Letta spinge l’alleanza e oggi vedrà Calenda

di Maria Teresa MeliOggi la direzione del partito, i dubbi di Orlando e Provenzano sull’«asse»La chiusura sul leader di Iv. Per i dem dovrebbe essere candidato da Azione ROMA – L’uscita di Calenda, che ha detto di non volere Letta premier, ha tutto l’aspetto del classico dito nell’occhio al numero uno dem. Ma il segretario pd, che parlerà con il leader di Azione dopo la Direzione di oggi, è uomo pragmatico e con i suoi commenta così la conferenza stampa dell’ex ministro dello Sviluppo: «C’è stata un’apertura positiva. Sono convinto che ci sia la possibilità di trovare un accordo con Carlo. Io e lui la pensiamo allo stesso modo su diverse cose anche se i toni e i modi sono molto diversi». Calenda è più prudente nelle sue valutazioni, però non chiude la porta: «Per ora le possibilità di un’intesa sono fifty-fifty», dice ai compagni di partito. Comunque, almeno all’apparenza Letta, non dà segno di essersi risentito e spiega ai fedelissimi: «Non ha senso parlare di chi sarà il candidato premier. Quando avremo definito la coalizione definiremo anche il percorso successivo, premiership inclusa, e lo faremo collegialmente con i nostri alleati. Ma litigare ora su questo equivale a fare una favore alla destra». Ecco perché dal Nazareno, derubricano a «posizione del tutto personale» quella di Matteo Ricci che ha rivendicato per il segretario dem la candidatura a premier. Insomma, meglio soprassedere per ora, anche se tutti sanno che, benché lui ripeta di non essere «ossessionato» dall’argomento, Letta aspiri a Palazzo Chigi, essendo il leader del partito più grande della coalizione che verrà. Però l’obiettivo principale adesso è quello di non rompere con Calenda, che ieri un sondaggio commissionato da «La7» dava al 6 per cento. Del resto, il segretario pd sa bene che, una volta imbarcato Speranza nel listone «Democratici e progressisti», siglare un’alleanza solo a sinistra con Fratoianni e Bonelli non porterebbe la coalizione da nessuna parte: «Il Pd — è il suo convincimento, ripetuto a più di un dirigente dem — non si iscrive al concorso per il Mélenchon italiano». Il progetto di Letta è più ambizioso. La sua idea è di riuscire a «comporre una soluzione ordinata» mettendo insieme uno schieramento che va da Fratoianni a Calenda. Passando per Di Maio, cui toccherebbe il compito di creare un raggruppamento che «unisca ex 5 stelle e civici». Impresa difficile, quella di Letta, ma lui è determinato e oggi, nella Direzione allargata ai parlamentari, si farà dare un mandato a trattare con tutte le forze alleabili. Resta fuori Renzi, anche se non lo si può dire pubblicamente: «Far digerire ai nostri una ricucitura con lui non è facile». Secondo il Pd dovrebbe essere Calenda, a candidare l’ex premier. Ieri i due hanno avuto un colloquio e, stando a Calenda, hanno fissato un nuovo incontro per giovedì, ma Renzi ha intenzione di convocare stasera i suoi parlamentari per annunciare la corsa in solitaria. In attesa di capire se riuscirà a mettere insieme uno schieramento, Letta oggi spiegherà in Direzione il percorso che intende intraprendere. E che non trova tutti d’accordo. Orlando e Provenzano frenano su Calenda. Preferirebbero una mera alleanza tecnica. Orfini dice esplicitamente che «un polo moderato ha più possibilità di togliere voti a Fi se è autonomo». In Direzione Letta ribadirà poi che la fonte di ispirazione è sì Draghi, perché è sinonimo di «patriottismo e serietà», ma non la sua agenda, dato che è il frutto di un compromesso con il centrodestra. Certo, alcuni punti di quel programma verranno portati avanti, però poi ci sono altri temi: lavoro, giustizia sociale, ambiente, sviluppo, diritti individuali. Quanto al presunto pressing del Nazareno sui sindaci per attrarre voti, la storia è vera solo a metà: si parla solo di primi cittadini di piccoli comuni, non di capoluoghi e di ex sindaci. Nella riunione di stamattina, però c’è un altro nodo da sciogliere. E non sarà facile né indolore farlo: bisognerà fissare le regole per le deroghe di chi da quindici anni sta in Parlamento e per lo statuto pd non dovrebbe più ricandidarsi. Sono poco più di una trentina di casi. Poco meno della metà dovrà farsi da parte. 26 luglio 2022 (modifica il 26 luglio 2022 | 07:17) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-26 05:42:00, Oggi la direzione del partito, i dubbi di Orlando e Provenzano sull’«asse», Maria Teresa Meli

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