di Luca Angelini
Secondo Thomas Friedman del New York Times le continue sconfitte in Ucraina potrebbero portare i servizi segreti russi a destituire lo «zar» del Cremlino. Uno scenario improbabile, però, secondo Andrei Soldatov e Irina Borogan di Agentura.ru
«L’esercito russo è un’istituzione orgogliosa e, se continua a subire sconfitte catastrofiche in Ucraina, posso immaginare una situazione in cui o Putin vuole decapitare la leadership del suo esercito — per farne il capro espiatorio del suo fallimento in Ucraina — o l’esercito, sapendo quel che sta per accadere, cerca per primo di cacciare Putin».
Lo scenario, prefigurato da Thomas Friedman del New York Times non convince Andrei Soldatov e Irina Borogan di Agentura.ru, un sito specializzato nel tenere d’occhio i servizi segreti di Mosca. In un intervento su Foreign Affairs spiegano perché è improbabile che i siloviki, come vengono chiamati i vertici della sicurezza, o i militari arrivino a un colpo di mano contro lo «zar» del Cremlino.
La prima ragione ha a che fare con la «tradizione». «Storicamente, l’esercito russo non ha mai rappresentato una grande minaccia per i governanti del paese. A differenza di altre società fortemente militarizzate, in Russia ci sono stati pochissimi colpi di stato militari riusciti o tentati. L’ultima volta che l’esercito russo lanciò una ribellione aperta fu nel 1825, quando i Decabristi tentarono di detronizzare lo zar Nicola I; la rivolta fallì disastrosamente, con la maggior parte dei capi dei golpisti uccisi o esiliati». È vero che, nell’ottobre del 1993, «un gruppo di ex veterani sovietici che si autodefinivano Unione degli Ufficiali prese parte a una rivolta ultraconservatrice, ma furono arrestati prima che la ribellione prendesse il via».
Quanto al periodo sovietico, fin dai tempi della Ceka e poi del Kgb, i servizi segreti hanno sempre tenuto occhi e orecchie molto aperti per individuare e reprimere sul nascere eventuali tentazioni «golpiste» nelle forze armate. E Putin ha, se possibile, espanso i poteri dell’Fsb, che ha preso, nel palazzo della Lubjanka, il posto di quel Kgb in cui lui stesso si è fatto le ossa. «Con una tale, incessante sorveglianza — concludono Soldatov e Borogan — l’esercito russo non ha mai prodotto il tipo di ufficiali che possano guidare una rivolta efficace».
Ma che dire dello stesso Fsb? In fondo, come abbiamo appena ricordato, i servizi segreti hanno prodotto «uno dei più potenti leader del Paese da Stalin in poi», ossia Putin medesimo. Anche in questo caso, Soldatov e Borogan elencano però una serie di motivi che suggeriscono di non farsi illusioni: «Se qualcuno si aspetta che membri dei servizi di sicurezza si sollevino contro Putin, farebbe bene a considerare i precedenti trascurabili di effettivo dissenso dell’Fsb. I servizi di sicurezza russi sono sempre stati inclini alla corruzione, ma non sono stati particolarmente abili nel costruire basi di potere efficaci e proprie reti di clientelismo. A causa del modo in cui è strutturato l’Fsb, i singoli ufficiali tendono a essere fedeli al proprio grado e posizione, piuttosto che a particolari alti ufficiali all’interno dei servizi; se un generale dell’Fsb perde il posto, non può fare affidamento sulla lealtà dei suoi ex subordinati».
E chi lavora nel palazzo della Lubjanka ha imparato che potrebbe subire la «cura Putin» come chiunque altro (si veda l’approfondimento, sul Corriere, di Marco Imarisio): «Al momento, ci sono dozzine di ufficiali dell’Fsb incarcerati con l’accusa di corruzione e tradimento (che spesso implicano presunto spionaggio per conto degli Stati Uniti). Sebbene le accuse a volte siano reali, spesso sembrano esserci altri motivi che determinano chi viene preso di mira. Nella maggior parte dei casi, gli accusati sono stati arrestati dal dipartimento di sicurezza interna dello stesso Fsb. Come risultato di queste pratiche, esiste da tempo una cultura pervasiva di sfiducia all’interno dell’Fsb: gli ufficiali di medio livello non si fidano dei generali e i generali non si fidano dei loro subordinati». L’esempio più lampante è il tentato putsch del 1991 guidato dal capo del Kgb, Vladimir Kryuchkov, fallito perché i membri del servizio segreto, anziché seguire attivamente il loro «comandante» preferirono stare alla finestra e vedere quel che succedeva.
Altro fattore da non trascurare: l’attuale generazione di ufficiali dell’Fsb non ha mai conosciuto un altro «zar» che non fosse Vladimir Putin (anche ai tempi in cui il presidente fu Medvedev, con Putin premier, tutti sapevano chi comandasse davvero) e, a differenza che in passato, è stata in pratica tutta formata da un solo direttore, Aleksandr Bortnikov, al vertice del servizio segreto dal 2007. «Oggi, gli ufficiali dell’Fsb servono solo il presidente, obbedendo agli ordini. La loro funzione principale è eliminare con spietatezza ogni potenziale fonte di opposizione o dissenso, puramente e semplicemente, senza fare domande. E lo status elevato di cui godono nella società russa li ha resi ancora più fedeli al regime».
Vero è che, come ha fatto notare Friedman, i siloviki non devono essere particolarmente rallegrati dal fatto che Putin sembra voler imputare anche o forse soprattutto a loro il fatto che la campagna d’Ucraina non sia andata secondo le previsioni e che la pubblica umiliazione di Sergei Naryshkin, il capo dell’intelligenze estera che aveva osato sollevare qualche dubbio sull’opportunità dell’invasione, può indurli a non dire a Putin tutta la verità e nient’altro che la verità. Ma da lì a pensare che, prima o poi, tenteranno di rovesciarlo, ce ne passa.
C’è solo uno scenario nel quale, secondo Soldatov e Borogan, una congiura di palazzo potrebbe essere immaginabile: «Mancando di esperienza politica e di un’ampia base di appoggio, i siloviki, sia i servizi di sicurezza che i militari, difficilmente sono in grado di produrre e condurre un colpo di Stato da soli. Né sono suscettibili di essere influenzati se il sentimento popolare in Russia si rivoltasse radicalmente contro Putin. Ma i siloviki sono spietati nel proteggere i propri interessi, e c’è almeno una situazione nella quale potrebbero perdere la fiducia: se i problemi economici della Russia raggiungono il punto in cui i suoi governatori regionali iniziano a rompere i ranghi con Putin e l’ordine economico che ha sostenuto lo stato di sicurezza di Putin per più di 20 anni inizia a crollare, allora i siloviki potrebbero concludere che il Cremlino sta perdendo il controllo del Paese e che il loro stesso futuro è minacciato. In tal caso, potrebbero farsi da parte e lasciare che accada, o addirittura dare una mano».
16 aprile 2022 (modifica il 16 aprile 2022 | 15:39)
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, 2022-04-16 13:59:00, Secondo Thomas Friedman del New York Times le continue sconfitte in Ucraina potrebbero portare i servizi segreti russi a destituire lo «zar» del Cremlino. Uno scenario improbabile, però, secondo Andrei Soldatov e Irina Borogan di Agentura.ru, Luca Angelini