“Leggere dieci volte pagina 60”. Cosa fareste se, aprendo il diario di vostro figlio, leggeste questo compito? Siamo in una seconda primaria. La bambina non ama leggere, lo trova noioso e la famiglia si impegna molto per aiutarla a scoprire la passione e la bellezza della lettura. Ma poi arriva il week end, e i compiti sul diario sono chiari: leggere dieci volte il brano a pagina 60. Dieci. La famiglia si chiede, come farà la maestra a verificare che ha letto dieci volte? E se fossero nove? Sette? Quattro? Come aiutare nostra figlia a non trovare noiosa un’attività, necessariamente, noiosa?
La scuola italiana sta vivendo una delicata fase di passaggio, da un modello trasmissivo, che per decenni ha caratterizzato il nostro sistema scolastico, a un approccio, o una serie di approcci, che cercano di promuovere aspetti di innovatività, partendo dalla richiesta di alunni, famiglie e società. Da un lato abbiamo ancora un dominio assoluto di scuole impostate con un modello tradizionale, con un’organizzazione spaziale frontale, con i banchi messi davanti alla cattedra (cambia poco se a “ferro di cavallo” o divisi per file), caratterizzato da un approccio trasmissivo e una modalità organizzativa che non presenta grandi differenze rispetto a venti anni fa. Dall’altro assistiamo al nascere e al proliferare di scuole innovative, che promuovono una didattica per competenze, laboratoriale, che usano con sempre più padronanza metodologie innovative (pensiamo alla flipped lesson, all’approccio senza zaino, alle scuole nel bosco, ecc) e destrutturate. Come orientarsi?
In questo panorama complesso e articolato ci sono abitudini e modalità di azione dure a morire e che non riescono a lasciare il passo a innovazioni didattiche significative. Potrei fare molti esempi, ma tutti vanno nella direzione del cosiddetto “apprendimento meccanico” che tanto annoia e affatica, ma del quale non possiamo proprio fare a meno. In molte scuole, di fatto, si è ancora convinti che per imparare bene, serva fatica, noia, ripetizioni. Si parte dalla certezze che sia imprescindibile una ripetizione di concetti e contenuti, perché, se per suonare la chitarra servono i calli sulle dita, per leggere è necessario ripetere dieci volte la stessa pagina e per imparare le tabelline servono ore e ore di frasi ripetute cercando rime (6×8=48, ASINO COTTO), stratagemmi e trucchetti per ricordare, memorizzare, sopravvivere.
“Così proposta mi sembra un evidente tentativo di applicare il principio della sofferenza nell’insegnamento, misconoscendo le tappe che sono necessarie per qualsiasi apprendimento. Sarebbe lungo e complesso dover discutere sui risvolti demotivanti e frustranti che sul lungo periodo possono riverberarsi nella vita della bambina. È chiaro comunque, che un’analisi più approfondita non può sottovalutare l’importanza dell’impegno nelle richieste, se coerenti con il livello di sviluppo. L’impegno, arduo, ma auspicabile, deve essere quello di trovare prove e impegni che siano sufficientemente sfidanti e, ove possibile, giustamente frustranti”, questo il pensiero del prof. Ottavio Fattorini, dirigente scolastico del Liceo Labriola di Ostia. Il professore, esperto di ambienti di apprendimento e di didattica, solleva alcune questioni importanti. Da un lato si sottolinea il rischio, elevatissimo, di aumentare il livello di demotivazione negli alunni, se la lettura dovesse risultare come un mero esercizio meccanico.
Leggere, così come amare, sono verbi che non possono essere coniugati all’imperativo. È necessario che i docenti siano in grado di promuovere la motivazione, tenere conto delle emozioni e del vissuto dei bambini: solo in questo modo la didattica si farà su misura e, di conseguenza, efficace.
Un altro aspetto sul quale riflettere è legato al tema della frustrazione. Non bisogna evitare le frustrazioni nei nostri alunni, almeno non del tutto. È però indispensabile accompagnare i bambini, così come i giovani, all’interno di un percorso che li aiuti a resistere alle frustrazioni e poter sviluppare, ove possibile, la resilienza, cioè la capacità di sopportare stress senza “spezzarsi”. Nessuno nega l’importanza della lettura, dell’esercizio, dell’impegno, ma nessuno deve negare il diritto dei bambini a non annoiarsi, ad essere accompagnati in un percorso di crescita personale, ad essere considerati soggetti attivi nel proprio percorso di crescita. Siamo sicuri, che per fare tutto questo, sia così importante leggere dieci volte pagina 60?
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