La trappola della  mente che porta al conflitto

La trappola della mente che porta al conflitto

Spread the love

la mia guerra
Mezzogiorno, 16 marzo 2022 – 08:02

La vita dovrebbe garantire lo stare insieme e il non uccidersi tra fratelli

di Patrizia De Mennato

Pensare a questa guerra mi ha riportato alla lettura di un bello e inquietante libretto di Watzlawick «Istruzioni per rendersi infelici», dove considera l’incapacità sociale come capacità di essere infelici, appunto. Tutti possono essere infelici, ma rendersi infelici è qualcosa che va preparato con cura. Si crea nel chiuso della propria mente. I suoi elementi sono prodotti dal fatto che la realtà è intesa come fissa nel tempo e questa prospettiva impedisce di riconoscere alternative che sono tali proprio perché evolvono.

Mi sembra di riconoscere in Putin questa ossessione all’infelicità che i costruttivisti chiamiamo «trappola della mente». È il modo in cui rappresentiamo la realtà (Moscovici) che ci porta a credere che esista una unica soluzione al problema che abbiamo noi stessi costruito. Questa posizione rigida ritiene che il fallimento non può essere legato al merito della nostra idea, ma semplicemente al fatto che non l’abbiamo perseguita con sufficiente «furore».
La mia sensazione è che questa guerra sia la trappola creata da Putin nel chiuso della sua mente e che ha esercitato la falsificazione di un problema che aveva una soluzione già nelle cose. Costruire trappole della mente rende concretissimo e vero il proprio punto-di-vista arbitrario, al punto tale da non ritenere plausibile nessuna alternativa e da identificarlo con la vita stessa del soggetto.
Le categorie mentali non sono delle mere astrazioni, dunque, ma sono costruite in modo da confermare l’idea che noi abbiamo di noi stessi e dell’altro, perché «il mondo nel quale viviamo e il mondo pensato non sono identici» (Bachelard). Le categorie mentali fisse, che non evolvono nell’interazione sociale e nel tempo, costituiscono allora una vera palude. Mi sembra che proprio in questa trappola mentale siano recuperabili le matrici di questa guerra. L’aggressione avvenuta il 24 febbraio, di notte, risponde ad un pensiero che «crea» il nemico, che nega o mistifica l’origine, la lingua e la storia comuni tra Russi e Ucraini e serve a consolidare la propria «realtà inventata» e ad imprigionarla in un pensiero incapace di evolvere.
Tornando a Watzlawick, la realtà è sempre «inventata», come è legittimo che sia nella mente di ognuno di noi, ma è pericolosa, antidemocratica e irragionevole se viene assunta come verità assoluta. Putin «si è impiccato alla sua filosofia» (Canetti) e questa, come diceva Wittgenstein, non riesce a «mostrare alla mosca la via d’uscita dalla sua trappola». Il matematico Stoltzemberg ci ricorda che per uscire da una trappola della mente bisogna uscire da sé, bisogna potersi osservare dall’esterno, abbandonare il vincolo di posizione che si è assunto.
Questa guerra insensata ha bisogno di una d’uscita onorevole proprio per il principale artefice di questo disastro. La sua realtà è costruita come una prigione. La sua stessa gabbia gli ha imposto di giocare un gioco molto pericoloso, quello «a somma zero», nel quale ci può essere solo un vincitore ed un perdente. Ma è proprio la scelta di questo gioco ad essere mortale, perchè diventa una trappola senza via d’uscita. Vincere è «esistere».
La dimensione tragica che appartiene alla Grande Madre Russia lo porta a leggere il suo destino come un inevitabile gioco di sopravvivenza. Questa non è una guerra dei popoli. È una guerra scatenata dal cinismo del potere che non ha paura di mettere in discussione quello che la vita dovrebbe garantire, lo stare insieme, l’essere amici, il non uccidersi. Penso che questa guerra sia stata generata da una visione patologica della realtà e ho paura che resterà tale nella mente di Putin. Le azioni di guerra stanno confermando la sua stessa «profezia», infatti. Una profezia che ha pensato la Russia come isolata e minacciata dal mondo e che si avvera proprio in quanto prodotta dalle azioni di guerra compiute in nome di essa. Quello che fa paura è proprio la paradossalità della sua trappola mentale che finisce col confermare le sue stesse paure. Putin ha reso la Russia isolata dal resto del mondo (tranne preoccupanti eccezioni); ha chiesto la conferma della neutralità dell’Ucraina attraverso la sua invasione; ha innescato una violenza incestuosa e deliberata, dove popoli fratelli, in molti casi con la stessa lingua e dove i bambini giocano gli stessi giochi, si trovano all’improvviso costretti nelle posizioni di vittima e carnefice. Non riesco a pensare che si possa arrivare a distruggere città e a uccidere essere umani. Questa è una guerra insensata, ma non possiamo dire che non abbia un suo senso.
Non c’è guerra che possa essere giustificata. A noi democratici lascia il gusto amaro dell’impotenza, dell’inganno dei nostri valori che ci vorrebbero indurre a leggere con la ragione il perché della frattura insanabile che il potere di un uomo (non di un Dio, della natura o dell’evoluzione) ha prodotto nella vita di un popolo. Ma non c’è una ratio da comprendere, semmai c’è da ricordare la frase di Goya, che è proprio «il sonno della ragione che genera mostri».
L’ enorme responsabilità di Putin è dell’essere stato accecato dai suoi demoni e di aver intrappolato la Russia nella «realtà parallela» della sua mente, come l’ha splendidamente definita Paolo Valentino sul Corriere. Il pensiero che Putin ha scelto per se stesso è ancorato alla dimensione del 20º secolo e questo ha un’influenza decisiva sulle sue azioni. E le sue scelte sono vecchie ed inattuali. La sua cecità gli ha impedito di vedere che un’evoluzione democratica all’interno del proprio paese avrebbe realizzato indispensabili collegamenti dei suoi giovani con gli altri paesi e con culture diverse.
La censura e l’autocensura dei mezzi di comunicazione, le manifestazioni a San Pietroburgo, l’abbandono del Bolshoi Theatre da ballerini e direttori, le file dei ragazzi che si stanno arruolando in Ucraina per difendere la loro libertà e la loro democrazia e i suoi stessi soldati, sgomenti, che vengono aiutati a telefonare a casa dagli ucraini, perché ignari della stessa guerra che stavano combattendo da invasori, sono per lui una restituzione allarmante. Sempre che la sappia comprendere. Come noi non abbiamo colto i suoi segnali di guerra perché «impensabili».
Questo conferma il potere del pensiero, ma non della logica. «Perché come, dice Ferge, tutti i grandi eventi della storia non si sarebbero potuti compiere senza la comunicazione del pensieri, ma noi siamo inclini a considerare i pensieri come irreali perché sembra non possano influenzare gli eventi. Diverso ci sembra afferrare un martello dal comunicare un pensiero». I pensieri dello Zar Putin hanno una concretezza esistenziale molto più grande di un martello, perchè si sono tradotti in armamenti.
Ma «Il lupo della steppa è incapace di togliersi gli occhiali e per questo è condannato alla sua visione perenne» (Hesse).

La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.

16 marzo 2022 | 08:02
© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-03-16 07:04:00, La vita dovrebbe garantire lo stare insieme e il non uccidersi tra fratelli,

Powered by the Echo RSS Plugin by CodeRevolution.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.