di Marco Galluzzo
Il presidente del Consiglio riferisce la posizione degli indonesiani, che ospiteranno il summit. E cita un proverbio («quando gli elefanti lottano, l’erba soffre») per chiedere più condivisione
Dal nostro inviato
GARMISH-PARTENKIRCHEN — La morale di un vertice con un programma condizionato anche dal Cremlino, dal timing di lancio dei missili sull’Ucraina, prende forma nelle parole di Mario Draghi alla fine dei lavori. Il premier rammenta un proverbio africano, negli anni ’80 andava di moda «quando ero alla Banca Mondiale». È semplice, ma aderisce alla perfezione alla situazione geopolitica e internazionale: «Diceva che quando gli elefanti lottano è l’erba che soffre».
Al G7 che si chiude hanno partecipato anche Paesi cosiddetti «minori»: dall’Argentina al Sudafrica, dall’Indonesia al Senegal, sino all’India. E tutti, ci tiene a rimarcare il capo del governo, hanno un atteggiamento «abbastanza neutrale» sulla guerra, ma anche perché finora «non sono stati avvicinati». Invece dalla discussione è emerso che «desiderano essere coinvolti». L’insegnamento del proverbio può essere declinato così, conclude Draghi: «Se i Paesi si sentono erba soffrono, ed è difficile chiedere loro di prendere parte».
Si può prendere parte alle sanzioni che finora non si sono applicate, alle decisioni delle Nazioni Unite che dovranno essere condivise (magari a quella imminente sul grano e sullo sblocco del porto di Odessa), alla scelta che oggi più che mai — continua Draghi — «è per la difesa delle democrazie, l’avversione alle autocrazie». Per questo non si può emergere vincenti se non si prende consapevolezza «che noi del G7 siamo anche il foro internazionale più importante, più potente, più ricco, ma siamo minoranza, in termini di popolazione e opinione». E non si vince una guerra che è anche fra diverse visioni del mondo e del futuro se non si coinvolgono gli attori più piccoli, sino a «renderli compartecipi dei momenti fondamentali».
Nel caso specifico tocca all’Indonesia sentirsi schiacciata dagli elefanti. Nel castello della Baviera è arrivato anche il presidente che a ottobre ospiterà il G20 e avrà una bella gatta da pelare: conciliare la presenza della Russia con quella degli altri Stati. Un tema molto sensibile, tanto che le parole di Draghi provocano l’immediata e piccata reazione del Cremlino. Per il nostro premier «il presidente Widodo lo esclude, con noi è stato categorico», Putin «non verrà, magari farà un intervento da remoto». Per i russi «non spetta a Draghi decidere. Probabilmente ha dimenticato che non è più il presidente del G20, l’invito a Putin è stato ricevuto e accettato». Mentre l’ambasciatore Sergey Razov rimane su un sentiero di provocazione: «La maggior parte delle aziende italiane, nonostante le pressioni, continua a lavorare sul mercato russo».
Nelle parole del premier i giorni trascorsi in Germania hanno in ogni caso centrato degli obiettivi. Lui teneva più di tutti a rafforzare un percorso di avvicinamento a un price cap sul gas: ci è riuscito, la Commissione europea avrà un passo più spedito nel lavorare a una proposta, anche i ministri dell’Energia del G7 studieranno con urgenza dei meccanismi efficaci per mettere un tetto al prezzo di tutti gli idrocarburi russi.
E poco male se «non siamo in grado di prevedere la durata della guerra», e anche se ci sono delle legittime «preoccupazioni» degli americani per i progressi sul campo di Mosca, l’importante per Draghi è che «i costi severi e duraturi» che l’Occidente ha impresso all’economia russa non cessino, l’importante è che «le sanzioni durino tutto il tempo necessario». Così come gli aiuti, finanziari e militari, che i sette leader presenti a Elmau hanno promesso a Zelensky.
28 giugno 2022 (modifica il 28 giugno 2022 | 23:33)
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, 2022-06-28 21:39:00, Il presidente del Consiglio riferisce la posizione degli indonesiani, che ospiteranno il summit. E cita un proverbio («quando gli elefanti lottano, l’erba soffre») per chiedere più condivisione, Marco Galluzzo