La Russia torna agli anni ‘90: i viaggi oltre confine alla ricerca dei beni dell’Ovest

La Russia torna agli anni ‘90: i viaggi oltre confine alla ricerca dei beni dell’Ovest

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La Russia torna agli anni ‘90: i viaggi oltre confine alla ricerca dei beni dell'Ovest Il negozio chiuso di Zara a Mosca

La grande parata del 9 maggio è finita, l’economia di trasporto invece sta per ricominciare. Li chiamavano «chelnoki», dal nome della spola che sui telai industriali muove l’ago avanti e indietro. Intorno al 1994 ne furono contati oltre venticinquemila: l’armata degli «Shuttle traders», che una volta tornata in patria si radunava sul piazzale davanti allo stadio Luzhniki e subito gettava sulle bancarelle il contenuto delle proprie valigie.

Erano negozianti, contrabbandieri riconvertiti, faccendieri, che si erano inventati un nuovo mestiere. Partivano alla volta della Cina, della Turchia, della Grecia e di Dubai, riempivano di ogni ben di Dio i loro bagagli, e tornavano a casa per rivendere al dettaglio tutto ciò che all’epoca mancava. Quella pratica era diventata il simbolo della umiliazione di un popolo. Nella Russia sprofondata nella più grande crisi economica di sempre, un trauma che la popolazione ricorda come l’unità di misura del punto a cui non bisognerebbe mai più ritornare, era la certificazione del fallimento di una società che voleva ma non poteva più, essere costretta a vivere di sotterfugi. Mentre il mondo si chiedeva cosa avrebbe detto Putin durante la fatidica Festa della Vittoria, il parlamento russo ha resuscitato l’economia-shuttle quasi di nascosto, dandole una patina di ufficialità.

Le autorità hanno infatti deciso l’elenco delle merci per le quali è revocato il divieto di importazione parallela. Significa che dal 6 maggio, oltre cinquanta categorie di prodotti possono essere introdotte nel Paese senza il permesso dei proprietari di marchi e dei rivenditori autorizzati. Pannolini, cosmetici, fiammiferi, smartphone, automobili, orologi, metalli e persino reattori nucleari. Nell’elenco c’è di tutto. «Tale libertà» si legge nel comunicato del ministero dell’Industria e del Commercio, «è concessa agli importatori al fine di saturare il mercato interno sullo sfondo di un notevole calo del volume delle merci importate in Russia». La lista è definita «aperta». Potrebbe cambiare a seconda di quali altre società straniere lasceranno il mercato russo.

Gli esperti stimano che l’importo totale dei prodotti inclusi nell’elenco sia di centoventi miliardi di dollari all’anno, pari alla metà del valore delle importazioni russe. L’ordinanza del Dipartimento del commercio interno cita 96 articoli specifici che coprono un’ampia gamma di merci. Con le apparecchiature elettroniche (sono citati i marchi, Apple, Samsung, Canon, HP, Toshiba) e le auto straniere viene applicato un approccio definito «selettivo». Non ne sarà consentita l’importazione indiscriminata, per evitare una eccessiva concorrenza nei confronti delle aziende russe. L’immissione sul mercato interno di cosmetici, che ora cominciano a scarseggiare, viene consentita senza alcun limite ad eccezione dei prodotti di Garnier, L’Oréal, e altre aziende che hanno definitivamente lasciato la Russia. Ma più si scende nella scala dei beni di prima necessità, più spariscono i controlli.

Le importazioni parallele di alimentari, vestiti, scarpe, indumenti intimi, sapone, farmaci, borse, sono consentite senza alcuna restrizione sui marchi e sulla quantità. L’economia di trasporto diventa statale. Tornano le bancarelle, torna un mercato di confine che trent’anni fa creò una zona grigia a cavallo tra legalità e contrabbando. Avanti così, verso la grande paura del 1992.

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, 2022-05-10 20:42:00, Rispunta la «shuttle economy»: si compra all’estero e si vende in patria, Marco Imarisio, inviato a Mosca

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