Mezzogiorno, 30 agosto 2022 – 08:41 di Francesco Dandolo Si dice che non dobbiamo essere preoccupati per le prossime elezioni se vincerà il centro-destra. O forse è meglio dire destra-centro. Me lo auguro. Certo, per sgombrare il campo da inquietudini, sarebbe stato auspicabile che il partito indicato dai sondaggi come vincitore avesse promosso approfonditi dibattiti sui grandi temi della società italiana, confrontandosi con esperti di altra ispirazione culturale e politica. Oppure avesse avviato una pacata discussione, con il coinvolgimento degli iscritti, sulla storia dell’Italia e sui diversi modelli di convivenza civile, considerato che si possono nutrire dubbi – fondati o meno non lo so, saranno i prossimi mesi a dircelo se vincerà questo schieramento politico – sul tipo di democrazia verso cui si propende. Questo non per demonizzare nessuno, ma perché la democrazia è confronto con chi è diverso da me, nella consapevolezza che da questo scambio, a volte complicato e polemico, può scaturire un reciproco arricchimento. Non dico che bisognava rifarsi a quanto accadde oltre trent’anni fa nel corso del trapasso dal Pci al Pds che determinò attraverso innumerevoli dibattiti nelle sezioni un momento unico di autocoscienza collettiva a livello politico. Ma almeno un’apertura programmatica, un’analisi realistica delle questioni sociali, la ricerca di soluzioni innovative. Si è invece assistito a rassicurazioni dirette prioritariamente all’estero, mentre per l’Italia si è dato per scontato che tutto sia acquisito. Ora penso che almeno due questioni vadano sollevate in modo sereno e senza pregiudizi: il Mezzogiorno e gli immigrati. Per il Sud è evidente l’assoluta necessità di interventi pubblici. La pandemia ha reso lampante la gravissima carenza di servizi collettivi gestiti dallo Stato, già chiara per chi qui ci risiede. Se si pensa alla sanità basta ricordare che la Campania è la regione in Italia con la più bassa aspettativa di vita e una palese insufficienza di posti letto: ne sono prova i tanti malati in barella nell’attesa di cure e i medici esausti al pronto soccorso del Cardarelli. Vi è poi la scuola: servizio pubblico vuol dire garantire pari opportunità ai nostri ragazzi sull’intero territorio nazionale. Eppure, nelle regioni meridionali le iscrizioni ai corsi in cui si pratica il tempo pieno sono molto basse. Ma il problema più serio è la dispersione scolastica che nel Mezzogiorno raggiunge tassi allarmanti, aggravata dalle continue sospensioni a causa della pandemia. Servizio pubblico è garantire sicurezza e incolumità sul territorio: ed è noto che varie zone, in primo luogo nelle città meridionali, sono dominate dalla criminalità con un uso disinvolto delle armi. Come affrontare queste emergenze senza una dose massiccia di finanziamenti statali che vanno oltre le risorse del Pnrr? Vi sarebbero altri esempi, ma in questa ultima parte vorrei fare alcune rapide considerazioni sulla questione migratoria. Se si vuole esaminare seriamente il tema, si deve partire dall’osservazione che oggi il problema più urgente è esaminare speditamente le domande di molte decine di migliaia di immigrati presentate in occasione del decreto dell’estate di due anni fa volto a far emergere solo una parte dei lavoratori stranieri. È ricorrente incontrare immigrati residenti in Italia da vari anni, che parlano perfettamente l’italiano, lavorano, ma privi ancora di una chiara determinazione del loro status. Un’incertezza che impedisce i percorsi di integrazione, che dovrebbero essere al centro di tutte le forze politiche. Come è necessario un sensibile incremento dei flussi annuali di ingresso: lo sanno bene gli imprenditori della nostra regione che lamentano la mancanza di manodopera per le loro aziende. Infine, andrebbe finalmente risolta la questione della cittadinanza ai figli di immigrati, nella consapevolezza che l’attuale legge pone l’Italia tra i paesi più retrogradi in Europa. Sono annotazioni essenziali su alcune delle tante questioni che aspettano una pronta risposta da chi si propone come classe dirigente. Affrontarle senza imbarazzi e con competenza potrebbe contribuire ad accreditare – anche all’estero – la nuova classe politica. E lo si può fare in campagna elettorale, se si hanno davvero a cuore le sorti del paese. 