di Gaia Piccardi
La promessa azzurra del salto in lungo, 19 anni, si racconta in un podcast Red Bull: l’amore a prima vista con l’atletica, l’importanza di nonna Renata, mamma Fiona e babbo Gianni, la capacità di gestire le emozioni e il sogno di volare al Mondiale in Oregon
«Quando ho visto quei tre numeri sul display, il 20 febbraio 2021 ad Ancona, sono stata travolta dalle emozioni. Ci credi che di quel salto non mi ricordo più niente? Ecco, potessi tornare indietro vorrei riviverlo». 6,91 metri, record mondiale juniores nel salto in lungo, eguagliato l’analogo primato al coperto di mamma Fiona May, certo, ma Larissa Iapichino è molto di più. Salta che ti passa si è lasciata intervistare da Luca Perri, astrofisico, voce narrante dei podcast di Redbull con Chora Media, titolo «Esperimento 36»: 12 atleti che hanno accettato di raccontarsi (nella prima puntata Sofia Goggia, nella prossima Matteo Berrettini).
«Ottobre 2015: la prima volta che ho praticato lo sport che è diventato il mio lavoro — racconta Larissa con la sua strepitosa «c» aspirata —, avevo appena smesso ginnastica artistica e iniziato la terza media. Negli sport di squadra sono totalmente negata: non riesco ad avere in testa la concezione del lavoro di gruppo, deve dipendere sempre tutto da me. E non mi piace dipendere dagli altri: è un difetto che ho». Tra l’atletica leggera e Larissa, 19 anni, figlia d’arte, studentessa del primo anno alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Firenze, è stato amore a prima vista: «Ma all’epoca corsa e salti erano un meraviglioso gioco». La sua missione, insomma — sfidare la forza di gravità — all’inizio era un trastullo da bimba. E se, come ricorda Perri nel podcast, l’astronauta americano Alan Shepard durante la missione dell’Apollo 14 ha giocato a golf sulla Luna, dove il peso dell’essere umano è pari a circa un sesto di quello che abbiamo sulla terra, Larissa gioca con le leggi della fisica qui, dove tutto è più difficile. Dentro e fuori la buca della sabbia. «La mia vita è una montagna russa: ci sono state gioie enormi come momenti di grandissima delusione e tristezza (l’Olimpiade di Tokyo sfumata per un infortunio, per esempio, ndr), ma la cosa che ha più caratterizzato la mia vita in tutte le sue fasi è il fatto che mi sono sempre rialzata. Nonostante tutto».
Record prestigiosi, l’anno scorso il cambio di allenatore — da Gianni Cecconi a papà Gianni Iapichino, ex campione italiano di salto con l’asta —, da allora la sfida di metabolizzare la nuova pre-rincorsa, le dinamiche di un salto più adulto, strutturato. Lungo tutto il percorso, la figura di nonna Renata: oltre a mamma Fiona e babbo Gianni, il punto di riferimento di Larissa durante la crescita. «Non è mia nonna di sangue — spiega —, ma di cuore. Mi ha cresciuta quando i miei genitori erano altrove per lavoro o impegnati, a lei devo tanto: è una donna fortissima, a cui devo anche la donna che sono diventata». La forza degli affetti, dunque. Oggi che le misure stratosferiche dell’anno scorso stentano ad arrivare: «Ho più di un migliore amico e di una migliore amica. Si chiamano Lorenzo, Federico e Gaia. Sono state amicizie a prima vista». Un colpo di fulmine anche lì, uno sguardo e zac: «Gaia l’ho conosciuta il primo giorno di scuola materna, siamo sempre in contatto anche se non viviamo più nella stessa città. Lorenzo e Federico li ho conosciuti il primo giorno di liceo scientifico a Firenze. Con tutti e tre amo parlare e fare pazzie, tipo prendere i motorini e andare sulla collina di Fiesole per parlare in tranquillità delle nostre cose, per confidarci». Ma al centro del cuore di Larissa c’è Anastasia, sorellina amatissima: «Siamo legatissime, faccio sempre in modo di passare del tempo da sola con lei».
