DOMENICA 4 SETTEMBRE 2022
risponde Aldo Cazzullo
Caro Aldo,
secondo la maggior parte dei «previsionisti» il centrodestra si avvia a sbancare il botteghino dei seggi, ma se guardo alle ultime elezioni amministrative, vedo che nelle quattro maggiori città italiane non hanno toccato palla, anzi ne sono usciti con esiti piuttosto umilianti. Insomma non dire gatto se non l’hai nel sacco.
Francesco Duina Sovere (Bergamo)
Caro Francesco,
Premesso che stiamo facendo appunto previsioni, non auspici, resto convinto che siamo alla vigilia di una vittoria nettissima della destra. La maggioranza degli italiani non vive nelle grandi città; e anche nelle grandi città le divisioni a sinistra mettono a rischio collegi in cui il centrodestra sarebbe indietro. Il punto è che il centrosinistra si è diviso perché sa di perdere, e ognuno punta a massimizzare i propri consensi: sia Calenda sia Conte sanno di prendere più voti da soli che in coalizione con il Pd, il quale dal canto suo ha commesso un errore a non stringere almeno una delle due alleanze. Magari avrebbe perso qualche punto percentuale; ma avrebbe almeno trasmesso l’idea che stava provando a vincere, o comunque a limitare la sconfitta. Invece ora l’esito finale è talmente chiaro da incentivare l’attitudine nazionale a correre in soccorso del vincitore. A mio avviso la Meloni prenderà ancora più voti di quel che indicano i sondaggi: la storia elettorale recente insegna che negli ultimi giorni si creano correnti sotterranee in direzione del vincitore annunciato che sfuggono alle inchieste demoscopiche. Resta da capire se Salvini e Berlusconi terranno, o se verranno pesantemente ridimensionati nelle urne. Una cosa è certa: dal berlusconismo non si uscirà al centro, ma a destra. Alla fine, la gran parte dei voti di Berlusconi non sono andati a Monti o a Renzi o al partito di Draghi (che non c’è), ma a Salvini, Meloni e — in passato — pure a Grillo. E questo autorizza a pensare che Berlusconi sia il vero padre del populismo italiano.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Ho 30 anni, scelgo di lasciare l’Italia senza rimpianti»
Ho 30 anni e sono contenta di non lavorare più in Italia. Ecco perché. A settembre 2021 sono tornata a vivere nella mia città, e ho trovato lavoro come commessa. Inizialmente le cose andavano bene, lo stipendio era buono, poi la situazione è peggiorata a causa di un crescente malcontento nei miei confronti da parte del capo: alla fine ho dovuto lasciare quel posto sicuro per un part-time a Milano. Durante le prime settimane di lavoro ho ricevuto una telefonata da un noto hotel a 5 stelle, fatto il colloquio e subito ho iniziato lì. Avevo grandi aspettative: mi ritrovavo in un posto considerato irraggiungibile, l’occasione per riscattarsi. Purtroppo non è stato così. Ho subito notato un certo malessere tra i dipendenti. Mi è stata fornita una sola divisa e ho dovuto provvedere io all’acquisto delle camicie. C’erano regole assurde, e lo stipendio non era quello concordato in fase di colloquio. Ma la cosa più grave è che facevano leva sul fatto di «essere in un posto eterno, meraviglioso» e dunque ogni ora in più doveva essere un privilegio. E le ore in più erano sempre tante. Le «vecchie leve» mi hanno detto che la situazione è peggiorata con l’arrivo dei nuovi azionisti. Il 4 luglio ho accettato un lavoro part-time in Svizzera, dove ho iniziato il 31, alla conclusione del contratto. Ora lavoro in Svizzera e sono trattata bene: si entra, si lavora, si esce. Gli ultimi impieghi in Italia mi hanno fatto desiderare di scappare. Ho dovuto accettare di arrivare mezz’ora prima perché il capo era ansioso, essere giudicata per l’aspetto esteriore, insultata davanti ai clienti, e altro ancora. Qui il «lavoro è lavoro».
C. S.
-
UFFICI PUBBLICI
«Serve un manager per il risparmio energetico»
Paolo Gulinello , Paolo Gulinello;
-
BONUS
«Prima di erogarli si facciano delle verifiche fiscali sul reddito»
Osvaldo Natalini
-
CAMBIAMENTI
«La mia pensione aumentata di poco, le spese molto di più»
Aligi Giunti
-
PANNELLI SOLARI
«Burocrazia più snella, ma meglio eliminarla»
Jacob Kalfort
INVIATECI LE VOSTRE LETTERE
Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
VENERDI -L’AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
SABATO -L’ADDIO
Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno.
DOMENICA – LA STORIA
Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia.
LA FOTO DEL LETTORE
Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.
Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere
, 2022-09-04 05:15:00,
DOMENICA 4 SETTEMBRE 2022
risponde Aldo Cazzullo
Caro Aldo,
secondo la maggior parte dei «previsionisti» il centrodestra si avvia a sbancare il botteghino dei seggi, ma se guardo alle ultime elezioni amministrative, vedo che nelle quattro maggiori città italiane non hanno toccato palla, anzi ne sono usciti con esiti piuttosto umilianti. Insomma non dire gatto se non l’hai nel sacco.
Francesco Duina Sovere (Bergamo)
Caro Francesco,
Premesso che stiamo facendo appunto previsioni, non auspici, resto convinto che siamo alla vigilia di una vittoria nettissima della destra. La maggioranza degli italiani non vive nelle grandi città; e anche nelle grandi città le divisioni a sinistra mettono a rischio collegi in cui il centrodestra sarebbe indietro. Il punto è che il centrosinistra si è diviso perché sa di perdere, e ognuno punta a massimizzare i propri consensi: sia Calenda sia Conte sanno di prendere più voti da soli che in coalizione con il Pd, il quale dal canto suo ha commesso un errore a non stringere almeno una delle due alleanze. Magari avrebbe perso qualche punto percentuale; ma avrebbe almeno trasmesso l’idea che stava provando a vincere, o comunque a limitare la sconfitta. Invece ora l’esito finale è talmente chiaro da incentivare l’attitudine nazionale a correre in soccorso del vincitore. A mio avviso la Meloni prenderà ancora più voti di quel che indicano i sondaggi: la storia elettorale recente insegna che negli ultimi giorni si creano correnti sotterranee in direzione del vincitore annunciato che sfuggono alle inchieste demoscopiche. Resta da capire se Salvini e Berlusconi terranno, o se verranno pesantemente ridimensionati nelle urne. Una cosa è certa: dal berlusconismo non si uscirà al centro, ma a destra. Alla fine, la gran parte dei voti di Berlusconi non sono andati a Monti o a Renzi o al partito di Draghi (che non c’è), ma a Salvini, Meloni e — in passato — pure a Grillo. E questo autorizza a pensare che Berlusconi sia il vero padre del populismo italiano.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Ho 30 anni, scelgo di lasciare l’Italia senza rimpianti»
Ho 30 anni e sono contenta di non lavorare più in Italia. Ecco perché. A settembre 2021 sono tornata a vivere nella mia città, e ho trovato lavoro come commessa. Inizialmente le cose andavano bene, lo stipendio era buono, poi la situazione è peggiorata a causa di un crescente malcontento nei miei confronti da parte del capo: alla fine ho dovuto lasciare quel posto sicuro per un part-time a Milano. Durante le prime settimane di lavoro ho ricevuto una telefonata da un noto hotel a 5 stelle, fatto il colloquio e subito ho iniziato lì. Avevo grandi aspettative: mi ritrovavo in un posto considerato irraggiungibile, l’occasione per riscattarsi. Purtroppo non è stato così. Ho subito notato un certo malessere tra i dipendenti. Mi è stata fornita una sola divisa e ho dovuto provvedere io all’acquisto delle camicie. C’erano regole assurde, e lo stipendio non era quello concordato in fase di colloquio. Ma la cosa più grave è che facevano leva sul fatto di «essere in un posto eterno, meraviglioso» e dunque ogni ora in più doveva essere un privilegio. E le ore in più erano sempre tante. Le «vecchie leve» mi hanno detto che la situazione è peggiorata con l’arrivo dei nuovi azionisti. Il 4 luglio ho accettato un lavoro part-time in Svizzera, dove ho iniziato il 31, alla conclusione del contratto. Ora lavoro in Svizzera e sono trattata bene: si entra, si lavora, si esce. Gli ultimi impieghi in Italia mi hanno fatto desiderare di scappare. Ho dovuto accettare di arrivare mezz’ora prima perché il capo era ansioso, essere giudicata per l’aspetto esteriore, insultata davanti ai clienti, e altro ancora. Qui il «lavoro è lavoro».
C. S.
-
UFFICI PUBBLICI
«Serve un manager per il risparmio energetico»
Paolo Gulinello , Paolo Gulinello;
-
BONUS
«Prima di erogarli si facciano delle verifiche fiscali sul reddito»
Osvaldo Natalini
-
CAMBIAMENTI
«La mia pensione aumentata di poco, le spese molto di più»
Aligi Giunti
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PANNELLI SOLARI
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Jacob Kalfort
INVIATECI LE VOSTRE LETTERE
Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
VENERDI -L’AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
SABATO -L’ADDIO
Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno.
DOMENICA – LA STORIA
Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia.
LA FOTO DEL LETTORE
Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.
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, Aldo Cazzullo