30 agosto 2022 | 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-30 06:42:00, Mezzogiorno, 30 agosto 2022 – 08:41 di Francesco Dandolo Si dice che non dobbiamo essere preoccupati per le prossime elezioni se vincerà il centro-destra. O forse è meglio dire destra-centro. Me lo auguro. Certo, per sgombrare il campo da inquietudini, sarebbe stato auspicabile che il partito indicato dai sondaggi come vincitore avesse promosso approfonditi dibattiti sui grandi temi della società italiana, confrontandosi con esperti di altra ispirazione culturale e politica. Oppure avesse avviato una pacata discussione, con il coinvolgimento degli iscritti, sulla storia dell’Italia e sui diversi modelli di convivenza civile, considerato che si possono nutrire dubbi – fondati o meno non lo so, saranno i prossimi mesi a dircelo se vincerà questo schieramento politico – sul tipo di democrazia verso cui si propende. Questo non per demonizzare nessuno, ma perché la democrazia è confronto con chi è diverso da me, nella consapevolezza che da questo scambio, a volte complicato e polemico, può scaturire un reciproco arricchimento. Non dico che bisognava rifarsi a quanto accadde oltre trent’anni fa nel corso del trapasso dal Pci al Pds che determinò attraverso innumerevoli dibattiti nelle sezioni un momento unico di autocoscienza collettiva a livello politico. Ma almeno un’apertura programmatica, un’analisi realistica delle questioni sociali, la ricerca di soluzioni innovative. Si è invece assistito a rassicurazioni dirette prioritariamente all’estero, mentre per l’Italia si è dato per scontato che tutto sia acquisito. Ora penso che almeno due questioni vadano sollevate in modo sereno e senza pregiudizi: il Mezzogiorno e gli immigrati. Per il Sud è evidente l’assoluta necessità di interventi pubblici. La pandemia ha reso lampante la gravissima carenza di servizi collettivi gestiti dallo Stato, già chiara per chi qui ci risiede. Se si pensa alla sanità basta ricordare che la Campania è la regione in Italia con la più bassa aspettativa di vita e una palese insufficienza di posti letto: ne sono prova i tanti malati in barella nell’attesa di cure e i medici esausti al pronto soccorso del Cardarelli. Vi è poi la scuola: servizio pubblico vuol dire garantire pari opportunità ai nostri ragazzi sull’intero territorio nazionale. Eppure, nelle regioni meridionali le iscrizioni ai corsi in cui si pratica il tempo pieno sono molto basse. Ma il problema più serio è la dispersione scolastica che nel Mezzogiorno raggiunge tassi allarmanti, aggravata dalle continue sospensioni a causa della pandemia. Servizio pubblico è garantire sicurezza e incolumità sul territorio: ed è noto che varie zone, in primo luogo nelle città meridionali, sono dominate dalla criminalità con un uso disinvolto delle armi. Come affrontare queste emergenze senza una dose massiccia di finanziamenti statali che vanno oltre le risorse del Pnrr? Vi sarebbero altri esempi, ma in questa ultima parte vorrei fare alcune rapide considerazioni sulla questione migratoria. Se si vuole esaminare seriamente il tema, si deve partire dall’osservazione che oggi il problema più urgente è esaminare speditamente le domande di molte decine di migliaia di immigrati presentate in occasione del decreto dell’estate di due anni fa volto a far emergere solo una parte dei lavoratori stranieri. È ricorrente incontrare immigrati residenti in Italia da vari anni, che parlano perfettamente l’italiano, lavorano, ma privi ancora di una chiara determinazione del loro status. Un’incertezza che impedisce i percorsi di integrazione, che dovrebbero essere al centro di tutte le forze politiche. Come è necessario un sensibile incremento dei flussi annuali di ingresso: lo sanno bene gli imprenditori della nostra regione che lamentano la mancanza di manodopera per le loro aziende. Infine, andrebbe finalmente risolta la questione della cittadinanza ai figli di immigrati, nella consapevolezza che l’attuale legge pone l’Italia tra i paesi più retrogradi in Europa. Sono annotazioni essenziali su alcune delle tante questioni che aspettano una pronta risposta da chi si propone come classe dirigente. Affrontarle senza imbarazzi e con competenza potrebbe contribuire ad accreditare – anche all’estero – la nuova classe politica. E lo si può fare in campagna elettorale, se si hanno davvero a cuore le sorti del paese. 30 agosto 2022 | 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,