Secondo Geoffrey Hinton – un pioniere della tecnologia che ha lavorato a lungo sulle reti neurali, vincitore del Turing Award (il “Premio Nobel dell’informatica”) e tra i “padrini” dell’intelligenza artificiale (IA) – lo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale pone “una minaccia esistenziale all’umanità”. In un recente intervento al MIT di Boston ha gelato la platea di scienziati, ingegneri e manager delle “Big Tech” rivelando questa sua riflessione: nel tempo “ho cambiato idea sul rapporto tra il cervello umano e i modelli di intelligenza artificiale. Pensavo che questi modelli lavorassero come il cervello. Invece questi grandi modelli sono in grado di sapere migliaia di volte quello che sanno gli umani. Se poi si prendono vari di questi modelli a lavorare su set di dati diversi, quello che impara uno può essere subito comunicato all’altro. Le persone non possono fare così, perché i nostri cervelli sono tutti diversi tra loro (…). Immaginate ad esempio due dottori: uno vede mille pazienti, l’altro un milione di pazienti. Questi strumenti, incluso ChatGPT, sono in grado di fare dei ragionamenti. Possono essere in grado di manipolare le persone, avendo imparato tutta la conoscenza del mondo”.
Questi scenari, che sono “spaventosi” e disegnano appunto una “minaccia esistenziale all’umanità”, interrogano direttamente il mondo dell’educazione, che non può girarsi dall’altra parte e far finta di nulla.
Da un’altra prospettiva, rappresentano anche un’enorme opportunità, perché possono restituire alla scuola quella centralità che ormai ha in larga parte perso: la scuola può contribuire a offrire gli strumenti culturali e cognitivi per fare sì che l’umanità interagisca al meglio con le macchine, conservando il controllo, e che i giovani possano prepararsi a un mondo e a una società che saranno profondamente cambiati dall’evoluzione tecnologica, la cui accelerazione sarà esponenziale e mai vista.
Ne consegue che i sistemi di istruzione, chi li governa e chi ci lavora, non possono operare come se tutto ciò non stia accadendo: vanno adattati i modelli organizzativi, pedagogici e didattici, anche perché le modalità, le forme, i tempi e i luoghi di apprendimento evolveranno sempre di più. Diventano ancora più importanti la cultura “di base”, che forma la persona, l’imparare ad imparare, le competenze trasversali, e al contempo l’acquisizione degli strumenti per vivere e interpretare l’era del digitale (coding, interfaccia uomo-macchina, uso intelligente e consapevole delle tecnologie, etc). La missione della scuola acquista ancora più peso di fronte a una scommessa per l’umanità come quella che ci apprestiamo a vivere.
Come può un insegnante, o un dirigente scolastico, pensare che tutto questo non lo tocchi e andare avanti come se nulla fosse?
Su questi temi, sulle implicazioni dello spostamento in avanti delle frontiere tecnologiche e sui conseguenti impatti sulla società e sull’educazione Tuttoscuola intende proporre riflessioni, un dibattito aperto e documentato e offrire strumenti operativi agli operatori scolastici per orientarsi e tenersi aggiornati. Seguiteci con continuità.
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