di Francesco VerderamiDraghi sa che c’è una componente psicologica, oltre che politica, nella crisi innescata dal movimento 5 Stelle. E mentre Pd e FI sono concordi («Non appoggeremo un altro governo diverso da questo»), il premier lavora per garantire la tenuta del governo C’è una componente psicologica oltre che politica nella crisi innescata da M5S. E siccome Draghi l’ha compreso, ha impostato la mediazione con i grillini non fermandosi ai provvedimenti ma mirando anche a (ri)costruire un sistema di relazioni che li rassicuri. Emblematico quanto è accaduto con il ministro Patuanelli. Giorni fa il titolare dell’Agricoltura si era sfogato con un collega di governo, anticipandogli di fatto la fine del rapporto con il premier: «Siamo tagliati fuori dal cerchio delle decisioni. Così non ha più senso». Nell’impeto, aveva criticato i metodi di gestione dei dossier, lanciando accuse verso il sottosegretario alla Presidenza Garofoli. Dentro quel ragionamento si coglieva un sentimento di profonda frustrazione, come se il fattore psicologico fosse parte delle contestazioni politiche: la percezione di non contare, di essere stati tagliati fuori . Espulsi. L’altro ieri, mentre si svolgeva il Consiglio dei ministri e Draghi continuava a dare la parola nel dibattito, a un certo punto è stato notato un particolare. «Tocca a te, Stefano», ha detto il premier rivolgendosi a Patuanelli. Il fatto è che Draghi non è solito rivolgersi ai ministri chiamandoli per nome… «Il premier non offrirà pretesti, garantirà una via d’uscita ai Cinque Stelle», spiegava chi è stato testimone di quell’inusuale avvenimento. Tutti hanno colto la diversità di toni rispetto a quelli usati da Draghi quando i ministri grillini avevano disertato il voto sul decreto Aiuti. Malgrado un tentativo di mediazione del Pd, il premier era stato irremovibile: «Se non vogliono votarlo, non lo votino». Perché questo è il metodo del premier, che — sostiene un esponente del governo — «non cerca mai compromessi cerca di comporre soluzioni. Che è cosa differente». Certo, non basta dare del tu a Patuanelli per chiudere la vertenza con Conte. E non c’è dubbio cheil clima nella maggioranza sia destinato a restare arroventato , che in Senato — proprio sul decreto Aiuti — andrà in scena un altro atto della pre-crisi grillina. Che tuttavia non diventerà una crisi vera e propria, «la situazione non precipiterà» scommette un autorevole ministro dem: «Semmai bisognerà abituarsi di qui al 2023 a una sensibile diminuzione del livello di solidarietà tra le forze della maggioranza. Ma nessuno si avvicinerà al punto di rottura. Nemmeno la Lega, neppure a settembre». C’è una rete di protezione attorno al governo che parte dal Colle e arriva ai sindacati: «Ho bisogno di un esecutivo che dia risposte e faccia cose», diceva ieri Landini. Perciò, «al di là dei rumori di sottofondo — secondo Rosato — Draghi andrà avanti». Questo Draghi. Con questo governo. Anche se i pronostici fossero disattesi e si aprisse la crisi. In tal caso, peraltro, le opzioni nella disponibilità del Quirinale sarebbero tante, «compresa la possibilità di rimandare il premier alle Camere per verificare se ha ancora la fiducia», avvisa un esponente della maggioranza. «Un Draghi bis — taglia corto Lupi — sarebbe una soluzione umiliante per il premier e per tutti noi». Cioè per i partiti. Per una volta infatti Letta e Tajani concordano: un altro governo non lo appoggeremmo. E in fondo Conte ha solo bisogno di tenere unito il Movimento, che si frantumerebbe con la crisi: l’altra sera alla Camera la maggioranza del gruppo grillino era contraria a questa prospettiva. E già con le valigie in mano. «Si vivrà di fibrillazioni fino alla fine», sospirava ieri il dem Fiano. E la fine della legislatura si avvicina. Resta il tempo per la Finanziaria, non per la riforma elettorale. «Franceschini ci sta provando — rivela Renzi — ma non ce la farà». Berlusconi e Salvini, nonostante il pressing di Letta (Gianni) e di Giorgetti, sul proporzionale non ci sentono. Meloni non vuole neppure aprire la trattativa, «perché si sa come comincia ma non come finisce». C’è l’ultimo miglio da compiere. E tutto sta nelle parole di Draghi a Patuanelli, «tocca a te, Stefano». 8 luglio 2022 (modifica il 8 luglio 2022 | 23:40) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-08 20:55:00, Il tono affabile usato con Patuanelli in Consiglio dei ministri: «Tocca a te, Stefano». Pd e FI concordi: non appoggeremo un altro governo diverso da questo, Francesco Verderami