L’arte di passarsi  la palla, chance in  più per le donne

L’arte di passarsi  la palla, chance in  più per le donne

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di Riccardo Bruno

Il libro di Monica D’Ascenzo tra sport e differenze di genere

Ricorda i suoi inizi Milena Bertolini, tre campionati italiani vinti come calciatrice, altrettanti come allenatrice, attuale ct della Nazionale femminile: «Dove abitavo io in campagna, al campo da calcio erano tutti maschi e ho iniziato a giocare con loro quando avevo sette anni». Bertolini non è diventata solo una campionessa, si è impegnata in politica (assessora nella sua Correggio) e nel sociale (con una società sportiva ha creato centri educativi per ragazzi con disagi). È una professionista e una donna completa, perfetto esempio di come lo sport possa aiutare a realizzarsi nel lavoro e nella vita, tema al centro di Gameday (Gribaudo editore), il libro di Monica D’Ascenzo, giornalista de Il Sole 24Ore, ideatrice e responsabile di Alley Oop-L’altra metà del Sole, blog multifirma dedicato alla diversity.

Ragazze e pallone

Il sottotitolo del volume («Perché le ragazze devono imparare a correre dietro un pallone») chiarisce come l’attività fisica, soprattutto di squadra, possa essere una chiave fondamentale per annullare le differenze di genere. «Imparare a lavorare con gli altri», sostiene D’Ascenzo, «sapersi passare la palla, saper fare della propria individualità un tassello di un team, saper lavorare per un obiettivo comune sono tutte capacità valorizzate dalle aziende. Per non parlare poi della capacità di leadership». I dati Istat aiutano a inquadrare le differenze. «Sei bambini su dieci fanno uno sport di squadra. Di contro, cinque bambine su dieci fanno sport individuali. Per lo più danza e ginnastica artistica».

Storie ed esperienze

D’Ascenzo conduce la sua indagine attraverso le storie e le esperienze dei campioni. Come la Bertolini che osserva che «bisognerebbe formare squadre miste, sarebbe utile dal punto di vista sia culturale che tecnico». Lo sport è anche educazione alla determinazione, come spiega il cestista Marco Belinelli: «Quando hai una forte motivazione hai anche gli stimoli per lavorare e ti poni degli obiettivi da raggiungere». O il velocista Fausto Desalu, oro a Tokyo, cresciuto sui passi di Pietro Mennea: «Il suo esempio ci dice che se vuoi qualcosa davvero e lavori sodo lo puoi ottenere».

Come un’orchestra jazz

La formazione di una persona, oltre che di un atleta, vista con gli occhi dell’allenatore. «Io cerco di creare un’orchestra jazz», spiega Alessandro Campagna, ex pallanuotista, ora alla guida della Nazionale. «Anche in occasione della stonatura di qualcuno, gli altri devono essere in grado di adattarsi alla nuova situazione e riportare il compagno alla giusta tonalità». La squadra è condivisione ma anche esaltazione dell’individuo. Chiarisce la pallavolista Paola Egonu: «Ho bisogno delle mie compagne come loro hanno bisogno di me. E se la palla scotta io sono felice di riceverla».Vale per ogni sport, anche per il calcio. «Bisogna avere fiducia in sé stesse. Quando c’è da tirare un rigore alzo la mano» dice l’attaccante azzurra Cristiana Girelli. Sintetizza D’Ascenzo: «Respirare sport non vuol dire essere dei campioni. Vuol dire vivere esperienze che ci formano come persone, come professionisti, come cittadini».

3 aprile 2022 (modifica il 3 aprile 2022 | 21:38)

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, 2022-04-03 19:49:00, Il libro di Monica D’Ascenzo tra sport e differenze di genere, Riccardo Bruno

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