Le fughe all’estero di orchi e killer Ogni settimana un’estradizione

Le fughe all’estero di orchi e killer Ogni settimana un’estradizione

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di Andrea Galli

Il rapporto del ministero della Giustizia: in meno di un anno e mezzo risolti settanta casi. I violentatori di minorenni nascosti in America e Inghilterra. In Sudamerica potenziato il programma «Falcone-Borsellino» per combattere le mafie.

Una rivoluzione rispetto all’immaginario collettivo dell’estradato quale unicamente boss della criminalità organizzata come per esempio Rocco Morabito, il 55enne già «avanguardia della ‘ndrangheta» per dirla con un alto ufficiale dei carabinieri che gli diede la caccia, atterrato a bordo di un aereo Falcon dal Brasile nella notte tra martedì e mercoledì, e adesso destinato a tre decenni di prigione, la durata della sua latitanza in Sudamerica tra cocaina e tesori milionari, rapporti col Potere ed evasioni farsesche. I l Corriere ha esaminato il corposo dossier del ministero della Giustizia sulle settanta persone riportate in Italia nel ristretto arco temporale di quindici mesi, in coincidenza dell’insediamento della ministra Marta Cartabia. E ha scoperto una narrazione di storie e biografie criminali, missioni diplomatiche, analisi e gestioni di casi di geopolitica quasi o per niente mediatiche.

Gli ostacoli

L’estradizione è, di suo, un’operazione complessa e complicata, vincolata al dialogo e alle chirurgiche trattative con altre nazioni spesso inserite nella lista nera dei cosiddetti «Stati-canaglia», pertanto riottose a collaborare; ed è, l’estradizione, giuridicamente bisognosa di un gran lavorio sotterraneo e silenzioso che banalmente può venir compromesso da un fax tardivo. Per tacere delle mosse dei latitanti una volta catturati e in attesa di consegna: non rara l’azione di aggredire un agente, macchiandosi così di un reato locale che può innescare provvedimenti nello Stato chiamato alla consegna, bloccando il completamento dell’estradizione. E anche per tacere della «disobbedienza» di elementi di Governi esteri i quali, in conseguenza di una varietà di cause, dalla corruzione alla paura se non alla mera azione di disturbo contro rivali politici, favoriscono la permanenza di un delinquente invece da estradare (che può essere un imputato, in attesa di giudizio penale, oppure un condannato da sottoporre alle sanzioni stabilite dai Tribunali).

Il maniaco dei bambini

Qualcuno conosce il 74enne Marcello Pigozzo ? S’era nascosto negli Stati Uniti dove credeva di divenire fantasma lasciandosi indietro il passato di maniaco pedo-pornografico, i computer intasati d’ogni possibile orrore con abusi contro i bambini. E il 45enne Luca Fiorentino? Scappato in Inghilterra, perseguito per violenze sessuali su, di nuovo, minorenni. Rimpatriato Pigozzo, rimpatriato Fiorentino. Due operazioni rese possibili da Paesi con i quali il dialogo è robusto, le relazioni bilaterali avviate, il rischio di sorprese limitato. È con altre nazioni che le estradizioni bisognano di un’intensa preparazione. Tradotto: soluzioni che sarebbero scontate nel nostro alfabeto non incontrano obbligate adesioni altrove. Come in Albania. O meglio: come un tempo in Albania.

Le rotte della coca

A lungo ha resistito una sorta di certezza ripetuta dagli investigatori specie dell’Interpol: i criminali albanesi le tentano tutte pur di farsi trasferire nei penitenziari di Tirana o Valona perché poi, tanto, pagando escono quando vogliono. Il tema albanese è di rara e intensa complessità e, forse come pochi altri, necessita di distinguo a fronte di generalizzazioni. Ma è indubbio che l’elevata presenza, nell’elenco del ministero della Giustizia, di albanesi dall’Italia condannati e in Italia riportati, ci collega in forma esclusiva alle rotte del narcotraffico. Anni fa, quei malavitosi albanesi attivi nella droga erano notori per l’ossessiva e ottusa capacità di dilaniarsi in guerre intestine, per ambire velocemente a ruoli egemonici stanchi com’erano di fare i galoppini delle cosche; preferivano il guadagno subito e immediato anziché una lungimirante politica di programmazione. Oggi no. Oggi ci sono boss albanesi che trattano alla pari con i narcos sudamericani ragionando da sofisticati manager; boss che reclamano spazio e potere sapendo di poterli ottenere; boss che, per un ulteriore collegamento a Morabito, di sicuro hanno festeggiato la fine dello stesso boss, visto che dal Brasile all’Argentina, dalla Bolivia al Cile, lungo i canali della cocaina si è creata una voragine nella quale (provare a) inserirsi. Sicché le estradizioni di Mateo Gjepali o Julian Mandija, di Kristo Mahmutaj o Arber Kojko, appunto tutti albanesi e trafficanti, sono un marchio netto: segnano uno spartiacque anche per innegabile merito del Governo albanese.