E poi, ascoltando il podcast, scopriamo che Larissa ama cantare sotto la doccia e in macchina con Fiona e Anastasia, seguendo i brani di una playlist scelta insieme, che la sua giornata ideale è vuota da impegni, «per godermi la mia famiglia, gli amici e il mio ragazzo in serenità». Corpo in aria ma piedi ben piantati per terra, sempre. «L’ultima volta che ho pianto? Davanti a Vittorio (cestista a Treviso ndr), il mio ragazzo. Io sono molto emotiva ma raramente piango davanti agli altri. L’amore nella mia vita gioca un ruolo da quasi protagonista: sono sempre stata affascinata da questa forza potentissima, che ci spinge a fare cose meravigliose. Uno dei miei motti, infatti, è amor vincit omnia». L’amore vince su tutto e navigando attraverso l’arcipelago delle emozioni capita di scoprirsi cresciute: «In passato tendevo di più a tenermi tutto dentro, a non parlare con nessuno: ero convinta di farcela da sola. Da grande ho capito che ci sarà sempre qualcuno disposto ad ascoltarti ed è bene farsi aiutare. Non siamo supereroi, non dobbiamo vergognarci di farci aiutare».
Qual è il tuo talento più inutile le chiede Perri. «Saper fare il verso della pecora — risponde Larissa —, poche persone ne erano a conoscenza finché non mi hanno fatto fare beeeeeeeeh in un programma televisivo!». E le rinunce pesano? «Mi sono persa ore con gli amici, feste, cose futili che però nella vita di un adolescente sono importanti. Ho anche rinunciato a vedere spesso parte della mia famiglia che, da parte di mamma, sta in Inghilterra».
Armstrong e Aldrin, dopo essere allunati il 21 luglio 1969, avrebbero dovuto dormire quattro ore nel modulo lunare, prima di uscire a calpestare il suolo. Non ci pensarono minimamente: troppo eccitati. Forzarono la Nasa a cambiare la scaletta della missione. Larissa sa tenere a bada le sue emozioni: «La notte prima degli esami o di una gara è come tutte le altre. Non soffro di ansie, affronto le gare con la massima serenità. Non la si confonda per mancanza di adrenalina! Quella in pedana arriva. Mi preparo lavorando sui dettagli. Vicino alla performance si bada soprattutto ai dettagli e alla qualità. Sono scaramantica ma non ho riti: indosso una collanina che mi ha regalato una ex compagna di squadra, un chiodino come pendaglio: mi ha portato bene una volta, da allora non la scordo mai».
E qual è il tuo più grande risultato nella vita, Larissa? «La capacità di poter conciliare tante sfere, la vita sportiva e personale e accademica». Se potesse svegliarsi domani con una nuova qualità, sarebbe la pazienza. «Non amo aspettare, ho sempre furia, che in toscana significa fretta. Al genio della lampada chiederei di poter esprimere infiniti desideri…». Furba, la ragazza. In caso di incendio dal rogo salverebbe il suo telefono cellulare, confermando di essere anche pragmatica. Della sua vita non cambierebbe nulla («Sono grata di tutto»), si ripromette di dire «ti voglio bene» più spesso a babbo Gianni, capitano di un mini team padre-figlia che Freud racconterebbe meglio di chiunque altro e che insegue la misura di qualificazione al Mondiale di Eugene di luglio. Ci sarà il mondo (a partire dalla fantastica coppia d’oro Jacobs-Tamberi), in Oregon. No, Larissa — con il suo sconfinato mondo interiore — non può mancare.
12 aprile 2022 (modifica il 12 aprile 2022 | 14:36)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-04-12 13:47:00, La promessa azzurra del salto in lungo, 19 anni, si racconta in un podcast Red Bull: l’amore a prima vista con l’atletica, l’importanza di nonna Renata, mamma Fiona e babbo Gianni, la capacità di gestire le emozioni e il sogno di volare al Mondiale in Oregon, Gaia Piccardi