punto di vista, esemplari: se l’amministrazione pubblica ritiene che il suo compito sia festivaliero, allora, la cura del patrimonio culturale s’incamminerà da un lato verso il degrado e dall’altro verso il fallimento della sua gestione. Allo stesso modo, se gli intellettuali credono di dover essere finanziati dalle amministrazioni pubbliche, allora, da un lato si perderà l’indipendenza culturale e dall’altro il valore della cultura diventerà retorico. La cosiddetta “questione culturale”, che vale per la Regione e per il Comune di Napoli e per la stragrande maggioranza delle amministrazioni locali, è un nervo scopertissimo della Campania che in Italia rappresenta un caso di scuola del celebre detto di Giovenale: panem et circenses.. La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 12 aprile 2022 | 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,