La mamma uccisa

Prevedibile obiezione: tante grazie, Tirana ambisce all’ingresso nell’Unione europea e quindi… Però nella vita contano i fatti, e spostando la geografia – ma il concetto non cambia –, ecco che non era per nulla prevedibile che gli Emirati Arabi, uno dei classici Paesi inseriti nella «black list» e meta d’una apposita missione della ministra Cartabia, consegnassero il potente narcos Raffaele Imperiale, camorrista dotato di ramificate reti nell’Olanda dei quintali di cocaina, e insieme aderissero a un percorso comune con l’Italia firmando appositi e inediti accordi bilaterali. Relazioni migliorate anche con la Tunisia dove si era rifugiato, sicuro d’incontrare protezione assoluta al di là di eventuali sentenze dei giudici e incarcerazioni, Mootaz Chaambi, il quale a Palazzolo, in provincia di Brescia, aveva massacrato la moglie Daniela, mamma di due bimbi: 39 coltellate inferte senza la minima esitazione. La riuscita dell’operazione-Chaambi era fino a poco tempo fa insperabile. Del resto nell’analisi delle estradizioni avvenute, vanno inserite numerose variabili relative alle differenze di leggi, popoli, abitudini, e anche degli orgogli patriottici, della valenza che certe azioni con lo straniero hanno in termini di propaganda e riconoscibilità degli elettori, del circoscritto periodo nel quale avviene la trattativa bilaterale e anche con quale partner specifico.

Falcone e Borsellino

Fin dai tempi dei brigatisti sanguinari e codardi che laggiù scapparono vivendo di sole e d’ozio, il Sudamerica si conferma terra ricettiva per i criminali. Anche qualora la situazione degeneri: le debolezze strutturali delle carceri, l’estesa corruzione e il rischio perenne di fughe di massa a causa di sollevazioni popolari e colpi di Stato, sono le condizioni per le quali a lungo Morabito ha cercato di rimanere in Brasile evitando di salire sul Falcon verso l’Italia, aeroporto di Ciampino. Ma come il pregiudizio è l’errore massimo che un investigatore può compiere, così nella diplomazia internazionale contano i momenti e i loro interpreti, non il prima né il dopo, non le sicurezze apriori e le sottovalutazioni. Rappresenta un innegabile elemento qualitativo, pur se dettata dall’emergenza, la richiesta avanzata dal Paraguay di un aiuto italiano per aggiornare la Costituzione – sì, addirittura la Costituzione – dopo l’omicidio del pubblico ministero Marcelo Pecci, 45enne che ricorda drammaticamente, troppo drammaticamente, i magistrati dei quali in Colombia Pablo Escobar ordinava la morte ottenendola in poche ore. Per tacere di noi, delle nostre vittime delle mafie. Il programma «Falcone-Borsellino» è una misura di diplomazia giuridica – forse la definizione che inquadra anche la filosofia e l’operato del ministro Cartabia – per aiutare nazioni sudamericane e caraibiche ad aggrapparsi alla legge e alla tenacia degli uomini e le donne di legge. Consentendo l’aggiornamento dell’elenco degli estradati, che di caso in caso, in settimana in settimana, ha finora inglobato Walter Morici (dall’Ucraina, per truffa), Graciela Cendy Rodriguez Gonzalez (Uruguay, droga), Amancio Melgarejo (Perù, associazione a delinquere), Silvio Galizia (Capo Verde, violenza sessuale su minore), Veaceslav Banu (Russia, estorsione)… Ogni sei giorni, in media, un ex latitante arrestato all’estero viene riportato in Italia. Nell’elenco, mancano gli ultimi brigatisti trincerati in Francia: alla lunga, con questo ritmo, toccherà inesorabilmente anche a loro.

9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 04:58)

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, 2022-07-09 03:03:00, Il rapporto del ministero della Giustizia: in meno di un anno e mezzo risolti settanta casi. I violentatori di minorenni nascosti in America e Inghilterra. In Sudamerica potenziato il programma «Falcone-Borsellino» per combattere le mafie. , Andrea Galli

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