l’editoriale Mezzogiorno, 4 agosto 2022 – 10:35 Il Sud visto da Svimez di Emanuele Imperiali I due cigni neri della pandemia e della guerra infliggono la mazzata definitiva al Mezzogiorno. La Svimez, nelle sue anticipazioni estive, stima a fine anno un Prodotto interno lordo (Pil) meridionale a +2,8%, contro il 3,6 del Centro-Nord. Ciò preoccupa il presidente Adriano Giannola e il direttore generale Luca Bianchi perché nel 2021 il Sud aveva non solo partecipato passivamente ma anche contribuito non poco alla ripresa economica dell’intero Paese. Se dagli aridi ma incontrovertibili numeri discendono le considerazioni, ebbene Campania e Puglia debbono fare i conti con prospettive tanto deludenti quanto incerte. La prima a fine 2022 segnerà +3,3%,che nel 2023 crollerà a + 1,7 per posizionarsi su +1,9 a fine 2024. Non molto diverso l’iter pugliese: +3,4% quest’anno, appena +1% il prossimo, 1,7 nel ‘24. Il Mezzogiorno in media va un po’ peggio (+2,8 a fine anno, + 0,9 il prossimo). E il Centro Nord surclassa entrambi con un Pil al +3,6 a fine anno in corso e a +1,7% il prossimo. Come interpretare questo susseguirsi di cifre e stime? La ripresa economica, che sembrava ben avviata dopo la fine della fase acuta della pandemia, rallenta. Emergono nuove e gravi emergenze sociali conseguenti in particolare al riemergere del mostro inflattivo che sembrava acquietato da molti anni. E che taglieggia soprattutto le fasce di popolazione meno abbienti meridionali. La Svimez prevede quest’anno per il Sud un picco del costo della vita a +8,4%. I fattori che lo mandano fuori controllo sono energia e beni di prima necessità: questi ultimi abbassano per forza di cose la qualità della vita a quel terzo di famiglie meridionali che debbono fare tutti i giorni i conti con le asperità della vita. Di qui un’evidente gelata dei consumi sul fronte meridionale che si ripercuote sulle imprese del Sud, le quali vedono assottigliarsi sia la domanda interna che quella estera in seguito alle turbolenze dei mercati internazionali per il protrarsi del conflitto russo ucraino. L’industria meridionale continua a tirare solo grazie all’edilizia, ma le recenti difficoltà sull’operato del Superbonus 110% mettono il bastone tra le ruote della ripresa settoriale. Per di più il Mezzogiorno paga anche nella competizione mondiale una maggiore inflazione frutto del caro trasporti per la posizione geografica che lo contraddistingue. In questo contesto non certo confortante, almeno l’occupazione tiene, ma si accentua la precarietà. Ci sono più working poor al Sud, tra part time involontario soprattutto femminile, lavori a termine, attività anche dipendenti ma a fronte delle quali le paghe sono scandalosamente troppo basse. A ciò si sommano le diseconomie di sempre dell’apparato meridionale: a cominciare dagli insopportabili divari di cittadinanza, basti pensare che in Campania oltre 86% dei bimbi delle scuole elementari (65% in Puglia) non usufruisce del servizio mensa a scuola, e non ha palestre il 73% in Campania e il 36% in Puglia. Il Pnrr non può essere la panacea di tutti i mali, che cancella con un colpo di spugna ogni crisi endemica. Peraltro, fa notare la Svimez, le note criticità e inefficienze delle amministrazioni locali meridionali mettono il carico da novanta in termini di tempi di realizzazione delle opere. E la ministra Carfagna preoccupata fa sapere che si batterà per accelerare le procedure di attuazione degli interventi finanziati al Sud con i fondi del Next Generation Eu. Laddove al Nord basta un anno per vedere completata una strada, al Sud ci vuole almeno il doppio del tempo. E la produttività per addetto resta troppo bassa, poco più di 40 euro il valore aggiunto per lavoratore contro i quasi 69 del Centro-Nord. Il divario in queste condizioni non può che allargarsi, altro che restringersi fino ad azzerarsi. 4 agosto 2022 | 10:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-04 08:35:00, Il Sud visto da Svimez,