La scuola che insegna anche a fallire, valutare senza i voti: scarica un progetto di sperimentazione sulla valutazione formativa degli apprendimenti

La scuola che insegna anche a fallire, valutare senza i voti: scarica un progetto di sperimentazione sulla valutazione formativa degli apprendimenti

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Il moderno sistema scolastico comprende e definisce l’apprendimento tanto da diventarne un importante sottoinsieme dell’intervenfo formativo della scuola: un sottoinsieme dominante. In questa disperata ricerca di una scuola moderna, all’avanguardia e competitiva, pochi ascoltano gli studenti e pochissimi leggono il “mondo reale”. Vuoi sapere perché non piace la scuola a molti studenti? Compiti a casa, sicuro, ma più determinanti di questi sono quattro modi in cui la scuola – secondo Stephen Guise – ci insegna, meglio e più efficacemente, di induce a fallire nel “mondo reale”. Vediamolo assieme e cerchiamo di trovare, a partire da queste considerazioni autorevoli, alcune modalità per arginare un mondo di giovani sempre meno innamorato della scuola. E facciamolo a ridosso dell’inizio del nuovo anno scolastico e con l’occhio attento alla necessità di modelli valutativi più rispondenti alle esigenze del “mondo reale”.

Le scuole preparano e aprano la strada alla conoscenza, ma la vita richiede saggezza

Prima motivazione Guise la sintetizza con questa affermazione “Le scuole preparano e aprano la strada alla conoscenza, ma la vita richiede saggezza”. Scrive Sandara Carey “Non confondere mai la conoscenza con la saggezza. Uno ti aiuta a guadagnarti da vivere; l’altro ti aiuta a farti una vita. Piuttosto che apprendere abilità importantissime per la vita (per esempio: come gestire il denaro; come negoziare; come comunicare) ai bambini, nonostante i mille interventi normativi, nonostante la scuola sia aperta alle competenze (più di quanto si possa immaginare) c’è ancora che insegna, principalmente, a memorizzare. Sì, proprio il vecchio e desueto metodo dell’imparare e ritenere informazioni. Il sistema scuola, invece, al di là dei copioni ciclostilati e delle tante progettualità giustamente posti in essere, sarebbe un luogo perfetto per apprendere queste abilità indispensabili. I bambini e i ragazzi devono essere preparati e devono essere pronti a vivere nel mondo. Serve una migliore e più qualificata formazione sull’intelligenza emotiva; formazione sulla crescita personale; formazione sulla comunicazione; formazione sulla vita sana; formazione sulla gestione finanziaria. Non può dipendere solamente dall’avere la fortuna di trovarsi un insegnante particolarmente bravo. Possiamo dirlo, con certezza, che si tratta di un problema generale di messa a fuoco che hanno le scuole. Le scuole dovrebbero essere pronte ad aprirsi a ciò che conta di più.

La scuola non può continuare ad essere il luogo nel quale gli studenti succhiano da una tettarella informativa invece che il luogo dove imparare a nutrirsi

Ecco cosa dovrebbe cambiare davvero nella scuola italiana. E molto, in questa scommessa, dipende non dalle linee guida o dalle riforme, ma dalla capacità che hanno gli insegnanti di diventare l’autorevole faro per ciascuno dei propri alunni. Condividiamo molti la preoccupazione di Guise quando ritiene che la scuola non possa ancora continuare ad essere il luogo nel quale gli studenti succhiano da una tettarella informativa invece che diventare il luogo dove imparare a nutrirsi. La scuola è un ambiente di apprendimento inadatto per molti giovani. Per quelli che guardano al nostro sistema formativo nella speranza di trovare modelli sui quali costruire il proprio futuro. Per quelli che ritengono che la scuola non sia il posto adatto per impartire saggezza ai giovani ma, piuttosto, per prepararli al posto di lavoro. Se la scuola deve prepararci per una carriera, allora è necessario educare alla saggezza e aprire l’orizzonte alle molteplicità di opportunità che il mondo ci dona. Un rapporto della società di consulenza Mckinsey (che non analizza certamente la società italiana ma alla quale possiamo certamente rifarci) ci racconta di giovani statunitensi che chiedono alle scuole una maggior attenzione alle professioni, anche quelle odierne basate sul digitale, una formazione pratica più attenta ai bisogni dei giovani e tutoraggi un po’ più qualificati e, principalmente, più attenti alle nuove professioni. I boot camp di programmazione, per esempio, sono apprendistati intensi in cui gli studenti imparano a programmare da programmatori esperti che già lavorano sul campo.

