La storia di Sasha, bimba ucraina di 9 anni senza un braccio: l’incontro in ospedale con Martina

La storia di Sasha, bimba ucraina di 9 anni senza un braccio: l’incontro in ospedale con Martina

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Una bella storia di solidarietà giunge da Roma. Lei è Sasha (Alexandra), la bambina ucraina di nove anni che ha perso un braccio a causa della guerra.

Viveva a Hostomel, un sobborgo di Kiev. L’auto in cui si trovava insieme alla sua famiglia (la madre, la sorella e il patrigno), in fuga dall’inferno della guerra, è stata colpita (a Bucha) da una raffica di proiettili partita da un carro armato. Il patrigno è morto, e Sasha ha perso un braccio. Le è stato amputato al Central Irpin Hospital, ubicato nella capitale ucraina. Quando ha ripreso conoscenza si è chiesta perché i russi le avessero sparato.

La ragazzina che è con Sasha, e che con lei condivide attualmente la stanza dell’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù in cui è ricoverata per una delicata operazione alla gamba, si chiama Martina Palma. Ha quasi quindici anni, frequenta la quarta ginnasio del liceo plurispecialistico Renato Cartesio di Villaricca (Napoli) e ha scritto questa lettera al padre, che me l’ha recapitata stamattina perché potessi diffonderla:

“Papà, solo qualche giorno fa, il giorno del tuo compleanno e della mia operazione, ti ho scritto una lettera di auguri, utilizzando aggettivi che da oggi, per me, hanno un peso totalmente diverso: “Grazie perché sei sempre stato un papà molto presente e attento, che non mi ha mai fatto mancare nulla: la tua presenza non mi abbandona mai, neanche quando siamo lontani, tipo come in questo giorno, importante per te e difficile per me”.

Dopo aver incontrato Alexandra (Sasha) ho realizzato di essere davvero fortunata. Posso contare sul fatto di avere una famiglia al completo, di sentirmi protetta dal tuo caloroso abbraccio, di avere una casa e degli amici, di vivere in un paese di pace. Ho vissuto il giorno della mia seconda operazione come un giorno difficile. Difficile per un’adolescente, ma solo perché non avevo considerato chi stava peggio di me.

Papà, ho visto da vicino cos’è la guerra, quella che ho visto sui telegiornali. L’ho vista però anche negli occhi di Sasha, e di sua madre, e mi sono sentita piccola piccola. Sai perché? Perché ero convinta che il mio dolore fosse il più forte di tutti, ma poi il sorriso di una bambina con un arto amputato, scappata della guerra, orfana del padre e priva di ogni cosa, mi ha fatto ricredere e comprendere che il mio dolore era davvero nulla rispetto al suo.


Non posso credere che esistano tanta cattiveria e tanta sofferenza nel mondo. La guerra in televisione ti sembra lontana finché non la vedi da vicino, tramite i testimoni che l’hanno vissuta in prima persona. Mi ha lasciato senza parole la paura che si porta, e credo si porterà per tanto tempo, Sasha. Pensa, papà, quando sente l’allarme di segnalazione della macchinetta di monitoraggio che mi hanno applicato, e quando sente il campanello di chiamata dei pazienti, scappa in bagno per paura. Nella sua testa c’è sempre l’allarme bombardamento. Oggi ho colorato tanto con lei, abbiamo comunicato con i traduttori dei cellulari e, per un attimo, il dolore dell’operazione è passato. Papà, mi hai promesso di aiutare Sasha, non può finire così la sua vita, deve poter avere le stesse cose che ho avuto io. Deve poter vivere una vita normale. Fammi una promessa: non lasciamo sole Sasha e la madre, hanno bisogno di noi.

Racconterò a tutti i compagni di classe cosa è la guerra, quanta sofferenza comporta e come distrugge la vita delle persone, e come ha distrutto i sogni di una bambina bellissima e dolcissima. Appena sono riuscita a comunicare con lei le ho fatto un disegno e, utilizzando il traduttore, le ho scritto in inglese che i medici qui sono bravi e non deve preoccuparsi dell’intervento, perché di sicuro andrà bene. Le ho scritto che è bellissima e che dopo, sicuramente, lo sarà ancora di più. Che tutte le cose brutte sono passate e che la sua vita sarà bella e serena, dopo, anche perché ha accanto una madre forte, che la seguirà passo passo.

Adesso posso dire di avere la vera consapevolezza che la guerra è la cosa più brutta che esista al mondo. No alla guerra, sì alla pace”.

Martina ci teneva ad aggiungere, mi ha appena fatto sapere la sua famiglia, che il suo vuol essere un accorato appello contro ogni guerra, non solo contro la guerra scoppiata nella nostra vecchia Europa. Tanti bambini e bambine come Sasha, nel mondo intero, hanno perso tutto a causa di una guerra.

Sasha ha chiesto, come regalo per il suo prossimo compleanno (lo festeggia il 23 febbraio), un braccio artificiale con i fiori.

Ci uniamo all’appello per una campagna di solidarietà, come già fatto nella pagina Facebook di Massimo Arcangeli, perché Sasha, oltre al suo nuovo braccio, possa avere la possibilità di studiare e possa avere la vita normale che Martina ha chiesto al suo papà di aiutarla ad assicurarle. Sarò perciò grato a chiunque potrà sostenere questa campagna in qualche modo (con borse, corsi o materiali di studio, o qualunque altra cosa possiate ritenere utile).

È stato istituito  un fondo per Sasha e la sua mamma, Yulia Filipchuk, che in Ucraina faceva la segretaria e la maestra d’asilo (parla il russo e l’inglese, e vi chiedo un aiuto anche per lei, perché possa frequentare al più presto una scuola per imparare l’italiano e trovare un lavoro). Chi volesse contribuire, anche solo con una piccola somma, può farlo con un bonifico bancario (IBAN: IT39Q0529774370CC1080052504, Banca Popolare del Frusinate; causale: “Fondo per Sasha”). È il conto dell’ associazione culturale, “La Parola che non muore”, con cui negli anni abbiamo realizzato iniziative importanti a tutela di persone discriminate, trattate ingiustamente, bisognose di aiuto. Sarà tutto rendicontato, fino all’ultimo centesimo.

Sasha alloggerà in una casa nei paraggi dell’ospedale, insieme alla madre, per una serie di controlli cui si dovrà sottoporre nei prossimi giorni.

, 2022-03-18 12:54:00, Una bella storia di solidarietà giunge da Roma. Lei è Sasha (Alexandra), la bambina ucraina di nove anni che ha perso un braccio a causa della guerra.
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