Le dimissioni di Draghi. Mercoledì riferisce in Parlamento

Le dimissioni di Draghi. Mercoledì riferisce in Parlamento

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di Monica Guerzoni I 5 Stelle assenti alla fiducia. L’ultima mediazione, fallita, di D’Incà. Il presidente del Consiglio: «È saltato il patto di fiducia» Un silenzio surreale avvolge Palazzo Chigi. Piazza Colonna è blindata, la protesta dei tassisti ha fermato il traffico e svuotato il centro storico della Capitale ed è in questo spazio-tempo apparentemente immobile che Mario Draghi matura la decisione di lasciare: dimissioni, dopo un anno e cinque mesi alla guida del governo di unità nazionale. «Ci sono sempre i supplementari», è la battuta con cui il ministro Giancarlo Giorgetti commenta il passo indietro e la decisione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di respingere le dimissioni del presidente del Consiglio. E lo rinvia alle Camere per «effettuare nella sede propria una valutazione della situazione che si è determinata». Draghi in Algeria Il 18 e 19 luglio Draghi sarà in Algeria per una importante missione sul fronte degli approvvigionamenti di gas alternativi alle forniture di Mosca, poi, mercoledì 20, alla Camera e al Senato ci sarà quello che il ministro Renato Brunetta attende come «il giorno della verità, davanti agli italiani». Il Quirinale ha scelto la formula delle comunicazioni, che prevedono il voto su una risoluzione per verificare se il capo del governo ha ancora una maggioranza. Cinque giorni in una crisi di governo sono un tempo lunghissimo. Il Pd di Enrico Letta ce la metterà tutta per provare a «ricreare la maggioranza» attorno all’ex presidente della Bce e Giorgia Meloni si batterà per le elezioni anticipate: «Non accettiamo scherzi, la legislatura è finita». L’ultima mediazionePer seguire la giornata bisogna varcare la soglia di Palazzo Madama. Discussione generale sul decreto Aiuti, che contiene 23 miliardi di sostegni per famiglie e imprese. La sera prima, dopo ore di psicodramma nel Consiglio nazionale e poi nei gruppi parlamentari, Giuseppe Conte aveva annunciato la scelta di ritirarsi sull’Aventino perché il decreto contiene la norma sul termovalorizzatore di Roma. E Palazzo Chigi aveva confermato la posizione del premier: «Se il M5S non vota la fiducia sale al Quirinale e si dimette». Alle dieci del mattino il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà prova il tutto per tutto. Incontra i capigruppo di maggioranza e propone loro di non porre la fiducia, perché in base al regolamento di Palazzo Madama i tempi per approvare il decreto entro il 16 luglio ci sarebbero lo stesso. Ma Draghi ferma i giochi. Lo strappoComincia la «chiama» e i senatori del M5S, compreso il ministro contiano Stefano Patuanelli, spariscono dai radar. Ci sono 172 sì alla fiducia, ma non ci sono i voti di 61 senatori del Movimento. Lo strappo è compiuto e per Palazzo Chigi non c’è filo che possa rammendarlo. «È una scelta che ci divide», liquida gli alleati Letta e si dice pronto per la campagna elettorale se altri partiti si sfileranno dalla maggioranza. Per Renzi Draghi dovrebbe andare avanti «senza i grillini e i loro ricatti». Per Di Maio «i dirigenti del M5S pianificavano da mesi la crisi per mettere fine al governo Draghi». Intanto i governatori leghisti, a cominciare da Fedriga, si schierano per la continuità e premono su Salvini perché freni la voglia di «dare la parola agli italiani». Il traghettatoreTra l’Aula e la buvette di Palazzo Madama rimbalza il nome di Giuliano Amato, anticipato dal Corriere come possibile nuovo premier, che traghetti il governo fino alle elezioni. Il Consiglio dei ministri convocato per le 15.30 viene congelato, segno che qualcosa di importante sta per succedere. Draghi entra in auto e sala al Quirinale per il primo colloquio del giorno con il presidente Mattarella e torna a Palazzo Chigi dopo un’ora. La notizia è che il premier non si è dimesso. Si chiude nel suo studio e riflette, sul destino del governo e sul suo percorso politico. È in quel tempo sospeso che Conte si fa sentire, e i toni non sono per nulla concilianti: «Risposte vere, o nessuno avrà i voti del M5S». Alle sei e mezzo della sera Draghi riunisce il Consiglio dei ministri, ringrazia la squadra (5 Stelle compresi) e spiega la decisione di dimettersi: «Non ci sono più le condizioni per andare avanti». Negli stessi minuti, lontano dai palazzi, Alessandro Di Battista si fa sentire: «Se cade il governo è un’ottima notizia, ma non sono così sicuro». Le dimissioniLo spread sale, la borsa di Milano perde 3,4 punti. Draghi torna al Quirinale e questa volta rassegna le dimissioni nelle mani di Mattarella, che le respinge. La news che farà il giro del mondo. Dal Nazareno trapela l’impegno del Pd per scongiurare «una crisi gravissima che il Paese non può permettersi». 14 luglio 2022 (modifica il 14 luglio 2022 | 22:57) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-14 21:06:00, I 5 Stelle assenti alla fiducia. L’ultima mediazione, fallita, di D’Incà. Il presidente del Consiglio: «È saltato il patto di fiducia», Monica Guerzoni

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