Letta: «Calenda farà da magnete per i voti di centrodestra. Ora la partita è aperta»

Letta: «Calenda farà da magnete per i voti di centrodestra. Ora la partita è aperta»

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di Venanzio Postiglione

Il leader dem: le cose complicate, alla fine, danno gioia. Carlo saprà fare da magnete per i voti di centrodestra

Soddisfatto?

«Molto. Perché l’obiettivo era difficile e perché diamo il senso della svolta».

Alla vigilia sembrava più no che sì.

«Ci ha aiutato lo spirito costruttivo: le cose complicate, alla fine, danno più gioia. Va bene per quello che dice al Paese e perché genera energie. Ricevo un diluvio di commenti».

Cosa dicono?

«Sono complimenti. Perché abbiamo tolto il nostro interesse di parte a favore dell’interesse generale».

Patto con Calenda

appena firmato. Enrico Letta, leader del Pd, oggi pomeriggio incontra Fratoianni e Bonelli, che stanno aprendo un nuovo fronte: «Li vedrò subito, il loro ruolo lo considero fondamentale».

Ripartiamo dall’accordo. Quanto è stato complesso?

«Il punto vero? Il paragone con i tempi rapidi per il patto dell’altra alleanza. Che hanno fatto in 48 ore: la chiamano intesa, ma è stata una resa. Quando Salvini ha deciso che non correva da premier ma da ministro dell’Interno di Meloni, è finita lì: per arrendersi basta un minuto. Bandiera bianca di Salvini e Berlusconi».

La vostra, però, stava diventando la telenovela dell’estate.

«Non è così. Tredici giorni fa il governo Draghi era nelle sue piene funzioni. Ci voleva il tempo necessario per un’intesa equilibrata e per una coalizione più larga, anche con i Verdi, Sinistra italiana, Impegno civico. Un lavoro intelligente per superare gli ostacoli, la possibilità di avere più liste».

Il termine è poco elegante, ma forse rende l’idea: Carlo Calenda non è ingombrante?

«La personalità di Calenda non la scopriamo adesso. È nota a tutti. Ma io ho agito separando aspetti personali e politici e lui è stato davvero costruttivo. L’obiettivo è dare all’Italia un’alternativa rispetto alla vittoria della destra, che veniva considerata ineluttabile».

Cosa si aspetta?

«Calenda saprà fare da magnete per i voti di centrodestra. Così come noi, con la nostra lista, assieme a Roberto Speranza, avremo un grande successo nell’elettorato di sinistra e di centrosinistra. Ripeto: il traguardo politico è importante, i nodi caratteriali vengono dopo».

Collegi uninominali: 70 per cento al Pd, 30 per cento per Azione e +Europa. Traduzione libera: avete ceduto.

«Guardi, io ho pensato all’obiettivo generale che è essere competitivi e provare a vincere. Se fossimo usciti senza un’intesa avremmo trasmesso il messaggio dei perdenti in partenza, per via della legge elettorale che obbliga ad aggregarsi. Gli altri, di là, tutti insieme e noi tutti divisi. No. Sarebbe stato un disastro e la dinamica della campagna sarebbe partita in avvitamento. Invece da oggi è chiaro che siamo in campo per vincere e la dinamica sarà positiva. Certo, in numeri precisi sarebbe stato 76 a 24, ma preferisco puntare a conquistarne tanti di seggi piuttosto che distribuire tra i miei tanti collegi perdenti».

E qui si riaprirà la contesa. Chi va nei singoli posti?

«Mai vista una composizione delle liste facile. Sarà un lavoro difficilissimo, in particolare ora che si riducono i parlamentari di un terzo. Però è il nostro momento: lavoreremo con i parlamentari, con i territori, con le federazioni, avremo una grande spinta. Tanti possono restare delusi. Ma l’attività cominciata con le agorà darà i suoi frutti».

La battaglia sarà ai limiti dell’impossibile.

«I collegi decisivi sono una cinquantina e ci concentreremo su quelli. Non pochi. E do atto a Calenda di aver fatto un passo avanti significativo, che ha consentito l’intesa: non correrà nel collegio uninominale di Roma 1, una scelta anche simbolica, proprio nello spirito di superare i veti. Le identità si vedranno nel proporzionale, con i leader di tutte le forze politiche».

Chi ha avuto l’idea di non candidare i capi dei partiti nei collegi, chiave dell’accordo?

«Un lavoro collettivo. Ci siamo seduti al tavolo e molte soluzioni sono state trovare direttamente lì, con l’idea di restare dentro fino alla chiusura. Sembra un dettaglio ma c’è una decisione che ha aiutato molto: spegnere i telefonini. Nessuno ha parlato con altri».

Il centrodestra vi sta bersagliando.

«Dalle reazioni di Meloni e Salvini capisco che non se l’aspettavano. Scommettevano sul fallimento e sugli aspetti caratteriali, appunto: i commenti stizziti confermano che è stata la scelta giusta. Siamo competitivi e mettiamo paura. Ne approfitto per suggerire al centrodestra di non spartirsi già i ministeri: Salvini ha prenotato il Viminale, ma è meglio aspettare».

L’Agenda Draghi esiste o è sparita?

«Nell’accordo il comune sostegno al premier è stato il fattore fondamentale. È un punto di partenza e ci consente un lavoro in continuità. Ma ogni partito ha la sua autonomia e la settimana prossima con Speranza, con i Democratici e progressisti, presenteremo il nostro programma: guardando al futuro, anche oltre l’Agenda, per esempio sui diritti civili. Un progetto che non è più il governo di unità nazionale, ma immagina una maggioranza liberale, democratica, europeista, appunto progressista».

Ecco. Come si direbbe in politichese, con Calenda vi siete scoperti a sinistra.

«La sinistra siamo noi. Il punto è voler vincere. Ho messo da parte il mio ego, da un anno e mezzo faccio il federatore, dopo aver trovato a sinistra un mondo con tanti veti e rancori».

I 5 Stelle li ha persi per strada…

«Siamo stati lineari e non mi pento del rapporto con loro. In fondo l’esecutivo Draghi è nato anche grazie all’evoluzione del Movimento. Poi c’è stata una scelta sciagurata, lo dico con amarezza, e Salvini e Berlusconi ne hanno approfittato per buttare giù il governo. Ma ora tanti ex 5 Stelle lasciano la deriva del loro partito e vengono con noi».

Segretario, lei è fiducioso, ma i sondaggi raccontano un’altra storia. Con il centrodestra avanti.

«Io leggo le tendenze. Due partiti in calo, Lega e Forza Italia. Fratelli d’Italia in buona salute. E noi 4 in crescita, parlo di Pd, Calenda e +Europa, la federazione di Sinistra italiana e Verdi, Impegno civico che è appena nato. La dinamica è chiara. Ricordate il 2013 e il 2018? Tanti elettori decidono negli ultimi dieci giorni. E noi daremo il massimo».

Anche con proposte nuove?

«Soprattutto. Idee forti, come vedrete. Credo che nel centrodestra si siano venduti troppo presto la pelle dell’orso. Non vogliamo che l’Italia finisca tra un partito che sceglie Orbán e un altro che apprezza Putin. Meloni e Salvini ci porterebbero con i sovranisti, fuori dal cuore dell’Europa. È questo che vogliamo? Meloni al posto di Draghi? Io dico che la partita è aperta e la giochiamo».

3 agosto 2022 (modifica il 3 agosto 2022 | 07:15)

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, 2022-08-03 05:35:00, Il leader dem: le cose complicate, alla fine, danno gioia. Carlo saprà fare da magnete per i voti di centrodestra, Venanzio Postiglione

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