Una scuola di qualità è il modo sicuro e sicuro per una grande carriera

La scuola è quella che forma anche alla realtà dei fatti. Ad esempio, tutti dovrebbero imparare che a nessuno importa molto del “potenziale” inespresso che abbiamo, quando entreremo nel mondo del lavoro. Quando un’azienda seleziona da un mare di volti e tutti hanno diplomi o lauree identiche o simili, il valore di quelle lauree o di quei diplomi si riduce e cercheranno le persone che possono e sanno già fare ciò di cui hanno bisogno in questo momento. Il potenziale diventa, in tale circostanza, assolutamente ininfluente. La scuola deve formare i nostri giovani e giovanissimi ad essere pronti e immediatamente spendibili. Esempio: il candidato “Rossi” ha il 95% del potenziale complessivo, ma ora può svolgere solo il 15% del lavoro: deve essere addestrato. Il candidato “Verde” ha il 63% di potenziale complessivo ma può svolgere l’85% del lavoro in questo momento: è pronto per partire. Il candidato “Verde” ottiene il lavoro quasi sempre. Ryan Leaf afferma che “il potenziale è estremamente difficile da valutare con precisione e quindi spesso non viene considerato dai datori di lavoro”. La scuola spesso pensa di limitarsi a formare “potenziali” dimenticandosi che esistono anche le “abilità” che insieme alle “competenze” concorrono a formare l’uomo e il cittadino di domani.

I voti distorcono la nostra percezione della realtà

Stephen King probabilmente ha ancora la sua enorme pila di lettere di rifiuto dell’editore. Quelle erano il mondo reale e non il potenziale. Stephen King, uno degli autori di maggior successo nella storia, ha ottenuto dozzine e dozzine di “insufficienze” o di “2” prima di ottenere la sua prima “A”, il suo primo “10”, il suo primo “ottimo” nella vita reale. La scuola, con i suoi inutili voti, ci allena ad avere la mentalità che una data quantità di sforzo porterà sempre un risultato misurabile (sufficiente, buono, ottimo, 5, 8, 10, etc.), prevedibile e di successo. Il mondo reale non funziona così. Il colonnello Sanders ha ricevuto 1.009 rifiuti per la sua ricetta di pollo prima del primo sì. E molti dei suoi rifiuti erano umilianti, come uno zero o qualcosa del genere. Se fai uno sforzo “10” a scuola, ci riesci ogni volta. Se fai uno sforzo “10” nella vita, sei fortunato ad avere successo al trentesimo tentativo. La scuola, come vedete, distorce, la realtà. Il blogger, autore e imprenditore di successo James Altucher scuola – scrive Stephen Guise – ha affermato che circa 17 delle sue 20 attività sono fallite. Ma quelli che andavano bene valevano milioni di dollari.

La scuola deve fare entrare gli studenti nel mondo reale

Quando gli studenti accedono nel mondo reale e sono rifiutati per un lavoro a favore, ad esempio, del nipote della segretaria, saranno impreparati a questo insuccesso (la scuola educa, giustamente, al merito e alla meritocrazia), a meno che non abbiano imparato al di fuori della scuola. Mettere una quantità misurata di lavoro, compilare un curriculum impressionante, dire tutte le cose giuste nell’intervista ed essere rifiutato è uno shock dopo risultati prevedibili per 20 anni. Serve che la scuola formi anche all’insuccesso, alle sconfitte, alle partite perse. Ci saranno sempre autori di talento i cui libri rimangono sconosciuti, atleti superiori che non hanno mai una possibilità e persone brillanti che rimangono senza lavoro. Nel frattempo, alcuni altri che sono sotto i riflettori potrebbero non meritarlo. In difformità dei voti sui compiti e sulle interrogazioni, la vita è sporadicamente giusta. La cosa migliore che la scuola possa fare – scrive Stephen Guise – è quello di preparare gli alunni e i genitori a fallire nel mondo reale. Mentre puoi “bocciare” a scuola se fai qualche assenza, se ti comporti male (e sarebbe una cosa davvero deprecabile), se prendi brutti voti (se è questo il modo errato di classificare il modo di approcciarsi al mondo) sei bocciato dalla vita solo se ti arrendi. E ancora meglio di così, ci vuole solo una grande “A” o un immenso “10” per avere successo.

Serve un nuovo modello di valutazione: l’esempio dell’IIS “Michelangelo Buonarroti” di Monfalcone

Serve, dunque, ed è urgente – sottolinea il preside prof. Vincenzo Caico alla guida dell’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “Michelangelo Buonarroti” di Monfalcone (GO) – un nuovo modello di valutazione per restituire valore e prestare maggiore attenzione:

  • Al ruolo del discente come protagonista attivo del proprio apprendimento in grado di riconoscere le proprie debolezze e i progressi compiuti, in grado di autovalutarsi e sviluppare un metodo di studio personale ed efficace;
  • Alle diverse dimensioni e alla complessità intrinseca dei processi di apprendimento;
  • Al ruolo del docente come professionista della valutazione che non si limita a misurare prestazioni, ma esprime per ciascuno studente apprezzamento e giudizi di valore sulla distanza tra la realtà accertata e gli obiettivi di apprendimento personalizzati;
  • Alla costruzione di senso all’interno dei tempi e dei luoghi dell’apprendimento formale (il senso dello stare a scuola), alla quale la valutazione può contribuire stimolando una motivazione intrinseca nei confronti dell’apprendimento;
  • Alla funzione educativa e trasformativa dei processi di apprendimento e di insegnamento della valutazione, la quale ha luogo contestualmente all’azione didattica, all’interno di un dialogo educativo continuo e costante.

Regolamento_sperimentazione_valutazione_formativa

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